Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 ottobre 2022, n. 31514

Mobbing, Disturbo posttraumatico da stress cronico, Malattia
professionale, Indennizzo INAIL, Spettanza

 

Ritenuto in fatto

 

La Corte d’appello di Perugia confermava la sentenza
di primo grado che aveva negato a F.R. il diritto all’indennizzo nei confronti
dell’INAIL per il disturbo posttraumatico da stress cronico con depressione e
ansia miste, conseguente all’azione di mobbing messa in atto dalla datrice di
lavoro.

La Corte, dopo aver affermato il nesso causale tra
la condotta di mobbing e la patologia, negato invece in primo grado, riteneva
si fosse al di fuori della malattia professionale indennizzabile. Secondo la
Corte, in base all’art.3 d.P.R.
n.1124/65, la copertura assicurativa opera solo per le tecnopatie
conseguenti alle lavorazioni indicate nell’art.1 e non per quelle dipese
da modalità organizzative del rapporto di lavoro.

Contro la sentenza, F.R. ricorre per due motivi,
illustrati da memoria.

L’INAIL resiste con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

Con il primo motivo di ricorso viene denunciata
violazione dell’art.112 c.p.c., nonché degli artt.113, 114, 416 e 436 c.p.c.
Secondo la ricorrente, poiché il motivo d’appello era incentrato esclusivamente
sulla sussistenza del nesso causale, la Corte non avrebbe potuto sollevare
d’ufficio la questione della mancata copertura assicurativa.

Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata
violazione degli artt.3, co.1 e
4, 4, co.1, 66 e 74 d.P.R. n.1124/65, nonché
degli artt.10 e 13 d. Igs. n.38/00 e dell’art.115 c.p.c. La sentenza avrebbe errato nel
richiedere il nesso di causalità tra la malattia e una specifica lavorazione,
in quanto sarebbe ammesso l’indennizzo anche per malattie non tabellate, purché
sia dimostrata la loro origine professionale.

Il primo motivo è manifestamente infondato. Come
rilevato dal collegio d’appello, la sentenza non è incorsa nel vizio di
ultrapetizione, posto che l’Inail aveva concluso per il rigetto dell’appello,
come poi deciso dalla Corte. Né la sentenza è incorsa nel vizio di
extrapetizione, poiché la stessa non ha immutato i fatti posti a base della
domanda, ovvero la presenza di una malattia professionale contratta in
occasione dell’attività lavorativa. Questa Corte ha già avuto modo di affermare
che il giudice può, d’ufficio, verificare la sussistenza dei presupposti della
tutela assicurativa (Cass.6138/84, Cass.1891/90, con riguardo all’assenza
dell’esposizione al rischio assicurato), senza che si richiedano eccezioni in
senso stretto dell’istituto assicuratore.

La Corte d’appello, del resto, non ha proceduto motu
proprio ad accertamenti di fatto nuovi, ma è pervenuta alla decisione sulla
base di soli argomenti di diritto, qual è l’interpretazione giuridica data agli
artt.1 e 3 d.P.R. n.1124/65.

Il secondo motivo è manifestamente fondato.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza
impugnata, questa Corte ha affermato che la malattia professionale è
indennizzabile ai sensi dell’art.13
d. Igs. n.38/00 anche quando non sia contratta in seguito a specifiche
lavorazioni, ma derivi dall’organizzazione del lavoro e dalle sue modalità di
esplicazione. Così, ad esempio, è stato riconosciuto l’indennizzo al lavoratore
che aveva contratto malattia professionale dovuta allo stress subito per le
eccessive ore di lavoro straordinario chieste dal datore di lavoro (Cass.5066/18). Ancora, è stato riconosciuto
l’indennizzo dell’art.13 d. Igs.
n.38/00 al lavoratore affetto da patologia psichica dovuta alle vessazioni
subite dal proprio datore di lavoro (Cass.8948/20).

Ciò che importa è che la malattia derivi dal fatto
oggettivo dell’esecuzione della prestazione in un determinato ambiente di
lavoro, seppur non sia specifica conseguenza dalla prestazione lavorativa.
Rientra nel rischio assicurato dall’art.1, richiamato poi dall’art.3 d.P.R. n.1124/65, non
solo il rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche il rischio
collegato con la prestazione lavorativa. Come affermato da questa Corte a
sezioni unite (n.3476/94), la tutela
assicurativa è da rapportare “al lavoro in sé e per sé considerato e non
soltanto a quello reso presso le macchine”. Dunque, l’assicurazione è
obbligatoria per tutte le malattie, anche diverse da quelle comprese nelle
tabelle allegate al d.P.R. n.1124/65 e da
quelle causate da una lavorazione specifica o da un agente patogeno indicato
nelle tabelle, purché si tratti di malattie delle quali sia provata la causa di
lavoro (v. Cass.5066/18, cit.).

La sentenza va dunque cassata con rinvio alla
medesima Corte d’appello per gli ulteriori accertamenti di merito e per la
pronuncia sulle spese del presente grado.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo di ricorso;

accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la
sentenza impugnata in relazione a detto motivo e rinvia alla Corte d’appello di
Perugia in diversa composizione, anche per le spese di lite del presente grado.

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