Se non c’è “assunzione del rischio economico”, “autonomia di gestione e organizzazione” nonché “eterodirezione” da parte dell’appaltatore, l’appalto è illecito.

Nota a Cass. (ord.) 16 febbraio 2023, n. 4828

Fabrizio Girolami

Il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro previsto dal nostro ordinamento, in riferimento agli appalti c.d. “endoaziendali” (caratterizzati dall’affidamento a un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente), opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata a un risultato produttivo autonomo, né un’assunzione di rischio economico con effettivo assoggettamento dei propri dipendenti al potere direttivo e di controllo.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4828 del 16 febbraio 2023, in relazione alla controversia tra alcuni lavoratori dipendenti di Cos S.p.A. (società appaltatrice del servizio di call center presso Poste Italiane) i quali avevano citato in giudizio Poste Italiane, chiedendo l’accertamento della “interposizione fittizia di manodopera” e, per l’effetto, l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato “alle dipendenze della convenuta ancora in atto stante l’inesistenza di atti idonei a risolverli”.

Le domande dei lavoratori erano state respinte in primo grado dal Tribunale di Roma, mentre la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 2609-2018, in riforma della decisione di primo grado, aveva affermato l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Nel giudizio di legittimità, la Cassazione ha rigettato il ricorso di Poste, affermando quanto segue:

  • l’appalto di manodopera, nel nostro ordinamento, è consentito solo laddove non si traduca in una violazione del “divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro” (divieto introdotto dall’art. 1, L. 23.10.1960, n. 1369 e confermato dal D.Lgs. 10.09.2003, n. 276), violazione che si configura tutte le volte in cui l’appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata a un risultato produttivo autonomo né un’assunzione di rischio economico con effettivo assoggettamento dei propri dipendenti al potere direttivo e di controllo (cfr., in tal senso, Cass. n. 7820/2013; Cass. n. 6343/2013);
  • in questo quadro, l’art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 e s.m.i. precisa che l’appalto è “genuino” quando l’appaltatore: 1) assume il rischio di impresa; 2) organizza i mezzi necessari per l’esecuzione del contratto, che può anche risultare dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto (c.d. “eterodirezione” che esclude che il committente possa interferire nelle modalità concrete di svolgimento del rapporto di lavoro);
  • nel caso di specie, il giudice di merito aveva accertato che: a) il servizio reso dai dipendenti di Cos era stato a beneficio esclusivo di Poste che aveva conferito nell’appalto beni di rilevanza “tutt’altro che marginale” e dai quali “non poteva prescindersi per il raggiungimento dello scopo dell’appalto”; b) il compenso era stato parametrato alle giornate di lavoro effettuate, azzerandosi così il rischio economico dell’appaltante; c) il rapporto tra i dipendenti di Cos e quelli di Poste aveva superato la mera collaborazione e anzi i dipendenti di Poste “avevano gestito in ragione delle esigenze sopravvenute turni e orari di quelli di Cos e il controllo aveva esorbitato il mero coordinamento ma piuttosto concretizzava una vera e propria gestione indifferenziata di tutte le risorse”;
  • poiché, nella vicenda de qua, l’esecuzione dell’appalto era stata realizzata in assenza di organizzazione effettiva e autonoma in capo alla società appaltatrice (Cos) e con assoggettamento dei relativi dipendenti alla direzione tecnica e al controllo della pseudo-committente (Poste), l’appalto non può essere considerato genuino e lecito, e spetta il diritto dei lavoratori alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della pseudo-committente (Poste) che ha effettivamente utilizzato la prestazione, esercitando i poteri direttivi e di controllo.
L’appalto (endoaziendale) di manodopera è vietato se non rispetta i requisiti di genuinità
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