Nel caso di annullamento del licenziamento, qualora l’indennità risarcitoria riconosciuta con la c.d. tutela reale “debole” sia inferiore al periodo di disoccupazione, il lavoratore mantiene il diritto alla NASpI.

Nota a Trib. Milano 23 luglio 2024, n. 2964

Francesco Belmonte

L’elemento ostativo alla percezione dell’indennità di disoccupazione è da ravvisarsi nell’effettiva ricostituzione del rapporto, nei suoi aspetti giuridici ed economici, in conformità alla ratio dell’istituto. La NASpI deve essere quindi restituita se nel medesimo periodo il lavoratore ha percepito la retribuzione.

In tale linea si è espresso il Tribunale di Milano (23 luglio 2024, n. 2964), in relazione ad una fattispecie concernente una lavoratrice che, in seguito al licenziamento, rimasta priva di occupazione, ha presentato domanda all’Inps per ottenere il riconoscimento della NASpI.

Successivamente, la dipendente ha impugnato il recesso ed ottenuto, a distanza di quattro anni, una sentenza di accertamento dell’illegittimità del recesso, con conseguente annullamento del provvedimento espulsivo e condanna della società datrice alla reintegrazione ed alla corresponsione di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto – oltre interessi e rivalutazione ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali – ai sensi dell’art. 18, co. 4, Stat. Lav. (c.d. tutela reale “debole”).

In ragione del ripristino del rapporto di lavoro, L’Inps ha chiesto alla lavoratrice la restituzione delle somme percepite a titolo di NASpI, pari a €19.988,34.

Secondo l’Ente, l’annullamento del licenziamento e la disposta reintegra determinano il venir meno dello stato di disoccupazione involontaria e conseguentemente il venir meno dei presupposti di fruizione della misura assistenziale.

Il tribunale meneghino, investito della questione, ritiene invece che quanto affermato dall’Inps non trova applicazione nel caso in cui il lavoratore non sia stato tenuto indenne dalle conseguenze retributive del licenziamento stesso. Ciò in quanto è necessario, ai fini della ripetibilità delle prestazioni di disoccupazione, il ripristino de facto del rapporto di lavoro, non essendo sufficiente il solo ripristino de iure (in tali termini, v. Cass. n. 28295/2019, in q. sito, con nota di A. TAGLIAMONTE; Cass. n. 17793/2020 e Cass. n. 24950/2021).

Nel caso di specie la lavoratrice è stata reintegrata nel posto di lavoro ed in esecuzione della pronuncia giudiziale il datore di lavoro le ha anche corrisposto un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità di retribuzione. Tuttavia, “se è vero che la ricorrente è stata reintegrata nel posto di lavoro, è anche vero che, per le caratteristiche della tutela prevista dal comma 4 dell’art. 18 Stat. Lav. detta reintegra non è stata piena, ma attenuata, avendo corrisposto il datore di lavoro non già tutte le retribuzioni maturate dal licenziamento fino alla effettiva reintegra (come sarebbe stato nel caso di reintegra piena prevista dall’art. 18, co. 1-3), bensì solo un’indennità corrispondente a 12 mensilità della retribuzione a fronte di uno stato di disoccupazione durato quasi 4 anni”. È chiaro che … la ricorrente non è stata pienamente reintegrata sotto il profilo retributivo e, quindi, la stessa non è tenuta a restituire il trattamento di disoccupazione percepito”.

Sentenza

Diritto alla NASpI anche per il lavoratore reintegrato
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