Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 marzo 2023, n. 7866

Lavoro, Sanzione disciplinare espulsiva, Destituzione, Procedimento disciplinare a carico degli autoferrotranvieri, Richiesta di intervento del Consiglio di disciplina, Mancata costituzione dell’organo, Nullità di protezione, Scopo di tutela del contraente debole del rapporto, Violazione della procedura in materia disciplinare comparabile a quella di licenziamento a non domino, Rigetto

 

Rilevato che

 

 

1. la Corte d’Appello di Firenze ha confermato, respingendo il reclamo del datore di lavoro C. s.r.l. (società che gestisce il trasporto urbano in diverse province della (…) ), la  sentenza del Tribunale di X. con  cui  era  stata dichiarata nulla la sanzione disciplinare espulsiva adottata nei confronti del dipendente G.B., autista di linea addetto alla sede di X. fino alla destituzione, comunicatagli il 5/10/2018, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e condanna al pagamento delle retribuzioni maturate ed al versamento dei contributi;

2. la Corte di merito ha confermato la nullità del recesso datoriale, osservando, in particolare, che:

– in fatto, dopo la contestazione degli addebiti in data 5/2/2018, l’opinamento di destituzione da parte dell’amministratore delegato (AD) in data 17/5/2018, e la tempestiva richiesta del lavoratore di intervento del Consiglio di Disciplina (CDD), ai sensi della normativa speciale per gli autoferrotranvieri di cui agli artt. 53 e 54 R.D. 148/1931, detto organo non era stato costituito e la sanzione espulsiva era stata adottata dal medesimo AD, dando atto che la Regione non aveva indicato il proprio rappresentante nel CDD;

– per effetto della mancata costituzione del CDD, che rappresenta una forma di garanzia procedurale ulteriore e speciale anche rispetto a quella di cui all’art. 7, legge n. 300/1970, il procedimento disciplinare conclusosi con sanzione irrogata direttamente da parte datoriale, nonostante rituale richiesta del lavoratore di ricorso al giudizio del CDD, era nullo per essere stato l’esercizio della potestà punitiva esercitato dal datore di lavoro, cui tale facoltà non spettava in conseguenza dell’obbligatoria devoluzione della decisione in merito al CDD su opzione del lavoratore;

3. avverso la predetta sentenza la società propone ricorso per cassazione con due motivi, illustrati da memoria; resiste il lavoratore con controricorso;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 54 dell’AII. A al R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 (art. 360, n. 3, c.p.c.): sostiene che l’esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro, in fatto sospeso per l’inerizia, motivata da necessità di approfondimento normativo, dell’organo amministrativo (Regione (…) ) nella nomina del proprio rappresentante del CDD, deve prevalere sulle garanzie di difesa del lavoratore secondo un criterio di proporzionalità;

2. con il secondo, violazione e falsa applicazione dell’art. 18 legge n. 300/1970 (art. 360, n. 3, c.p.c.): assume che la violazione delle norme procedurali determina tutela non reintegratoria, ma economica attenuata, quale violazione procedurale, ai sensi dell’art. 18, comma 6, Stat. Lav.;

3. il primo motivo non è fondato;

4. questa Corte ha affermato, con pronunce cui si intende dare continuità (Cass. n. 12770/2019, già richiamata dai giudici di merito; v. anche Cass. n. 13804/2017, n. 17286/2015) che, nel caso in cui il dipendente autoferrotranviario, a seguito dell’opinamento di destituzione, abbia invocato la pronuncia del consiglio di disciplina, posto il persistente vigore delle disposizioni dettate dal regio decreto in materia disciplinare (come chiarito da Cass. n. 12490/2015, n. 855/2017, S.U. n. 15540/2016, n. 12490/2015, n. 5551/2013, n. 11929/2009), anche quale disciplina maggiormente garantita rispetto a quella prevista dalla legge n. 300/1970, rimane irrilevante il fatto che gli enti competenti non abbiano esercitato il potere di nomina dei componenti di quell’organo;

5. non è pertanto condivisibile la prospettazione di parte ricorrente, che si risolve nella compressione del diritto di difesa del lavoratore rispetto all’esercizio del potere disciplinare, mediante sostituzione del datore di lavoro all’organo terzo, in una procedura speciale e specificamente garantista per una categoria di lavoratori, che prevede il coinvolgimento di organi, anche amministrativi, terzi rispetto al datore di lavoro ed al lavoratore, sia per la natura degli interessi coinvolti (diritti fondamentali quali il diritto al lavoro ed il diritto di difesa), sia perché, come osservato dalla Corte di merito, sono esercitabili dall’azienda di trasporto pubblico eventuali poteri cautelari nell’attesa di costituzione dell’organo, il cui ritardo, in ogni caso, non può ridondare a danno della parte protetta dalla legge;

6. invero, la giurisprudenza sopra richiamata ha precisato che, in materia di procedimento disciplinare a carico degli autoferrotranvieri, l’art. 53 dell’allegato A al R.D. n. 148 del 1931 prevede una procedura articolata in più fasi, inderogabile e volta alla tutela del lavoratore dipendente, quale contraente debole, con la conseguenza che l’omissione di una delle suddette fasi determina la nullità della sanzione disciplinare che, in relazione al tipo di violazione, rientra nella categoria delle nullità di protezione;

7. posto che, in materia di procedimento disciplinare degli autoferrotranvieri, la speciale disciplina dettata dall’allegato A al R.D. n. 148/1931 non è stata abrogata dall’art. 7 legge n. 300/1970 (Cass. n. 11929/2009), e ricordata la permanente specialità, sia pure residuale, del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, è stato, altresì, ribadito (cfr. Cass. n. 5551/20013) che il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri è disciplinato da una normativa speciale costituente un corpus compiuto ed organico, onde il ricorso alla normativa generale è possibile solo ove si riscontrino in essa lacune tali che non siano superabili neanche attraverso l’interpretazione estensiva o analogica di altre disposizioni appartenenti allo stesso corpus o relative a materie analoghe o secondo i principi generali dell’ordinamento;

8. in materia disciplinare, la normativa speciale delinea una procedura maggiormente garantita, rispetto a quella di cui all’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e la contestazione dell’addebito ed il successivo opinamento circa la sanzione da irrogare non possono essere contestuali, trattandosi di fasi che, ai sensi della citata disposizione, devono essere separate, realizzando una “doppia fase di contestazione”, così da consentire all’incolpato l’esercizio del diritto di difesa e da garantire che le indagini disciplinari tengano conto delle giustificazioni rese dal lavoratore a fronte della contestazione ricevuta (Cass. n. 13654/2015); né le fasi del procedimento possono essere omesse o concentrate, vertendosi altrimenti in ipotesi di violazione dell’iter legislativo previsto per la irrogazione della sanzione disciplinare; e la nullità di una sanzione disciplinare, per tale tipo di violazione, rientra nella categoria delle nullità di protezione, atteso che la procedura garantista prevista in materia disciplinare (dall’art. 7 legge n. 300/1970 in linea generale e, nello specifico dei rapporti di lavoro autoferrotranviario, dall’art. 53 RD n. 148/1931) è inderogabile ed è fondata su un evidente scopo di tutela del contraente debole del rapporto (vale a dire del lavoratore dipendente);

9. da tali premesse logico-giuridiche discende la non fondatezza del secondo motivo;

10. come si è visto, questa Corte ha affermato che la nullità di una sanzione disciplinare per violazione del procedimento finalizzato alla sua irrogazione – sia quello generale di cui all’art. 7 St. Lav., sia quello specifico previsto per gli autoferrotranvieri dall’art. 53 del r.d. n. 148 del 1931, AII. A (nella specie, l’omessa pronuncia da parte del Consiglio di disciplina) – rientra tra quelle cd. di protezione poiché ha natura inderogabile ed è posta a tutela del contraente più debole del rapporto, vale a dire il lavoratore;

11. il fatto che le fasi del procedimento non possano essere omesse o concentrate, e che, di conseguenza, la nullità di una sanzione disciplinare, per tale tipo di violazione, rientri nella categoria delle nullità di protezione, in quanto fondata sullo scopo di tutela del contraente debole del rapporto, impedisce che tale violazione possa considerarsi assimilabile a quelle procedurali di cui all’art. 18, comma 6, legge n. 300/1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, legge n. 92/2012;

12. non è, infatti, qualificabile come violazione procedurale in materia disciplinare del lavoro autoferrotranviario l’adozione della sanzione della destituzione da parte del datore di lavoro, cui tale potere non è più assegnato in caso di opzione del lavoratore per l’intervento del Consiglio di disciplina, al quale detto potere è in tal caso deferito in base alla legge;

13. si tratta, infatti, di violazione a monte della procedura, per deviazione dell’esercizio del potere in materia, devoluto nella specie ad organo terzo anziché a parte datoriale, e di fattispecie comparabile a quella di licenziamento a non domino, prevedendo la legge, in caso di opzione in tale senso del lavoratore, l’attribuzione del potere di licenziamento disciplinare (denominato destituzione) all’organo (CDD) previsto dalla normativa speciale;

14. la regolazione delle spese del presente grado di giudizio segue il criterio della soccombenza, con liquidazione come da dispositivo;

15. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 marzo 2023, n. 7866
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