Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2022, n. 31361

Tributi, IRPEF, Previdenza integrativa aziendale,
Prestazioni in forma capitale, Regime di tassazione

 

Rilevato che

 

1. Contro il rifiuto tacito relativo all’istanza di
rimborso per l’Irpef relativo all’anno 2000 (per € 59.863,81) opposto
dall’Agenzia delle Entrate di Torino ricorreva, dinanzi alla C.t.p. di Torino,
A. M., dirigente Enel, sostenendone l’illegittimità, in quanto sull’imponibile
a lui liquidato come previdenza integrativa aziendale non era stata applicata
l’aliquota del 12,50% ma l’aliquota maggiore determinata in sede di
liquidazione del trattamento di fine rapporto.

2. La C.t.p., ove si costituiva anche l’ufficio
finanziario, accoglieva il ricorso sul rilievo che la capitalizzazione non
poteva essere assimilata ad un reddito di lavoro dipendente soggetto a
tassazione separata ai sensi degli artt.
16 e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ma ad un contratto di
assicurazione, atteso che i contratti di capitalizzazione rientrano
implicitamente nella sfera di applicazione dell’art. 6 della legge 26 settembre
1985, n. 482

3. Contro tale decisione proponeva appello l’ufficio
dinanzi la C.t.r del Piemonte ove si costituiva anche il contribuente; tale
Commissione, con sentenza n. 1/20/2007 respingeva l’appello

4. L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per
cassazione avverso la sentenza della C.t.r. sulla base di due motivi afferenti,
in sintesi, la natura previdenziale e non assicurativa del fondo di previdenza
integrativa aziendale (PIA) in seguito alle modifiche apportate dall’accordo
del 16 aprile 1986; il contribuente si costituiva con controricorso e proponeva
ricorso incidentale.

5. La Corte di Cassazione, con ordinanza del 30
dicembre 2011, n. 30376 accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e
rinviava alla C.t.r. del Piemonte per un nuovo esame della controversia
richiamando il principio statuito dalla sentenza
del 22 giugno 2011, n. 13642 secondo la quale «In tema di fondi
previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un
soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124, ad un fondo di
previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa
previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a)
per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è
assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli articoli 16, comma I lett. a) del TUIR
solo per quanto riguarda la sorte capitale corrispondente alla cessazione del
rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del
cosiddetto rendimento si applica la ritenuta del 12,50% prevista dall’art. 6 della legge 26 settembre
1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si
applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, lett. a) e 17 del TUIR».

6. Il contribuente riassumeva il giudizio dinanzi la
C.t.r. del Piemonte chiedendo il riconoscimento di un rimborso di € 44.087,97
rispetto alla somma di € 59.863,81, oggetto dell’istanza di rimborso e del
ricorso introduttivo, alla luce della natura assicurativa della previdenza
integrativa aziendale PIA convertita in FONDENEL; si costituiva anche l’ufficio
finanziario che prendeva atto della rinuncia di parte del rimborso
originariamente richiesto.

7. Con la sentenza n. 153/31/15, depositata in data
4 febbraio 2015, la C.t.r. del Piemonte, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, condannava l’amministrazione finanziaria al pagamento di un
rimborso di euro 44.087,97 in favore di A. M..

8. Avverso la sentenza della C.t.r. del Piemonte,
l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo
motivo.

Si sono costituiti in giudizio Enrico M. ed Alberto
M., quali eredi di Agostini M., con controricorso, chiedendo il rigetto del
ricorso.

La causa è stata discussa nella camera di consiglio
dell’11 ottobre 2022 per la quale il contribuente ha depositato memoria.

 

Considerato che

 

1. Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato:
«Violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546 e 384 cod. proc. civ.
e dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.)»
l’Agenzia lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza
impugnata, piuttosto che decidere determinando la somma proveniente dalla
liquidazione del cosiddetto rendimento di polizza (alla quale soltanto va
applicata la ritenuta del 12,50% prevista dall’art. 6 della legge 26 settembre
1985, n. 482) il giudice d’appello non ha considerato la specificazione
operata dalla Cassazione con riferimento alla nozione di rendimento rilevante
per la soluzione della controversia.

2. Il motivo è fondato.

Va premesso che si controverte in relazione ad una
richiesta di rimborso avanzata da un dirigente ENEL in ordine alle trattenute
sulle prestazioni erogate dalla medesima ENEL in occasione della cessazione del
rapporto di lavoro, in aggiunta al trattamento di fine rapporto. In
particolare, cessato il rapporto di lavoro, il contribuente riceveva dall’ENEL
la somma corrispondente alla liquidazione della propria rendita sulla quale era
operata una ritenuta con applicazione della stessa aliquota applicata in sede
di liquidazione dell’indennità di fine rapporto. La tesi del contribuente è che
il prelievo fosse illegittimo perché la prestazione avrebbe dovuto essere
assoggettata a ritenuta nella misura del 12,50%, in particolare in ipotesi di
erogazione a fronte di polizze di assicurazione sulla vita, stipulata in epoca
antecedente al 28/04/1993, secondo il combinato disposto di cui agli artt. 13, comma 9, d.lgs. 21
aprile 1993, n. 124, 1, comma 5,
d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, nella legge
28 febbraio 1997, n. 30, art. 6
legge 26 settembre 1985, n. 482.

Come sopra evidenziato, il principio di diritto
affermato dall’ordinanza con la quale questa Corte ha disposto il rinvio era lo
stesso di quello affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.13642 del 2011 (ovvero applicazione
della ritenuta del 12,50% alle somme rinvenienti dalla liquidazione del c.d.
rendimento, per tale dovendosi intendere il rendimento netto imputabile alla
gestione del Fondo sul mercato del capitale accantonato) e va rilevato che
sulla res controversa, sempre in continuità di quel principio, questa Corte con
numerose pronunce (Cass. 10/06/2016, n. 11941,
Cass. 18/10/2017, n. 24525, Cass. 15/06/2018, n. 16116) ha chiarito che le
somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento sono le somme
derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non
necessariamente finanziario, ma non anche quelle calcolate attraverso l’adozione
di riserve matematiche e di sistemi tecnico attuariali di capitalizzazione, al
fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali
concordate; nel caso in esame, non sussistendo contestazione sulla circostanza
che la prestazione oggetto di controversia sia stata interamente erogata dal
Fondo PIA, la sentenza impugnata, nel riconoscere la sussistenza dei rendimenti
sulla base della mera certificazione Enel dalla quale, per come riportata dalla
stessa sentenza impugnata, non si rinvengono somme investite sul mercato, ha
malamente applicato il principio cui doveva uniformarsi. Inoltre, con
riferimento al basilare concetto di “rendimento”, le Sezioni Unite
precisano in motivazione che: a) si tratta del rendimento netto, imputabile alla
gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato. Tale rilievo,
riguardante specificamente la previdenza complementare aziendale per i
dirigenti dell’ENEL (disciplinata dagli accordi sindacali del 1986 e del 1998),
chiarisce e integra la generale portata regolatrice del principio di diritto;
b) che il prospetto Enel certifica esclusivamente la differenza tra il totale
del capitale lordo da liquidare e la somma di dotazione iniziale: sul punto
Cass. 21/10/2021, n. 29479 ricorda, con estrema chiarezza, che la PIA non ha
potuto né, tantomeno, avrebbe potuto svolgere – quale Fondo interno con
accantonamento a bilancio Enel – un’attività di investimento sui mercati
finanziari. Pertanto, nessun rendimento derivante dall’investimento, da parte del
Fondo PIA, sui mercati finanziari è ipotizzabile. La configurabilità di un
rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del
capitale accantonato risulta incompatibile con il tenore dell’accordo
Enel/Fndai del 16 aprile 1986, in quanto l’importo della  prestazione spettante al dirigente era
predeterminato in anticipo sulla base del rapporto tra l’ultima retribuzione e
la pensione. Il rendimento altro non è che la mera differenza da quanto
affluito nel Fondo PIA e quanto erogato in concreto ai dirigenti (Cass.,
03/05/2022, n.13838); c) che simili conclusioni, del resto, sono asseverate
dalla relazione n. 32/1999 della Corte dei conti – sezione del controllo sugli
enti – proprio sul bilancio consuntivo di Enel, relativo all’esercizio
finanziario 1997 (Cass. 19/06/2018, n. 16116; Cass. 13/11/2019, n. 29396; Cass. 23/11/2020, n. 26543).

4. In conclusione, in accoglimento del ricorso, va
cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti
in fatto, va decisa nel merito la controversia con il rigetto del ricorso
introduttivo proposto dal contribuente.

6. La particolarità della fattispecie che ha reso
necessario l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, e di successive
pronunce chiarificatrici, induce a compensare integralmente tra le parti le
spese dei gradi di merito e del primo giudizio di legittimità.

Le spese relative a questo giudizio di legittimità
seguono il criterio della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo proposto dal contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese dei
giudizi di merito e del primo giudizio di legittimità.

Condanna il contribuente al pagamento delle spese di
questo giudizio di legittimità che liquida in € 4.500,00, oltre spese prenotate
a debito.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2022, n. 31361
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