Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 maggio 2022, n. 16425

Infermiere, Compenso per prestazioni di assistenza
domiciliare, Spettanza, Espletamento dell’attività di assistenza al di fuori
dell’orario di lavoro, Mancato assolvimento dell’onere della prova

Rilevato che

 

La Corte di Appello di Napoli – in riforma della
sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda del ricorrente, D.N.,
dipendente, con mansioni di infermiere, presso la Divisione di Anestesia e
Rianimazione del P.O. di Maddaloni, di pagamento delle prestazioni eseguite a
domicilio presso i pazienti, in esecuzione del programma regolarmente approvato
dall’Azienda ospedaliera per l’anno 2004 – rigettava integralmente il ricorso.

Per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale,
a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, attraverso la
disamina degli atti datoriali, condotta alla luce dei parametri di cui agli
artt. 1362 e ss. c.c., ritiene che il compenso per le prestazioni di assistenza
domiciliare spetti e vada corrisposto solo con riferimento alle prestazioni
eseguite al di fuori dell’orario di lavoro, negando così il diritto al compenso
del lavoratore, per non essere stata offerta prova dell’effettuazione delle
prestazioni fuori dell’orario lavorativo, irrilevanti, a tal uopo, i prospetti
riepilogativi allegati al fascicolo di primo grado perché non sottoscritti dal
legale rappresentante dell’ente e non idonei all’inversione dell’onere della
prova.

Propone ricorso il lavoratore articolato in due
motivi.

Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale
di Caserta.

Entrambe le parti depositano memoria.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e
falsa applicazione della legge regionale n. 2 del 1989, nonché delle delibere
dell’Asl CE.

2. Le censure non colgono nel segno.

2.1. Quanto al primo aspetto – la violazione della
l.r. Campania n. 2 del 1989 – il ricorso non si confronta con il percorso
motivazionale della sentenza che a detta legge non fa alcun riferimento.

Parte ricorrente sostiene nella sostanza (cfr. pag.
8 del ricorso per cassazione) che l’analisi della materia all’attenzione debba
essere compiuta alla luce degli assetti disciplinati dalla Azienda Sanitaria
locale alla luce delle legislazione regionale.

Non si comprende quindi la doglianza mossa alla
pronunzia che, esattamente come predicato in ricorso, ha valutato il diritto
della parte ricorrente al compenso sulla base degli atti adottati dall’Azienda.

Né parte ricorrente si duole della interpretazione
che di detti atti datoriali ha offerto la Corte territoriale, là dove, in
riforma della pronunzia di primo grado, ha sostenuto che il diritto al
pagamento delle prestazioni domiciliari competa solo se esse sono state
eseguite fuori dell’orario di lavoro.

2.2. Quanto al secondo aspetto posto all’attenzione
della Corte con il primo motivo di ricorso – vale a dire l’erronea
interpretazione offerta dal giudice di merito delle delibere della Asl CE – si
sostiene che dalla documentazione versata in atti dalla parte ricorrente risulterebbe
provata l’esecuzione delle prestazioni domiciliari, essendo stati prodotti i
prospetti riepilogativi dai quali si evincono, per ciascun paziente, numero e
orari degli accessi e domicilio di esecuzione della prestazione.

2.3. Si tratta di una doglianza inammissibile, non
essendo consentita in sede di legittimità la rivisitazione del materiale
istruttorio.

2.4. Le medesime considerazioni valgono quanto alle
delibere dell’Azienda indicate a pag. 9 e 10 del ricorso per cassazione
(trattasi delle delibere datoriali con le quali veniva disposta l’assistenza
domiciliare e l’impegno economico), anche delle quali viene richiesta
un’inammissibile rivalutazione nel merito.

3. Con il secondo mezzo si deduce l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia.

Si rappresenta che la Corte territoriale dopo aver
ritenuto provata per tabulas l’autorizzazione da parte della Asl CE, allo
svolgimento del servizio di assistenza domiciliare al di fuori dell’orario di
lavoro, nega la sussistenza della prova dell’espletamento fuori orario con
riferimento alla posizione del ricorrente.

Si lamenta l’erronea valutazione della Corte di
Appello in ordine ai documenti (i prospetti riepilogativi indicati al punto che
precede 2.2.) dei quali la corte territoriale ha negato la valenza probatoria
in quanto non sottoscritti dal legale rappresentante dell’Asl. Si evidenzia,
per converso, la rilevanza di detta documentazione in quanto in copia conforme,
rilasciata dal dirigente medico responsabile del reparto di afferenza del
ricorrente e certificativa dello svolgimento dell’assistenza domiciliare.

3.1. Quanto al primo aspetto, deve soltanto
brevemente rilevarsi come la Corte territoriale non abbia omesso in alcun modo
la valutazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, atteso che ha dato
atto del progetto autorizzato dell’Asl per lo svolgimento di attività di
assistenza domiciliare, avendo piuttosto incentrato il rigetto, come più volte
evidenziato, sulla carenza di prova dell’espletamento da parte del ricorrente
dell’attività di assistenza al di fuori dell’orario di lavoro, sicché detta
doglianza non si confronta la ratio decidendi della sentenza.

3.2. Quanto al secondo aspetto – la dedotta erronea
valutazione da parte del giudice territoriale dei prospetti dai quali si
desumerebbe la prova dello svolgimento dell’attività di assistenza domiciliare
da parte del ricorrente fuori dell’orario di servizio – si rinvia a quanto già
detto in ordine all’inammissibilità di tale censura, che ridonda in una
richiesta di rivalutazione delle risultanze probatorie inammissibile in sede di
legittimità.

4. Conseguentemente il ricorso va rigettato.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la
soccombenza.

6. Sussistono i presupposti processuali per il
raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento in favore
della parte resistente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in €
200,00 per esborsi ed € 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese
generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.

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