Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2022, n. 18477

Licenziamento collettivo, Illegittimità, Sussistenza di un
unico complesso aziendale, Rinuncia al ricorso, Estinzione del giudizio

Rilevato che

 

1. la Corte d’Appello di Cagliari – sezione
distaccata di Sassari, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di
primo grado nella parte in cui, accertata la sussistenza di un unico complesso
aziendale fra M. F. s.p.a. (poi divenuta A. I. s.p.a.) e A. I. s.p.a. (poi
divenuta A. I. F. M. Company s.p.a.), aveva dichiarato l’illegittimità del
licenziamento intimato a C. M. A. all’esito di procedura di licenziamento
collettivo attivata in data 8 aprile 2016 da M. F. s.p.a., formale datrice di
lavoro della ricorrente, e condannato la detta società alla reintegrazione
della lavoratrice nel posto di lavoro, oltre al pagamento di una indennità
risarcitoria nella misura di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di
fatto, detratto quanto percepito dalla A. limitatamente a quanto dalla medesima
percepito impiegandosi alle dipendenze di terzi dal licenziamento del 1° agosto
2016 sino al 31 luglio 2017;

2. in estrema sintesi, la Corte di merito ha
confermato la valutazione di prime cure circa la configurabilità di un unico
centro di imputazione del rapporto di lavoro tra M. F. s.p.a. e A. I. s.p.a.,
con la conseguenza che la verifica degli esuberi in relazione alla procedura
collettiva attivata da M. F. dovesse essere effettuata tenendo conto della
complessiva platea e quindi anche dei lavoratori in forze alla (allora) società
A. I. s.p.a. e non solo di quelli della società formale datrice di lavoro, come
in concreto avvenuto;

3. ha altresì respinto sia il reclamo principale
della società che quello incidentale della A. avente ad oggetto la
quantificazione dell’indennità risarcitoria;

4. per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso A. I. s.p.a. in liquidazione, affidato a 4 motivi; la parte intimata ha
resistito con controricorso;

5. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è
stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
camerale; entrambe le parti hanno comunicato memoria;

6. con atto notificato il 21 febbraio 2022 la
società ha dichiarato di voler rinunciare al ricorso e ha chiesto l’estinzione
del giudizio;

 

Considerato che

 

1. risulta dagli atti che parte ricorrente ha
notificato la rinuncia alla controricorrente, che ne ha dato atto con la
memoria depositata in vista dall’adunanza camerale, con la quale tuttavia ha
insistito per la condanna della rinunciante alle spese del giudizio;

2. la rinuncia al ricorso per cassazione produce
l’estinzione del processo anche in assenza di accettazione della controparte:
essa non ha, infatti, carattere “accettizio” e per la produzione di effetti
processuali richiede, ai sensi dell’art. 390, u.c., c.p.c., di essere portata a
conoscenza della parte controinteressata, mediante notificazione ad essa o
comunicazione ai suoi avvocati; ed è noto che la rinuncia comporti il passaggio
in giudicato della sentenza impugnata e venga meno l’interesse a contrastare
l’impugnazione: non anche, in caso di mancata accettazione, quello ad ottenere
le spese del giudizio, la cui regolazione è rimessa dall’art. 391, c. 2,
c.p.c., alla discrezionalità del Collegio, che “può condannare la parte che vi
ha dato causa” (Cass. n. 3971 del 2015; Cass. n. 10140 del 2020);

3. il Collegio reputa che le spese del giudizio
debbano essere poste a carico della società che ha rinunciato al ricorso
proposto, così come in analoghe controversie (Cass. n. 9662 e 9657 del 2022):
da un canto, infatti, la controricorrente si è limitata a dare atto di avere
ricevuto la rinuncia senza accettarla, anzi insistendo per la liquidazione
delle spese e per la loro distrazione in favore del difensore che se ne è
dichiarato antistatario; dall’altro, le censure formulate nei motivi di ricorso
non sarebbero comunque idonee a determinare un ripensamento dell’orientamento
espresso da questa Corte in numerose decisioni le cui motivazioni si richiamano
ai sensi dell’art. 118, c. 1, disp. att. c.p.c. (per tutte, Cass. n. 29212 del
2021; da ultimo: Cass. n. 3824 e 3825 del 2022);

4. in conclusione, il processo deve essere
dichiarato estinto e la ricorrente condannata al pagamento delle spese, con
distrazione in favore dell’Avv. G. secondo la sua richiesta; 5. la declaratoria
di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1
quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte impugnante
non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato
all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass. n. 25485 del 2018; Cass.
n. 19560 del 2015);

 

P.Q.M.

 

dichiara estinto il processo e condanna la
ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del
giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi
professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge, con
distrazione al difensore antistatario.

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