Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2022, n. 5819

Contratti di formazione e lavoro, Sgravi contributivi,
Indebita Fruizione, Azione recuperatoria, Termine di prescrizione

 

Rilevato in fatto

 

che, con sentenza depositata l’8.6.2015, la Corte
d’appello di Lecce ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva
dichiarato prescritta l’azione proposta dall’INPS per il recupero degli sgravi
contributivi indebitamente fruiti da S.R. s.p.a. in relazione alla stipula di
contratti di formazione e lavoro conclusi con suoi dipendenti; che avverso tale
pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi
di censura; che S.R. s.p.a. ha resistito con controricorso, successivamente
illustrato con memoria; che G. s.r.l., già chiamata in prime cure ex art. 106
c.p.c., e la società concessionaria dei servizi di riscossione sono rimaste
intimate;

 

Considerato in diritto

 

che, con il primo motivo, si denuncia violazione
dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che, avendo l’INPS
appellato la sentenza di primo grado sostenendo l’imprescrittibilità della
pretesa recuperatoria ovvero un diverso dies a quo della prescrizione
quinquennale rilevata dal primo giudice, non si poteva pronunciare sulla
sussistenza della prescrizione decennale dei contributi medesimi, per come nel
frattempo ritenuto da Cass. n. 6671 del 2012, espressamente invocata
dall’Istituto nel corso della discussione orale;

che, con il secondo motivo, si lamenta violazione
dell’art. 112 c.p.c. per non avere la Corte territoriale pronunciato sul motivo
di appello concernente la diversa decorrenza del termine quinquennale di
prescrizione;

che, con il terzo e il quarto motivo, si deduce
violazione degli artt. 87 e 88 Tr. CE, e 14, Regolamento CE n. 659/99, nonché
degli artt. 2943, 2945 e 2946 c.c., e 3, comma 9, I. n. 335/1995, per non avere
la Corte di merito ritenuto che il termine prescrizionale fosse decennale e
comunque per avere erroneamente individuato il dies a quo del termine
prescrizionale quinquennale;

che, con riguardo al primo motivo, va premesso che,
allorquando la parte abbia tempestivamente eccepito la prescrizione, così
manifestando la propria volontà di avvalersi dell’effetto estintivo del
trascorrere del tempo, al giudice è rimessa tanto l’identificazione della norma
di diritto sulla durata della prescrizione, con riferimento alla fattispecie
sostanziale, quanto la qualificazione giuridica di quest’ultima (cosi Cass. nn.
3126 del 2003, 16573 del 2004, e, più recentemente, Cass. n. 3903 del 2010),
restando conseguentemente escluso che incorra in alcuna preclusione ex artt.
416 o 437 c.p.c. la parte che, proposta originariamente un’eccezione di
prescrizione quinquennale invochi nel corso del giudizio la prescrizione
ordinaria decennale, o viceversa (così, specialmente, Cass. nn. 21752 del 2010,
1064 del 2014);

che è stato parimenti chiarito che, quando la
domanda è rigettata in primo grado in applicazione del termine di prescrizione
correlato alla sua qualificazione giuridica, ove il giudice d’appello proceda
d’ufficio ad una diversa qualificazione della stessa, alla quale è riferibile
un differente termine prescrizionale, non opera il giudicato interno sul
termine di prescrizione individuato dal primo giudice in correlazione alla
qualificazione originaria della domanda (Cass. n. 3539 del 2017);

che risulta dalla motivazione della sentenza
impugnata che il primo giudice ha applicato il termine prescrizionale
quinquennale di cui all’art. 3, comma 9, I. n. 335/1995, previa implicita
qualificazione della domanda giudiziale in termini di azione recuperatoria di
contributi non pagati; che risulta parimenti dalla sentenza impugnata che i
giudici territoriali, pur ritenendo infondato l’appello dell’INPS (“perché
incentrato sull’inesistenza di un termine di prescrizione o, in subordine,
sulla decorrenza dell’eventuale termine […] quinquennale […]
dall’irrevocabilità della decisione CGUE 7.3.2002”: così la sentenza
impugnata, pag. 7), hanno tuttavia condiviso il principio affermato da Cass. n.
6671 del 2012, secondo cui l’azione volta al recupero di aiuti di Stato non può
confondersi con quella volta al recupero dei contributi previdenziali,
costituendo gli aiuti di Stato categoria giuridica dotata di propria autonomia
(ibid., pagg. 6-7, dove si legge trattarsi di “affermazioni di principio
ormai consolidate”);

che risulta pertanto evidente l’errore commesso
dalla sentenza impugnata, dal momento che, una volta qualificata diversamente
la domanda giudiziale e fermo restando, in sede di gravame, l’intento dell’INPS
di contestare l’efficacia estintiva del decorso del tempo, non vi era alcun
giudicato interno che potesse precludere la riqualificazione officiosa della
prescrizione quinquennale in termini di prescrizione decennale, individuandone
il corretto termine di decorrenza; che, pertanto, assorbiti gli ulteriori
motivi, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte
d’appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese
del giudizio di cassazione;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli
altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla
Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche sulle
spese del giudizio di cassazione.

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