Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 febbraio 2022, n. 4727

Pensione di reversibilità, Requisito della “vivenza a
carico, Onere di allegazione, Presupposto per la concessione del beneficio

Rilevato che

 

– con sentenza depositata il 17 giugno 2020, la
Corte d’appello di Catania, rigettando l’appello proposto da M.F., ha
confermato la decisione di primo grado che aveva ritenuto infondata la domanda
dello stesso volta ad ottenere la condanna dell’INPS alla corresponsione in
proprio favore, in qualità di figlio disabile, della pensione della madre,
M.P., avvenuta in data 17 dicembre 2014;

– la Corte, in particolare, ha condiviso la
decisione del Tribunale che aveva ritenuto la mancata allegazione e
dimostrazione, da parte del ricorrente, del requisito della “vivenza a
carico” che, unitamente a quello medico legale, costituisce presupposto
indefettibile per la concessione del beneficio richiesto;

– per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso per cassazione M.F., affidandolo a quattro motivi;

– resiste, con controricorso, l’INPS;

– è stata comunicata alle parti la proposta del
giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio.

 

Considerato che

 

– con il primo motivo di censura si deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 22 L. n. 903/1965, nonché degli artt.
2697 e 421 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc.
civ.;

– con il secondo motivo si allega ancora la
violazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
sempre in relazione agli artt. 360 co. 1 n. 3 e n. 5;

– con il terzo motivo si deduce la violazione degli
artt. 2727 e 194 cod. proc. civ. per non aver il giudice disposto la CTU per
accertare l’inabilità al lavoro;

– con il quarto motivo si allega l’omesso esame di
un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti circa la inabilità del
ricorrente al momento della morte della madre;

– tutti i motivi, promiscuamente formulati in modo
tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle
censure denunciando violazioni di legge e vizi di motivazione senza che
nell’ambito della parte argomentativa del mezzo di impugnazione risulti
possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio,
determinando una situazione di inestricabile promiscuità (v., in particolare,
sul punto, Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 17931 del 2013; Cass. n. 7394 del
2010; Cass. n. 20355 del 2008; Cass. n. 9470 del 2008), nella sostanza
contestano l’accertamento operato dalla Corte territoriale in ordine alla
ritenuta insussistenza del requisito della vivenza a carico;

– relativamente alla denunziata violazione dell’art.
2697 cod. civ., va osservato che, per consolidata giurisprudenza di
legittimità, (ex plurimis. Cass. n. 18092 del 2020) la doglianza relativa alla
violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. è configurabile soltanto
nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una
parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da
quella norma e che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, in particolar
modo in quanto, pur veicolando parte ricorrente la censura per il tramite della
violazione di legge, essa, in realtà mira ad ottenere una rivisitazione del
fatto, inammissibile in sede di legittimità;

– va poi rilevato che, in sede di ricorso per
cassazione, una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e
116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale
istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché
si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non
dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali,
o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle
prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli
senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione
(cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960; Cass. Sez.Un. 20867
del 30.09.2020);

– quanto alle denunziate violazioni di legge, va
rilevato che le stesse sono infondate alla luce della giurisprudenza di
legittimità (fra le tante, Cass. n. 9327 del 2018, Cass. n. 1861 del 2019)
secondo cui in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto
alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al
lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi, laddove il
requisito della “vivenza a carico”, se non si identifica
indissolubilmente con lo stato di convivenza né con una situazione di totale
soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare
rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via
continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio
inabile;

– tale accertamento di fatto è rimesso al giudice di
merito e, pertanto, incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente
motivato;

– nel caso di specie, secondo quanto si legge nella
motivazione della sentenza di secondo grado, il requisito della vivenza a
carico non è stato oggetto di alcuna allegazione essendo stato incentrato il
giudizio sui requisiti sanitari e nulla essendo stato prodotto circa il
mantenimento ed essendo state reputate le prove indicate in primo grado e non
ammesse meramente valutative;

– deve, quindi, condividersi la conclusione della
Corte secondo cui la parte non ha provveduto ad adempiere agili oneri di
allegazione che sulla stessa incombono nella fase giudiziale inerendo agli
elementi costitutivi del diritto vantato;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il
ricorso deve essere respinto;

– nulla per le spese attesa la condizione reddituale
non essendovi state variazioni rispetto a quanto accertato dal Tribunale;

– ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.
1 — bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

respinge il ricorso. Nulla spese. Ai sensi dell’art.
13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto
per il ricorso, a norma dell’art. 1 —bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

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