L’APE sociale spetta, in presenza degli altri requisiti previsti dalla legge, anche al lavoratore rimasto disoccupato che, nel periodo compreso tra la conclusione dell’erogazione dell’indennità di disoccupazione e l’accesso all’anticipo pensionistico, abbia instaurato rapporti di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi.
Nota a Cass. 25 novembre 2024, n. 30258
Sonia Gioia
In materia di APE sociale, i requisiti di accesso alla prestazione, vale a dire occupazione per 18 mesi nei 36 mesi precedenti alla cessazione del rapporto e successiva disoccupazione, previsti dall’art. 1, co. 179, lett. a), L. 11 dicembre 2016, n. 232 (concernente “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”) “vanno riferiti all’ultimo dei lavori – a tempo indeterminato o a tempo determinato con durata superiore a sei mesi – precedenti la prestazione, restando irrilevante che dopo la cessazione del detto rapporto vi sia stata rioccupazione per periodi inferiori a sei mesi”.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione 25 novembre 2024, n. 30258 (conforme ad App. Firenze n. 685/2021), in relazione ad una fattispecie concernente il diritto di un lavoratore a percepire l’APE sociale che, nel periodo intercorrente tra la conclusione dell’indennità di disoccupazione e l’accesso all’anticipo pensionistico, aveva intrattenuto rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato di durata non superiore a 6 mesi.
All’esito del giudizio di merito, la Corte d’Appello, in riforma della pronuncia del giudice di prime cure, aveva riconosciuto il diritto dell’assicurato a percepire il trattamento pensionistico anticipato, ritenendo non ostativa alla fruizione di tale prestazione l’assunzione a termine per periodi inferiori a sei mesi dal momento che tali rapporti non escludono lo stato di disoccupazione rilevante ai sensi dell’art. 19, co. 3, L. 14 settembre 2015, n. 150 (concernente “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive” ai sensi dell’art. 1, co. 3, L. 10 dicembre 2014, n. 183).
Come noto, l’APE sociale è un’indennità di natura assistenziale a carico dello Stato, erogata dall’INPS a specifiche categorie di lavoratori in stato di bisogno che siano in possesso al momento della domanda, o comunque la perfezionino entro il 31 dicembre 2024, di un’età anagrafica pari ad almeno 63 anni e 5 mesi e che non siano già titolari di pensione diretta (Circ. INPS 20 febbraio 2024, n. 35).
In particolare, ai sensi dell’art. 1, co. 179, L. n. 232 cit., l’anticipo pensionistico è corrisposto, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia o fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia (di cui all’art. 24, co. 6, D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 (c.d. Legge Monti – Fornero) agli iscritti all’Assicurazione Generale dei lavoratori dipendenti (c.d. AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della stessa, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla Gestione separata (di cui all’art. 2, co. 26, L. 8 agosto 1994, n. 335), i quali:
a) si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoroper licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’art. 7, L. 15 luglio 1966, n. 604 (concernente “Norme sui licenziamenti individuali”), oppure per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato (in tal caso è necessario che abbiano avuto, nei 36 mesi precedenti la scadenza del termine, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi), che hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni (sul tema, v. anche Cass. n. 24950/2024, con nota in q. sito di S. GIOIA);
b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo gradoconvivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’art. 3, co. 3, L. 5 febbraio 1992, n. 104), o un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni mediche, superiore o uguale al 74% e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
d) sono lavoratori dipendenti, al momento della decorrenza dell’indennità, in possesso di almeno 36 anni di anzianità contributiva e che abbiano svolto da almeno 7 anni negli ultimi 10 o almeno 6 anni negli ultimi 7 una o più attività lavorative gravose specificamente individuate dalla legge.
Con riguardo alla sussistenza dello status di disoccupato di cui alla lett. a), la Cassazione ha rilevato che eventuali rapporti di lavoro subordinato di durata non superiore a 6 mesi, svolti dal richiedente l’APE sociale nel periodo successivo alla conclusione della prestazione di disoccupazione, non determinano il venir meno della condizione di disoccupato e, perciò, non ostano all’accesso al trattamento pensionistico anticipato, dal momento l’art. 19, co. 3, L. n. 150 cit. prevede che lo stato di disoccupazione resta sospeso ma non viene meno in caso di rioccupazione di durata inferiore a 6 mesi (Mgs INPS n. 4195/2017; Nota Min. Lav. n. 7214/2017).
Su tale contesto normativo “non hanno inciso in alcun modo” le previsioni di cui all’art. 1, co. 162, L. 27 dicembre 2017, n. 205 (concernente “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”), che hanno ampliato la platea dei beneficiari dell’APE sociale – consentendo l’accesso anche ai lavoratori che sono stati occupati con contratto di lavoro a termine ed a coloro che dopo la cessazione di un rapporto a tempo indeterminato per le causali già previste dalla pregressa normativa siano stati assunti con un contratto a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi – ma non hanno né modificato i requisiti di accesso alla prestazione per i lavoratori già inclusi né hanno tolto agli stessi il diritto alla prestazione alle condizioni di legge.
Sulla base di tali considerazioni, la Cassazione, nel confermare la pronuncia di merito, ha riconosciuto il diritto del lavoratore all’anticipo pensionistico, con conseguente condanna dell’ente previdenziale alla corresponsione delle relative prestazioni, dichiarando irrilevante la circostanza che il prestatore, successivamente alla risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato per licenziamento, avesse intrattenuto rapporti di lavoro precari.
Ciò, sul presupposto che i requisiti previsti dalla legge per l’APE sociale vanno riferiti all’ultimo dei lavori – a tempo indeterminato o a tempo determinato con durata superiore a 6 mesi – precedenti la prestazione, dal momento che eventuali rapporti di lavoro di durata inferiore a 6 mesi non determinano il venir meno dello stato di disoccupazione e, perciò, non ostano alla fruizione dell’anticipo pensionistico.
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE 25 novembre 2024, n. 30258
Svolgimento del processo
1.Con sentenza del 14.10.21 la Corte d’Appello di Firenze, in riforma di sentenza del 20.5.20 del Tribunale di Grosseto, ha dichiarato il diritto del lavoratore in epigrafe alla APE sociale ex articolo 1 comma 179 legge 232 del 16 (indennità per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell’età anagrafica prevista per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia) e condannato l’Inps al pagamento delle relative prestazioni.
2. In particolare, mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto ostativa alla fruizione della prestazione previdenziale l’assunzione a termine per periodi inferiori a sei mesi, la corte territoriale ha ritenuto che tali rapporti non escludevano lo stato di disoccupazione rilevante ex articolo 19 legge 150 del 2015, essendo peraltro gli altri requisiti della prestazione pacificamente sussistenti.
3. Avverso tale sentenza ricorre l’Inps per un motivo, cui resiste il lavoratore con controricorso, illustrato da memoria.
4. Il procuratore generale ha depositato requisitorie ed ha concluso all’udienza.
Motivi della decisione
5. L’unico motivo di ricorso deduce violazione dell’articolo 1 comma 179 lettera a) della legge 232 del 16 , per avere la corte territoriale trascurato che i requisiti di accesso all’APE (occupazione per 18 mesi nei 36 mesi precedenti) vanno riferiti all’ultimo dei lavori precedenti la prestazione e non a quelli precedenti ancora, ove vi sia stata nelle more disoccupazione e rioccupazione per periodi inferiori a sei mesi.
6. Il motivo di ricorso è infondato.
7. La disposizione di accesso all’APE sociale invero prevede che possano accedere alla provvidenza i soggetti che si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale dell’ambito della procedura ex art. 7 L. 604/66 .
8. In tale contesto il messaggio INPS 4195 del 25 ottobre 2017 (in continuità con la nota Ministeriale n. 7214 del 13 ottobre 2017) aveva precisato che eventuali rapporti di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi, svolti dal richiedente nel periodo successivo alla corresponsione della prestazione, non determinano il venir meno dello stato di disoccupazione e non ostano perciò all’accesso all’APE sociale.
9. Ciò è peraltro conforme alla disciplina della indennità di disoccupazione, richiamata dalla corte territoriale, che esclude che lo stato di disoccupazione venga meno (restando solo sospeso) durante il periodo di svolgimento di lavori temporanei o precari.
10. Su tale contesto normativo non hanno inciso in alcun modo le previsioni della legge di bilancio per il 2018 (art. 1 co. 162 L. 205/17 ) richiamate dall’INPS, le quali hanno ampliato l’accesso all’APE sociale ai lavoratori a termine, ma non hanno in alcun modo né modificato i requisiti di accesso alla prestazione per i lavoratori già inclusi, né hanno tolto agli stessi il diritto alla prestazione alle condizioni di legge.
11. Deve correlativamente ritenersi che la nuova fattispecie prevista dalla normativa suddetta determini un allargamento della platea dei beneficiari dell’APE sociale a coloro che sono stati occupati con contratto a tempo determinato ed a coloro che dopo la cessazione di un rapporto a tempo indeterminato per le causali già previsto dalla pregressa normativa (recesso) siano stati assunti con un contratto a termine di durata superiore a sei mesi, cui è conseguita a termini di legge la cessazione dello stato di disoccupazione.
12. Applicati i detti principi al caso di specie, deve rilevarsi che il lavoratore ha chiesto la prestazione in discorso in relazione al rapporto di lavoro a tempo indeterminato che era cessato per licenziamento del 30.12.10, senza far riferimento ai rapporti di lavoro precari successivi allo stesso; è pacifico che in relazione al richiamato licenziamento il lavoratore possedeva tutti i requisiti richiesti dalla disciplina per beneficiare della prestazione.
13. Può dunque affermarsi, in tema di APE sociale di cui all’articolo 1 comma 179 lettera a) della legge 232 del 2016 , che i requisiti di accesso alla prestazione (occupazione per 18 mesi nei 36 mesi precedenti alla cessazione del rapporto, e successiva disoccupazione) vanno riferiti all’ultimo dei lavori -a tempo indeterminato o a tempo determinato con durata superiore a sei mesi- precedenti la prestazione, restando irrilevante che dopo la cessazione del detto rapporto vi sia stata rioccupazione per periodi inferiori a sei mesi.
14. Ne consegue il rigetto del ricorso.
15. Le spese devono essere compensate tra le parti per la novità della questione.
16. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Spese compensate.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater, del D.P.R. n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.