La Cassazione chiarisce la corretta nozione di “retribuzione globale di fatto”.

Nota a Cass. 11 marzo 2022, n. 8040

Fabrizio Girolami

La “retribuzione globale di fatto” – cui va commisurata l’indennità da liquidarsi in caso di accertata illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo – si riferisce a quella che il lavoratore illegittimamente licenziato avrebbe percepito se avesse lavorato, a eccezione, tuttavia, dei compensi eventuali, nonché di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione e aventi carattere indennitario. Conseguentemente, nella retribuzione globale di fatto non va computata l’indennità di servizio all’estero (cd. ISE) per il personale dipendente dall’Amministrazione degli affari esteri di cui all’art. 171 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 (“Ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri”), la quale non ha natura retributiva, in quanto finalizzata a sopperire agli oneri derivanti dal servizio all’estero.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. lav., con la sentenza n. 8040 dell’11 marzo 2022, in relazione alla controversia insorta tra una lavoratrice e l’ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane).

La Cassazione ha rigettato il ricorso della lavoratrice, affermando quanto segue:

  • la nozione di “retribuzione globale di fatto” si riferisce a quanto il lavoratore “avrebbe ricevuto se avesse lavorato, con esclusione dei compensi eventuali, di cui non sia certa la percezione, di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione stessa e aventi carattere occasionale o eccezionale”;
  • la “retribuzione globale di fatto” presuppone un nesso di sinallagmaticità con la prestazione svolta, sicché per essa si intende il compenso che il lavoratore percepisce in conseguenza del “normale” svolgimento di una prestazione “senza che possano quindi essere valorizzate ulteriori indennità connesse non all’attività lavorativa svolta, ma ad altri parametri (per esempio, rimborso per oneri di trasferimento, di sede, etc.), emolumenti volti a compensare non la maggiore gravosità/difficoltà della prestazione, ma altri disagi, come – ad esempio – quelli connessi al trasferimento, ai viaggi, alla locazione di un immobile nel nuovo luogo di lavoro, etc.”;
  • pertanto, nel concetto di retribuzione globale di fatto “vanno ricomprese solo le poste retributive e nemmeno tutte, dovendosi, come detto, escludersi quelle aventi carattere occasionale o eccezionale”;
  • secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass., Sez. lav., 11 luglio 2016, n. 14112), l’indennità di servizio all’estero non ha natura corrispettiva (o retributiva), in quanto è destinata a sopperire agli oneri derivanti dalla permanenza della lavoratrice nella sede straniera;
  • l’ISE ha dunque una natura indennitaria, essendo diretta a compensare una serie di disagi derivanti dallo svolgimento della prestazione lavorativa all’estero (quali, a titolo esemplificativo, il maggior costo della vita e quindi degli alloggi, servizi, beni di consumo, corso dei cambi, e così via);
  • poiché l’ISE è finalizzata a sopperire ai maggiori costi che gravano sul dipendente in conseguenza della permanenza all’estero, la stessa non va computata nella “retribuzione globale di fatto”, al fine di determinare l’importo da corrispondere alla lavoratrice illegittimamente licenziata, come ristoro del pregiudizio subito in conseguenza dell’illegittimità del recesso datoriale.
L’indennità di servizio all’estero (ISE) non va computata nella retribuzione globale di fatto
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