Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2022, n. 16710

Prestazione assistenziale, Assegno per il nucleo familiare
sulla pensione IO, Condizione di soggetto inabile, Domanda di pensione per
inabilità civile

Rilevato che

 

con sentenza n. 12 del 2020, la Corte d’appello di
Lecce ha rigettato l’impugnazione proposta dall’INPS avverso la sentenza di
primo grado, che aveva accolto la domanda proposta da R.N. al fine di ottenere
il riconoscimento del diritto all’assegno per il nucleo familiare sulla
pensione IO di cui fruiva, decorrente dal mese di agosto 2008; la Corte
territoriale ha ritenuto integrato il presupposto relative alla condizione di
soggetto inabile a profìcuo lavoro fin dal mese di maggio 2016, come attestato
dalla Commissione sanitaria di Ugento in relazione alla domanda di pensione per
inabilità civile, dovendosi ritenere sufficiente tale accertamento ed
irrilevante che la parte non si fosse sottoposta alla visita finalizzata ad
accertare lo stato di inabilità ai sensi della legge n. 222 del 1984 ;

avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’Inps
formulando un motivo;

resiste R.N. con controricorso;

la proposta del relatore sensi dell’art. 380 bis
c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione
dell’adunanza camerale non partecipata.

 

Considerato che

 

con l’unico motive di ricorso si denuncia la
violazione o falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, d.l. 13 marzo 1988, n.
69, convertito con modificazioni in L. 13 maggio 1988, n. 153:

il ricorrente osserva che l’interpretazione accolta
dalla sentenza impugnata aveva, nella sostanza, impedito l’accertamento del
requisito sanitario previsto dalla legge sull’assegno per il nucleo familiare,
nella ipotesi del più favorevole tetto reddituale, giacché aveva ritenuto
idoneo l’accertamento effettuato al diverso fine della ricorrenza del
presupposto sanitario necessario ad ottenere la pensione di inabilità civile e
ciò pur trattandosi di presupposto non pienamente coincidente con quello qui
richiesto, che rinvia alla inabilità di cui alla legge n. 222 del 1984;

il ricorso deve essere accolto;

l’assegno per il nucleo familiare, istituito con il
D.L. 13 marzo 1988, n. 69, art. 2, convertito con modificazioni nella L. 13
maggio 1988, n. 153, è una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori
dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano
composti da una o più persone e il cui reddito complessivo familiare sia al di
sotto delle fasce reddituali, stabilite di anno in anno dalla legge;

la disciplina dettata dal D.L. 13 marzo 1988, n. 69
cit., art. 2, comma 3, ha rinviato, per quanto non previsto, alle disposizioni
del T.U. sugli assegni familiari, approvato con il D.P.R. 30 maggio 1955, n.
1124 e, dunque, ha lasciato in vigore la disciplina preesistente per quel che
riguarda i presupposti oggettivi e le modalità di erogazione della prestazione,
la quale assume a parametro, per il riconoscimento del diritto, il reddito
familiare;

nel D.L. n. 69 del 1988 cit., art. 2, comma 10, è
previsto che “l’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro
dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da
lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del
nucleo familiare”;

ne consegue che, a norma dell’art. 2697 c.c.,
qualora si agisca in giudizio per far valere il proprio diritto all’assegno per
il nucleo familiare occorre provare non solo lo svolgimento effettivo
dell’attività lavorativa, ma anche l’insussistenza della condizione ostativa di
cui al citato D.L. n. 69 del 1988, art. 2, comma 10 (v. Cass. 27 marzo 2004, n.
6155; v. pure Cass. 17 aprile 2014, n. 8973);

ulteriore profilo, rilevante nella controversia in
esame, è quello relativo al destinatario della prestazione, che vede come unità
di riferimento il nucleo familiare, che può essere composto dal richiedente
lavoratore o titolare della pensione, dal coniuge che non sia legalmente ed
effettivamente separato; dai figli ed equiparali di età inferiore a 18 anni,
conviventi o meno, ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di
infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità
di dedicarsi ad un proficuo lavoro;

la L. n. 222 del 1984, ha introdotto un’unica ed
unitaria nozione di “inabilità” che vale per integrare il diritto sia
alla relativa pensione (art. 2), sia alla pensione di reversibilità (come si
evince dal riferimento contenuto nella legge cit., art. 8 e della L. 21 luglio
1965 n. 903, artt. 21 e 22), sia ai fini del diritto agli assegni familiari,
posto che l’art. 8 cit., comma 2 sostituisce l’art. 4 del TU 30 maggio 1955, n.
797 (Cass. 26/08/2004, n. 16955; Cass. 26/6/2016, n. 10953; Cass. 9/4/2018, n.
8678);

sono quindi “inabili” alla stregua della
L. n. 222 del 1984, artt. 2 e 8, contenenti identica dizione, “le persone
che, a causa di infermità o difetto tisico o mentale, si trovino nell’assoluta
e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa”; la
assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa
deve essere determinata esclusivamente dalla infermità ovvero dal difetto
fisico o mentale, non già da circostanze estranee alle condizioni di salute,
senza che debba verificarsi, in caso di mancato raggiungimento di una totale
inabilità, il possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in
relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto (in tal
senso, Cass. n. 10953/2016, cit., e Cass. n. 8678/2018, cit.);

la Corte territoriale non si è attenuta a questi
principi, avendo riconosciuto la prestazione pur in mancanza del positivo
accertamento del necessario requisito sanitario, che non coincide con il
diverso riconoscimento della inabilità civile, in seno a procedimento
finalizzato all’ottenimento della relativa pensione ai sensi dell’art. 12 della
l. n. 118 del 1971;

il ricorso va quindi accolto, con conseguente
cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altro Giudice che si designa
nella Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, il quale si atterrà ai
principi di diritto su espressi e provvederà anche a regolare le spese di
questo giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Lecce in diversa composizione.

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