Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2022, n. 26196

Licenziamento, Fruizione di congedo straordinario in assenza
di provvedimento autorizzativo INPS, Decadenza dai diritti ex art. 33, co. 7 bis, L. n.
104/1992

Rilevato che

 

1. con sentenza n. 385/2019 la Corte di appello di
Reggio Calabria, pronunziando in sede di reclamo ex
lege n. 92/2012, ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato
la illegittimità del licenziamento intimato a C.M. da C.S. s.r.l. e condannato
la società datrice di lavoro alla reintegrazione del dipendente ed al pagamento
di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di
fatto maturata dal licenziamento al giorno della reintegrazione;

2. il licenziamento era stato intimato sulla base di
contestazione che ascriveva al dipendente: a) l’avere usufruito nel periodo
1.1./10.6. 2016 di un periodo di congedo straordinario (per assistere la madre)
senza avere ricevuto dalla sede INPS competente il necessario provvedimento di
assenso, evidenziando che a nulla erano valse le ripetute richieste della
società al fine di ricevere la prescritta documentazione amministrativa; b) la
mancata ripresa del servizio in data 11.6.2016 e il mancato svolgimento dei
turni programmati dalla società, senza giustificazione; c) l’avere apportato
modifiche non autorizzate alla scheda turno facendo credere al responsabile di
turno, D.G., che esse fossero state predisposte da M.D., responsabile del
presidio operativo di Roma – dell’ufficio programmazione turni; con tali
modifiche i giorni del 12 e 13 giugno 2016, nei quali il lavoratore non aveva
prestato servizio, erano stati individuati come di “sosta turno”, con
esclusione, quindi, dell’obbligo di prestazione lavorativa a carico del M.;

3. la Corte territoriale ha ritenuto: a)
l’insussistenza dell’addebito sub a) osservando che il datore di lavoro in
precedenti occasioni si era dimostrato disponibile a considerare legittima
l’assenza sulla base della sola produzione della istanza presentata all’INPS e
che pertanto, in assenza di dimostrazione della malafede del lavoratore non
poteva rilevare la circostanza del diniego a posteriori dell’autorizzazione da
parte dell’INPS; b) l’insussistenza dell’addebito sub b) in quanto, a fronte
dell’allegazione del dipendente di avere ripetutamente contattato i
responsabili dei turni per conoscere in quale turno avrebbe dovuto riprendere
servizio, la società si era limitata ad articolare una prova generica e quindi
inammissibile; c) il difetto di specificità del reclamo e la conseguente
inidoneità dello stesso a validamente investire a affermazione del giudice di
primo grado in merito alla riconducibilità dell’addebito sub c) all’ambito delle
condotte che il contratto collettivo puniva con sanzione conservativa;

4. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso C.S. s.r.l. sulla base di quattro motivi; la parte intimata ha
resistito con controricorso illustrato con memoria;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 5, d. lsg. n. 151/2001,
dell’art. 4, comma 2, legge n. 53/2002 e dell’art. 33, legge n. 104/1992,
dell’art. 63 c.c.n.1, censurando la sentenza
impugnata per non avere considerato che, ai sensi degli artt. 42, comma 5, d. Lgs n. 151/2001,
dell’art. 4, comma 2, legge n. 53/2002 e dell’art. 33 legge n. 104/1991,
l’assenza dal lavoro era da ritenersi ingiustificata, essendo pacifico che
l’INPS aveva rigettato la richiesta di congedo straordinario; in conseguenza,
la fattispecie doveva essere ricondotta all’ambito delle violazioni integranti
giusta causa regolate dall’art. 64 c.c.n.l. o a quello delle violazioni
integranti giustificato motivo soggettivo, regolate dall’art. 63 c.c.n.l. ;

2. con il secondo motivo deduce nullità della
sentenza e del procedimento per violazione dell’art.
342 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto
non validamente censurata la affermazione del giudice di prime cure secondo la
quale la condotta concernente il terzo addebito era sanzionata dal contratto
collettivo con misura conservativa e non espulsiva;

3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ. e
degli art. 63 e 64 c.c.n.l. applicabile. Censura la sentenza impugnata sia
perché nel considerare che il secondo addebito, che imputava al M. l’assenza
dal lavoro nei giorni 12 e 13 giugno, era punito dal contratto collettivo con
sanzione conservativa, aveva proceduto, in contrasto con l’insegnamento del
giudice di legittimità, ad una valutazione non globale degli addebiti, come
indispensabile al fine di verificare la ricaduta di tale condotte sul vincolo
fiduciario, sia per la mancata ammissione della prova orale destinata, a
differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, a dimostrare la violazione
delle procedure aziendali per la ripresa dal servizio dopo il periodo di
assenza ingiustificata;

4. con il quarto motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione dell’art.
18, comma 4, legge n. 300 del 1970 osservando, in sintesi, che ove ritenuta
non proporzionale la sanzione espulsiva, non avrebbe comunque potuto essere
disposta la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;

5. il primo motivo di ricorso è fondato; emerge
dalla medesima ricostruzione operata dalla Corte di merito circa il tenore del
primo degli addebiti contestati che esso aveva ad oggetto la fruizione di un
periodo di congedo straordinario in assenza del necessario provvedimento
autorizzativo dell’INPS; a fronte della precisa individuazione della condotta
materiale addebitata al lavoratore non si richiedeva, quindi, come viceversa
ritenuto dal giudice del reclamo, anche la indicazione delle specifiche norme
di legge o collettive violate, competendo al giudice la qualificazione
giuridica dei fatti contestati (Cass. n. 4175/1997); ciò posto, sussiste il
denunziato vizio di sussunzione in quanto la fattispecie, alla luce dell’art. 33, comma 7 bis, legge n.
104/1992, che stabilisce la decadenza del lavoratore dai diritti di cui
all’art. 33 cit. qualora
il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle
condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti, doveva
essere ricondotta, sotto il profilo sanzionatorio alla disciplina dettata dal
contratto collettivo per la ipotesi di assenza ingiustificata, non potendo in
senso contrario rilevare il riferimento alla prassi tollerante adottata dalla
società datrice di lavoro in precedenti occasioni, dette occasioni, infatti, si
differenziavano da quella in oggetto in quanto, sia pure a posteriori, la
assenza dal lavoro era risultata giustificata dall’intervenuto provvedimento
autorizzatorio dell’INPS e la tolleranza della società aveva riguardato il
ritardo con il quale il lavoratore aveva inviato la prescritta documentazione;

5. il secondo motivo di ricorso è anch’esso fondato;
premesso che il motivo in esame denunzia l’error in procedendo del giudice del
reclamo nel ritenere non investita da censura la statuizione di prime cure che
aveva accertato la punibilità solo con sanzione conservativa del terzo degli
addebiti contestati- avente ad oggetto la modifica della scheda relativa ai
turni – si rileva che, a differenza di quanto ritenuto dalla sentenza
impugnata, tale censura risulta essere stata ritualmente proposta secondo
quanto evincibile dalla reiterazione della istanza di prova orale sul punto
formulata in sede di reclamo, incentrata sul carattere fraudolento della
condotta tenuta dal M.;

6. in base alle considerazioni che precedono,
assorbito l’esame degli ulteriori motivi, si impone la cassazione con rinvio
della sentenza impugnata, per una rivalutazione del complesso degli addebiti
ascritti al lavoratore sulla scorta delle ragioni di accoglimento del primo e
del secondo motivo di ricorso, demandandosi alla Corte di rinvio anche il
regolamento delle spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione, anche
per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

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