Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 marzo 2022, n. 6899

Sussistenza della natura subordinata del rapporto di lavoro,
Responsabilità solidale, Interposizione di manodopera vietata,
Incompatibilità

Rilevato che

 

con la sentenza impugnata è stata confermata la
pronunzia del Tribunale di Catania con la quale era stata rigettata la domanda
di A.L., volta, in via principale, al riconoscimento della natura subordinata
del rapporto di lavoro intercorso tra il medesimo e M.C. nonché all’accerta
mento della responsabilità solidale della “Q.P. S.p.A.” ex art. 3 della I. n. 1369 del 1960
oppure ex art. 1676 c.c. e, in via alternativa,
al riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato direttamente con la
“Q.P. S.p.A.”, con conseguente richiesta di condanna dei convenuti al
pagamento della complessiva somma di £ 732.493.840, comprensiva della voce a
titolo di lavoro straordinario (per un importo pari a £ 202.976.891), e
successiva pretesa (azionata con autonomo giudizio, poi riunito, intentato
anche nei confronti dell’INPS) al versamento di poste monetarie aventi titolo
nell’omissione contributiva;

per la cassazione della decisione hanno proposto
ricorso A.M., M.G.L., S.L. e S.L., in qualità di eredi di A.R., affidato a
quattro motivi; M.C. e la “K.P.I. S.p.A.” hanno resistito con
controricorso;

l’INPS si è costituito in giudizio rimettendosi alle
decisioni di questa Corte;

i ricorrenti e la “K.P.I. S.p.A.” hanno
depositato memoria;

il P.G. non ha formulato richieste.

 

Considerato che

 

con il primo motivo i ricorrenti – denunciando
violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. – si
dolgono che il giudice di appello abbia ritenuto non assolto l’onere di
specificità dei motivi (sul rilievo che il L. non avesse dedotto alcunché in
ordine al rigetto in primo grado delle domande che trovavano fondamento nel
rapporto di lavoro con la ditta C.), in quanto la sentenza del Tribunale era
stata censurata per il mancato esame della prova documentale (i dischetti orari
cronotachigrafi), che non trovava smentita, come scritto nelle note difensive
del 19 aprile 2017, dall’affermazione, contenuta nell’atto difensivo della C.,
che i “documenti non provenivano dal datore di lavoro”;

con il secondo motivo – denunciando violazione degli
artt. 2108, 2697,
2712 e 2729 c.c.,
in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4,
c.p.c. – lamentano che il giudice di appello non abbia preso in esame la
prova documentale sullo straordinario, ossia i dischi cronotaghigrafi, il
disconoscimento della cui copia non sarebbe idoneo ad inficiarne la portata
probatoria, solo degradata a presunzione semplice integrabile con ulteriore
presunzione ricavabile dalla mancata produzione in giudizio del documento
originale ad opera del datore;

con il terzo motivo – denunciando violazione dell’art. 1 della I. n. 1369 del 1960,
in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3,
c.p.c. – si dolgono che la Corte territoriale non abbia ravvisato una
interposizione di manodopera vietata e, quindi, la sussistenza di un rapporto
di lavoro subordinato diretto tra il L. e la “K.P.I. S.p.A.”, malgrado
dagli atti di causa fosse emerso che quest’ultima avesse comunicato di aver
inflitto al lavoratore la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro
per più giorni;

con il quarto motivo – denunciando omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra
le parti, in relazione all’art. 360, primo comma,
n. 5, c.p.c. – i ricorrenti lamentano che la predetta Corte non abbia
“speso una parola” sulla domanda tendente all’accertamento
dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il L. e la società,
essendo di tutta evidenza la decisività della questione, posto che dal predetto
accertamento deriverebbe il diritto dei medesimi alla percezione di quanto
dovuto al dante causa a titolo di lavoro straordinario.

 

Ritenuto che

 

il primo motivo va disatteso (con conseguente
assorbimento del secondo), perché non risulta dal ricorso per cassazione esser
stata mossa alcuna specifica censura, in appello, avverso la sentenza di primo
grado in ordine alle ragioni del rigetto della pretesa volta al riconoscimento
dello straordinario, evincendosi, dal ricorso in questione, che l’appellante
ebbe esclusivamente ad evidenziare, nel corpo dell’atto (nella parte relativa
all’esposizione dei fatti), che “Un disco magnetico segnava l’orario di
partenza e quello di rientro, nonché la durata delle soste”, nonché a
formulare rilievi, peraltro solo nelle note difensive, circa la difesa della
controparte (fondata sull’affermazione che i documenti non provenissero dal
datore di lavoro), ma senza operare (e cfr., al riguardo, Cass. 28/10/2020, n.
23781) una critica adeguata e specifica, In punto di valutazione dell’apparato
probatorio, della decisione impugnata, tale da consentire al giudice del
gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento
alle statuizioni adottate dal primo giudice (incentrate, nel caso, sulla
inidoneità della effettuata prova testimoniale a supportare il dedotto
svolgimento di lavoro straordinario);

il terzo ed il quarto motivo, da trattarsi
congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili, già sol
perché non vi è evidenziazione, a fronte dell’operato accertamento della
sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il L. e la C., della
persistente utilità dei ricorrenti a coltivare la domanda proposta dal dante
causa “in via alternativa” nei confronti della “K.P.I.
S.p.A.”, essendo il preteso riconoscimento dell’interposizione
incompatibile con la rivendicata (ed accertata) sussistenza di un rapporto di
lavoro subordinato tra il lavoratore e la C.;

non è, pertanto, neppure configurabile –
contrariamente a quanto affermato in ricorso – la “decisività” della
questione, essendo stata la posta monetaria a titolo di lavoro straordinario in
radice negata in giudizio, con un accertamento insuscettibile di esser
rinnovato;

non vi è luogo per una pronunzia sulle spese tra i
ricorrenti e l’INPS, il cui atto, privo di effettive deduzioni giuridiche
contrarie al ricorso, non integra – tenuto anche conto della posizione
processuale dell’Istituto, non contrapposta a quella dei predetti ricorrenti –
i requisiti minimi del controricorso;

le spese nei confronti di M.C. e della “K.P.I.
S.p.A.” sono liquidate come in dispositivo;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso art. 13, se
dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al
pagamento, nei confronti di M.C. e della “K.P.I. S.p.A.”, delle spese
del giudizio, liquidate, a favore di ciascuno, in € 2.700,00 per compensi e in
euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Nulla sulle spese tra i ricorrenti e l’INPS.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1- bis, dello stesso articolo 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 marzo 2022, n. 6899
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