Il lavoratore ha diritto alla NASPI anche a seguito di dimissioni per giusta causa in quanto sussiste il requisito della involontarietà della perdita dell’occupazione.
Nota a Trib. Bari 16 settembre 2024, n. 3032
Pamela Coti
Se le condotte vessatorie, particolarmente gravi, poste in essere dal datore di lavoro inducono il lavoratore a dimettersi, quest’ultimo ha il diritto a percepire la NASPI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) poiché il recesso del lavoratore è da intendersi come unica soluzione praticabile, non come scelta volontaria.
È quanto stabilito dal Tribunale di Bari in relazione al ricorso promosso da una lavoratrice, la quale aveva subito condotte vessatorie da parte del datore di lavoro e aveva presentato dimissioni per giusta causa all’esito di una procedura di conciliazione in sede sindacale.
Al riguardo, il Giudice di prime cure, richiamando la sentenza della Corte Cost. n. 269/2002, ha rilevato che “le dimissioni indotte da una causa insita in un difetto del rapporto di lavoro subordinato, così grave da impedirne persino la provvisoria prosecuzione (art. 2119 c.c.), comportano… uno stato di disoccupazione involontaria.”
Il Tribunale, inoltre, ha ritenuto che:
- applicando l’art. 3,2, D.Lgs. n. 22/2015, di disciplina della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (c.d. NASpI), la prestazione deve essere riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
- lo stato di disoccupazione involontaria rappresenta un elemento costitutivo del diritto al beneficio economico vantato e, nel caso in esame, risulta provata la giusta causa di dimissioni della lavoratrice;
- non rileva la circostanza per cui la lavoratrice non abbia dato prova di avere avviato la procedura di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e per la stipula del patto di servizio personalizzato, in quanto non si tratta di elementi costitutivi del diritto alla prestazione.