Il medico che chiede il ripristino del rapporto convenzionale va reinserito, a domanda, nei rispettivi elenchi.

Nota a Cass. (ord.) 9 dicembre 2024, n. 31561

Flavia Durval

L’art. 1, co. 16, D.L. 27 agosto 1993, n. 324, conv. con modif. dalla L. 27 ottobre 1993, n. 423, recita: «Il medico che, ai sensi dell’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, abbia esercitato l’opzione per il rapporto di lavoro dipendente, con la conseguente cancellazione dagli elenchi regionali della medicina convenzionata, ove venga a cessare il rapporto di lavoro dipendente, è, a domanda, reinserito negli anzidetti elenchi.»

“Pertanto, il medico agisce per ottenere il reinserimento nell’elenco dei medici convenzionati (ed il risarcimento conseguente al ritardo), sulla base di una disposizione di legge che prescinde dall’accertamento dei requisiti richiesti per la instaurazione del rapporto convenzionale, sicché egli, in altre parole, non aspira ad essere inserito in una graduatoria da formare, ma chiede il ripristino di un rapporto che già era formato, per il quale la legge non chiede alcuna ulteriore valutazione da parte dell’USL, (se si esclude, ovviamente, il riscontro dell’aver effettivamente l’interessato esercitato l’opzione prevista dall’art. 4, comma 7, della legge 412 del 1991)”.

Questo, il principio sancito dalla Corte di Cassazione (ord.) 9 dicembre 2024, n. 31561 (conf. Cass., n. 10255/2002), la quale chiarisce che:

– nella fattispecie, non si tratta di accertare se fossero state osservate le norme procedimentali per la formazione della graduatoria, ma se il rapporto convenzionale di cui era titolare il medico potesse essere ripristinato in presenza di quella particolare situazione di legge, senza alcuna ulteriore valutazione;

– in questa ottica, la Corte ha concluso che, stante la natura privatistica del rapporto di lavoro, che qualifica come posizione di diritto soggettivo il rapporto esistente tra il sanitario e l’Amministrazione (v. Cass. S.U. n. 5301/1995), “sussiste la giurisdizione dell’A.G.O. e il potere della stessa di disapplicare, ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, l’atto impugnato anche quando il sanitario intenda conseguire l’accertamento dell’illegittimità del mancato conferimento dell’incarico, in violazione del proprio diritto, ed ottenere il risarcimento del danno sofferto”.

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 dicembre 2024, n. 31561

Lavoro – Risarcimento dei danni pari all’importo che il medico avrebbe percepito per incarico di medicina specialistica – Sopravvenuta situazione di incompatibilità – Cancellazione dagli elenchi della medicina convenzionata – Rigetto

Fatti di causa

1.La Corte d’appello di Palermo, in parziale accoglimento del gravame proposto dal dott. A.C., ha condannato l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo al risarcimento dei danni nella misura pari all’importo che il medico avrebbe percepito per l’incarico di medicina specialistica dal mese di ottobre 2006 fino alla data di immissione in servizio (26 aprile 2011).

2. Per quel che qui rileva, la Corte territoriale ha premesso, in fatto, che:

– il competente comitato consultivo zonale costituito presso la USL di Palermo, con deliberazione del 13 dicembre 1991, aveva individuato per la copertura del turno di chirurgia generale il dott. C., cui conferire l’incarico a tempo indeterminato;

– la USL, pertanto, aveva attribuito al professionista l’incarico di specialista ambulatoriale a tempo indeterminato, ma il dott. C. (all’epoca primario di chirurgia di ruolo presso struttura ospedaliera) aveva dovuto rinunciare all’incarico in ragione della sopravvenuta situazione di incompatibilità per effetto della legge 30 dicembre 1991 n. 412;

– successivamente, entrato in vigore il d.l. 27 agosto 1993, n. 324, conv. con modif. dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423 – che aveva previsto che il medico cancellato dagli elenchi della medicina convenzionata per aver scelto di mantenere il rapporto di lavoro dipendente fosse reinserito a domanda negli anzidetti elenchi ove tale rapporto fosse venuto a cessare – il dott. C., nelle more collocato in pensione, con istanza del 16 gennaio 1997 aveva domandato alla USL di Palermo il ripristino dell’incarico specialistico ambulatoriale a decorrere dal 1° marzo 1997;

– solo con nota del 6 febbraio 2002 il comitato zonale aveva comunicato di essere favorevole al reinserimento, subordinandolo però alla pubblicazione di ore di chirurgia generale e al previo inserimento nell’elenco di altri specialisti;

– il dott.C. aveva, quindi, agito in giudizio chiedendo il reinserimento negli elenchi della specialistica ambulatoriale e la domanda era stata accolta dal Tribunale di Palermo con sentenza n. 4444 del 2009;

– l’azienda aveva ottemperato alla pronuncia solo a decorrere dal 26 aprile 2011 con l’immissione in servizio per otto ore settimanali.

2.1. Così ricostruito il fatto, la Corte di merito ha ritenuto parzialmente fondato l’appello in quanto con la pronuncia del Tribunale di Palermo era già stato disposto il reinserimento del dott. C. negli elenchi della specialistica ambulatoriale per la branca di chirurgia generale; sebbene, come ritenuto in primo grado, quel giudicato fosse limitato all’affermato diritto al reinserimento negli elenchi della medicina specialistica, era stato pure ivi affermato che tale reinserimento dovesse avvenire senza alcuna condizione, quali quelle poste dall’azienda.

Escluso, dunque, il giudicato implicito in ordine alla pretesa risarcitoria, la stessa è stata valutata nei limiti della eccepita prescrizione quinquennale, a decorrere dalla lettera di diffida del 12 ottobre 2011.

Pertanto, al dott. C. competeva l’incarico di specialista ambulatoriale a tempo determinato per la durata di otto ore settimanali e tale incarico avrebbe dovuto essere ripristinato a seguito della domanda inoltrata in 16 gennaio 1997.

Inoltre, al medesimo medico spettavano le ulteriori ore resesi disponibili a fare data dal 17 aprile 2000 sino alla concorrenza delle previste trentotto ore, ulteriori ore che risultavano invece attribuite ad altro medico, rispetto al quale l’azienda non aveva dimostrato alcun poziore diritto, ai sensi dell’art. 10 dell’accordo del 2 febbraio 1996, secondo cui i turni successivamente resi disponibili devono essere prioritariamente assegnati allo specialista che, come il C., nella specialità esercitata svolga, in ambito zonale, esclusivamente l’attività ambulatoriale regolamentata dall’accordo.

Di conseguenza è stato riconosciuto il pieno diritto del dott. C. ad essere reinserito negli elenchi della medicina convenzionata e cioè negli elenchi dei soggetti incaricati di prestare un servizio ambulatoriale, con immediata riassegnazione del turno e delle ore lavorative in precedenza attribuite.

In questo senso, è stato ritenuto irrilevante il richiamo da parte dell’Azienda agli artt. 22 e seguenti dell’accordo nazionale, in quanto le procedure ivi richiamate si riferivano alla fase pregressa di formazione della graduatoria dei medici funzionale alla successiva attribuzione del turno.

3. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo articolando tre motivi, cui resiste A.C. con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale per un motivo.

L’Azienda resiste con controricorso.

4. Le parti hanno depositato memoria.

Ragioni della decisione

1.Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del giudicato di cui alla sentenza n. 4444 del 2009 del Tribunale di Palermo in relazione agli artt. 2909 cod. civ., 287, 288 e 324 cod. proc. civ. e 12 disp. prel. cod. proc. civ., in relazione al fatto che detto giudicato sanciva unicamente il reinserimento negli elenchi di specialistica ambulatoriale per la branca di chirurgia generale e nulla disponeva in ordine alla pur richiesta attribuzione dell’incarico.

1.1. La censura, nei termini formulati, è inammissibile, in quanto non coglie l’effettiva ratio decidendi adottata dalla Corte territoriale e, di conseguenza, non si traduce in un’adeguata critica della decisione impugnata (in tal senso, fra molte, Cass., Sez. 3, 12 gennaio 2024, n.1341).

Va, infatti, evidenziato che la Corte di merito ha espressamente dichiarato di condividere la tesi del giudice di primo grado, secondo cui il giudicato era limitato all’affermato diritto al reinserimento negli elenchi della medicina specialistica, sia pure con la precisazione che il reinserimento doveva avvenire senza alcuna condizione.

Pertanto, il riconoscimento del diritto all’incarico, nell’economia motiva della sentenza impugnata, non è stato riconosciuto in diretta applicazione del giudicato, ma in virtù delle ulteriori valutazioni ivi espresse, assumendo, in riferimento al precedente giudizio, che non potesse essere più contestato il diritto all’inserimento negli elenchi.

2. Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli accordi collettivi nazionali (in particolare: artt. 9, 10 e 11 d.P.R. n. 316 del 1990 e successivi artt. 9 e 10 d.P.R. n. 271 del 28 luglio 2000, artt. 22 e 23 A.C.N. 23 marzo 2005, artt. 22 e 23 A.C.N. 29 luglio 2009, integrato dall’A.C.N. 8 luglio 2010), nella parte in cui distinguono i due momenti della costituzione del rapporto convenzionale, il primo finalizzato all’inserimento negli elenchi dei medici specialistici e il secondo diretto al conferimento degli incarichi.

2.1. La censura è infondata, in quanto la Corte di merito ha correttamente interpretato il tenore del d.l. n. 324 del 1993, reputando che il reinserimento nell’elenco comporti il superamento della fase prodromica della formazione della graduatoria per l’attribuzione dell’incarico.

Infatti, l’art. 1, comma 16, del d.l. 27 agosto 1993, n. 324, conv. con modif. dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, recita: «Il medico che, ai sensi dell’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, abbia esercitato l’opzione per il rapporto di lavoro dipendente, con la conseguente cancellazione dagli elenchi regionali della medicina convenzionata, ove venga a cessare il rapporto di lavoro dipendente, è, a domanda, reinserito negli anzidetti elenchi.»

In proposito, questa Corte, con precedente in termini perché emesso in riferimento a fattispecie in cui il medico, che aveva in precedenza rinunciato al rapporto in convenzione per incompatibilità, aveva poi chiesto il reinserimento ex d.l. n. 324 del 1993, con richiesta di risarcimento del danno (Cass., Sez. L, 15/07/2002, n. 10255), ha ricostruito la normativa in materia, affermando che il thema decidendum investe non la costituzione della convenzione, ma il ripristino della stessa, di modo che non può parlarsi di una “fase preliminare”.

In questo senso, il medico agisce per ottenere il reinserimento nell’elenco dei medici convenzionati (ed il risarcimento conseguente al ritardo), sulla base di una disposizione di legge che prescinde dall’accertamento dei requisiti richiesti per la instaurazione del rapporto convenzionale, sicché egli, in altre parole, non aspira ad essere inserito in una graduatoria da formare, ma chiede il ripristino di un rapporto che già era formato, per il quale la legge non chiede alcuna ulteriore valutazione da parte dell’USL, (se si esclude, ovviamente, il riscontro dell’aver effettivamente l’interessato esercitato l’opzione prevista dall’art. 4, comma 7, della legge 412 del 1991).

Non si tratta, quindi, di accertare se fossero state osservate le norme procedimentali per la formazione della graduatoria, ma se il rapporto convenzionale di cui era titolare il medico potesse essere ripristinato in presenza di quella particolare situazione di legge, senza alcuna ulteriore valutazione. In ragione di tali considerazioni, si è concluso che, per la natura privatistica del rapporto, che vale a qualificare come posizione di diritto soggettivo il rapporto esistente tra il sanitario e l’Amministrazione (Cass., Sez. U, 15 maggio 1995, n. 5301), sussiste la giurisdizione dell’A.G.O. e il potere della stessa di disapplicare, ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, l’atto impugnato anche quando il sanitario intenda conseguire l’accertamento dell’illegittimità del mancato conferimento dell’incarico, in violazione del proprio diritto, ed ottenere il risarcimento del danno sofferto.

In applicazione dei principi così espressi, condivisi dal Collegio ed ai quali occorre dare continuità, il reinserimento a domanda ai sensi del d.l. n. 324 del 1993, non comporta l’inserimento nella graduatoria, bensì nell’elenco per l’attribuzione dell’incarico, nella stessa posizione rivestita in precedenza.

3. Con il terzo motivo del ricorso principale si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. civ. e dell’art. 10 dell’accordo collettivo nazionale del 2 febbraio 1996, nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in quanto era il dott. C. a dover dimostrare la disponibilità delle ore e non già l’Azienda a dover provare il diritto poziore del medico cui erano state attribuite le ore aggiuntive.

3.1. La censura, nei termini prospettati, si rivela infondata in quanto, tramite la stessa, l’Azienda continua ad assumere che il reinserimento nell’elenco del dott. C. risultasse comunque condizionato alla disponibilità di ore vacanti per ottenere l’incarico, con onere della prova a carico del medico, anche in riferimento alle ore aggiuntive riconosciute dalla Corte territoriale.

Viceversa, disattesa la tesi prospettata dall’Azienda, secondo quanto indicato in ordine al secondo motivo, risulta corretta l’impostazione seguita nella sentenza impugnata di richiedere per l’esonero da responsabilità per la mancata attribuzione delle ore aggiuntive che fosse l’Azienda a dimostrare il diritto poziore dell’altro medico rispetto al dott. C., il cui accertamento in fatto, peraltro, è precluso nella presente sede di legittimità.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale si censura la violazione dell’art. 2943 cod. civ., in tema di interruzione della prescrizione, sul rilievo che il precedente giudizio definito con la sentenza del Tribunale di Palermo n. 4444 del 2009, inteso al reinserimento del dott. C. nell’elenco ai fini dell’attribuzione dell’incarico specialistico ambulatoriale, abbia comportato anche l’interruzione della domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno, come conseguenza diretta.

4.1. La censura è infondata.

In punto di fatto, la Corte di merito ha espressamente ritenuto che la domanda risarcitoria non fosse ricompresa, neppure implicitamente, nel precedente giudizio.

In diritto, questa Corte ha affermato che la proposizione della domanda giudiziale ha efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi degli artt. 2943 e 2945 cod. civ., con riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino con stretto nesso di causalità al rapporto cui essa inerisce (Cass., Sez. 3, 15/07/2011, n. 15669, che, in relazione alla proposizione di una domanda di adempimento in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto, ex art. 2932 cod. civ., ha ritenuto che la stessa non spiega efficacia interruttiva della prescrizione dell’autonoma azione volta ad ottenere la restituzione delle somme pagate in esecuzione del contratto preliminare poi dichiarato nullo), e si estende solo a quei fatti che siano conseguenti alla vicenda cui essa si riferisce, vale a dire che costituiscano il logico sviluppo di un dato presupposto necessario (Cass., Sez. 3, 20/12/2019, n. 34154, secondo cui la richiesta di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore non impedisce la prescrizione dell’autonomo diritto all’indennità di occupazione dell’immobile, per essere quest’ultimo fondato non sullo scioglimento del rapporto per inadempimento, ma sulla circostanza che il medesimo conduttore, cessato il titolo, continui a trattenere il bene locato ritardandone la dovuta restituzione).

In applicazione di tali principi, nel caso di specie, in cui si deduce che con la richiesta di adempimento sarebbe stato interrotto anche il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento, non è ravvisabile né lo stretto nesso di causalità, nei termini sopra specificati, né il logico sviluppo del medesimo fatto, in quanto nel precedente giudizio il medico si è limitato ad agire per ottenere l’accertamento del diritto al reinserimento nell’elenco e solo successivamente, in relazione al perdurante inadempimento rispetto al decisum, avrebbe agito per far valere il diritto al risarcimento, nel mentre, parzialmente prescritto, come dichiarato dalla Corte d’appello.

5. Vanno, quindi, respinti sia il ricorso principale che l’incidentale e la reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale delle spese di lite fra le parti.

6. Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. U., 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del giudizio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente principale e di quella ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e quello incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Reinserimento nell’elenco dei medici convenzionati
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