Per la sussistenza di un appalto genuino è necessario che vi sia, relativamente all’appaltatore, assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione del rischio d’impresa nonché la realizzazione di un autonomo risultato, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro.

Nota a Cass. ord. 7 luglio 2022 n. 21501

Paolo Pizzuti

Perché si configuri appalto genuino di opere o servizi ex art. 29, co. 1, D.Lgs. n. 276/2003, è necessario verificare, soprattutto nel caso di appalti ad alta intensità di manodopera (cd. “labour intensive”), “che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa, dovendosi invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l'”intuitus personae” nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro”.

È quanto afferma la Corte di Cassazione (ord.7 luglio 2022 n. 21501; in conformità, v. Cass. n. 12551/2020) che distingue il contratto di appalto dalla somministrazione irregolare di lavoro in quanto nel primo vi è assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore e eterodirezione dei lavoratori utilizzati, “la quale ricorre quando l’appaltante-interponente non solo organizza, ma dirige anche i dipendenti dell’appaltatore rimanendo sull’interposta solo compiti di gestione amministrativa del rapporto senza una reale organizzazione della prestazione lavorativa” (in questo senso, v. Cass. n. 18207/2020).

Nella fattispecie, la Cassazione ha rilevato che la Corte territoriale aveva accertato, con riguardo al profilo dell’effettivo assoggettamento al potere direttivo del datore di lavoro, che: a) il lavoratore doveva rispettare le istruzioni dell’appaltante; b) i dipendenti di quest’ultimo esercitavano i controlli sulla esecuzione delle prestazioni lavorative in questione, verificandone le eventuali irregolarità; c) le prestazioni lavorative del lavoratore erano rese attraverso l’utilizzo di attrezzature e sedi operative della società appaltante (in tal senso, con riferimento al servizio di manutenzione e sorveglianza dei passaggi a livello appaltato dal gerente della ferrovia a società esterna, la Cassazione ha già affermato la sussistenza di un’interposizione fittizia di manodopera: v. Cass. n. 12573/2019; e Cass. n.11120\2006). E, per tali motivi: 1) “ha ritenuto ricorrere nella specie una ipotesi di intermediazione vietata di manodopera rilevando che, sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, le prestazioni del ricorrente costituivano attività propria della società ferroviaria, non esternalizzabile perché disciplinata dalla normativa in materia di traffico ferroviario, determinata dalla attività di esercizio ferroviario della tratta controllata da Metrocampania (oggi Ente Autonomo Volturno s.r.l.) e con l’utilizzo di attrezzature e sedi operative di quest’ultima”; 2) ha condannato la datrice di lavoro alla ricostruzione della carriera del ricorrente ed alla rifusione delle spese di lite.

Appalto genuino: i requisiti
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