Se le comunicazioni digitali garantiscono la certezza della conoscibilità della volontà datoriale, il recesso è valido e legittimo.
Nota a Trib. Catania 27 maggio 2025, n. 2261
Fabrizio Girolami
Il licenziamento inviato dal datore al lavoratore attraverso strumenti di comunicazione digitali (WhatsApp o e-mail) è valido e legittimo, essendo soddisfatto il requisito della forma scritta, qualora i predetti strumenti di comunicazione garantiscano la certezza della conoscibilità della volontà del datore di lavoro di procedere all’estinzione del rapporto.
Lo ha affermato il Tribunale di Catania con la sentenza n. 2261 del 27.5.2025 (R.G. n. 9092/2024), di notevole interesse operativo nell’ambito della delicata questione della validità del licenziamento comunicato tramite strumenti tecnologici (sul tema, si veda tra gli altri, la nota di G. I. VIGLIOTTI a Cass. 12.12.2017, n. 29753, in q. sito).
Nel caso di specie, un lavoratore, assunto a tempo indeterminato, aveva impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sostenendone l’inefficacia per mancanza di forma scritta, con conseguente richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro.
Secondo la tesi del ricorrente, il licenziamento sarebbe avvenuto in forma orale (in violazione dell’art. 2, co. 1, L. n. 604/1966, secondo cui il datore “deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro”), con conseguente inefficacia dell’atto espulsivo e diritto alla reintegrazione.
Il lavoratore aveva esposto che – solamente a seguito della consultazione del programma turni del mese di maggio (dal quale risultava assente il proprio nominativo) – avrebbe appreso la notizia del licenziamento. Il datore ha contestato le ragioni del ricorrente, formulando domanda riconvenzionale.
Il Tribunale di Catania ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del recesso datoriale, osservando quanto segue:
- dall’istruttoria non è emersa prova del “tentativo di consegna della lettera di licenziamento”; tuttavia, nel corso di una riunione tenutasi nel mese di marzo 2024, il lavoratore era stato previamente informato che “sarebbe stato licenziato” e che avrebbe potuto lavorare “nel mese di preavviso”, corrispondente al mese di aprile 2024. In tale circostanza, secondo le dichiarazioni testimoniali, era concordato tra le parti di sottoscrivere i documenti sul licenziamento “in un momento successivo”. Tuttavia, il lavoratore, nonostante reiterati solleciti, non si era recato sul posto di lavoro “per sottoscrivere i documenti del caso”;
- successivamente, in data 16.4.2024, il datore aveva inviato al lavoratore un messaggio WhatsApp, invitandolo a “sottoscrivere il preavviso”; inoltre, in data 15.5.2024, a seguito di ulteriori richieste telefoniche, il datore aveva inviato una e-mail (per il tramite della segreteria), della cui ricezione il dipendente aveva dato conferma, in cui veniva dato atto che lo stesso era stato “licenziato in data 30 aprile 2024”. Avendo avuto notizia del licenziamento e dovendo presentare domanda per l’assegno sociale per l’impiego, nella stessa data il lavoratore aveva richiesto e ottenuto copia del modello UNILAV (inviato al Centro per l’impiego competente), contenente la comunicazione della cessazione del rapporto (risolto a seguito di licenziamento per giustificato motivo oggettivo), con decorrenza dal 30 aprile 2024;
- pertanto, con le comunicazioni digitali del 16 aprile e (ove non ritenuta sufficiente) del 15 maggio 2024, il datore di lavoro ha correttamente provveduto a comunicare, anche attraverso la forma scritta, il licenziamento, con conseguente esclusione “della tesi del licenziamento orale prospettata dal lavoratore”. Ne consegue che deve escludersi il diritto alla reintegra nel posto di lavoro, non potendo la fattispecie in esame essere inquadrata nella figura del “licenziamento orale”, ferma restando “l’inefficacia di ogni comunicazione orale di licenziamento – e dunque la persistenza del rapporto – fino alla comunicazione scritta”.
Sentenza
TRIBUNALE DI CATANIA 27 maggio 2025, n. 2261
Motivi della decisione
I
Con l’odierno ricorso parte ricorrente, assunta a tempo indeterminato con decorrenza dal 1.6.2023 (a seguito della trasformazione del pregresso rapporto a tempo determinato), agisce avverso il licenziamento irrogato dal datore di lavoro, con decorrenza dal 30.4.2024, deducendo, nella sostanza, un unico ed assorbente motivo: la mancanza di forma scritta dell’atto di recesso, e dunque la sua nullità. La controparte si è costituita, contestando le ragioni dedotte e formulando domanda riconvenzionale.
Tutti gli atti di causa possono ritenersi richiamati per relationem, apparendone sovrabbondante la loro riproposizione nella presente sede, ancorché in forma sintetica, anche in considerazione del carattere della controversia ed atteso quanto prevede l’art. 132 c.p.c., come modificato dalla l. 18 giugno 2009 n. 69.
II
Nel merito, va evidenziato quanto segue.
Dall’istruttoria non è emersa prova del tentativo di consegna della lettera di licenziamento, e dunque del rifiuto a riceverla da parte del lavoratore. E’ però emersa la prova – non rilevante ai fini della dimostrazione del rispetto degli oneri formali richiesti per il licenziamento, ma del contegno assunto dal ricorrente – di una riunione tenutasi nel mese di marzo 2024, ove egli veniva previamente informato che sarebbe stato licenziato e che avrebbe potuto lavorare nel mese di preavviso, corrente nel mese di aprile 2024.
È emersa anche la circostanza che i toni erano così distesi tra le parti che “…si concordò di sottoscrivere i documenti sul licenziamento in momento successivo” (teste (…) (…)), circostanza che poi non si verificava perché, nonostante più volte chiamato, il ricorrente non si recava sul posto di lavoro per sottoscrivere i documenti del caso.
Dalla corrispondenza intercorsa con i responsabili aziendali ed il ricorrente, si trae prova che già in data 16 aprile 2024 – dunque nel periodo di preavviso – il ricorrente veniva invitato a firmare “il preavviso” (doc. 4, fasc. convenuta), dunque l’atto di licenziamento, ben comprendendo lo stesso ricorrente cosa volesse significare tale sollecito, rispondendo ad esso “non c ‘è più lavoro per me?” (doc 4, cit.).
Che il ricorrente non sapesse nulla del licenziamento, fino alla riferita visione dell’omesso inserimento del suo nominativo nel programma di lavoro del mese di maggio, appare pertanto confutato dalle prove emerse, e dimostrazione di un comportamento strumentale dello stesso ricorrente o comunque dell’erronea rappresentazione dei fatti offerta in ricorso.
Ciò posto, va evidenziato che la tesi del licenziamento orale prospettata dallo stesso ricorrente non è neppure corretta sul piano fattuale e va respinta con le precisazioni che seguono.
Innanzitutto, viene in rilievo il messaggio wathsapp proveniente dall’organizzazione aziendale il 16 aprile (doc. 5), con il quale si invitava lo stesso a sottoscrivere “il preavviso”, e dunque lo si notiziava per iscritto, per mezzo di un documento informatico, del recesso.
In secondo luogo, risulta quanto riferito dallo stesso ricorrente, e cioè che “…in data 15 maggio 2024, sempre in seguito ad ulteriori richieste telefoniche, gli veniva comunicato, con una e mail inviata dalla segretaria della ditta (…) di essere stato licenziato in data 30 aprile 2024” e che “Appreso del licenziamento e dovendo avanzare domanda per l’assegno sociale per l’impiego, sempre in data 15 maggio 2024 richiedeva ed otteneva dalla (…) del modello UNILAV inviato dal datore di lavoro al Centro per l’impiego e contenente la comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro. 7) Da tale documento emerge che il rapporto di lavoro si sarebbe risolto in data 30 aprile 2024 a seguito di “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” (così il ricorso ai punti 5, 6, 7).
Si può pertanto ritenere che, con le comunicazioni del 16 aprile e (ove non ritenuta sufficiente) del 15 maggio successivo, il datore di lavoro abbia comunicato anche per iscritto il licenziamento, non costituendo oggetto del presente giudizio la legittimità di tali forme di comunicazione che non sono state espressamente impugnate (né, su di esse, sono stati dedotti specifici motivi), che comunque escludono la tesi del licenziamento orale puro e semplice, quale quella prospettata in ricorso, potendosi porre semmai un problema di decorrenza dell’efficacia del licenziamento, relativamente alla comunicazione mail del 15 maggio, sempre ove non si ritenesse idonea quella del 16 aprile precedente, ovvero del periodo di preavviso.
Neppure risulta contestata la sussistenza del giustificato motivo oggettivo, motivazione desumibile dal modello unilav inoltrato al lavoratore dall’azienda il 15 maggio 2024.
Ciò posto, non appare possibile riconoscere il diritto alla reintegra nel posto di lavoro, non potendo in verità, la presente fattispecie, inquadrarsi nella figura del licenziamento orale, ferma restando l’inefficacia di ogni comunicazione orale di licenziamento – e dunque la persistenza del rapporto – fino alla comunicazione scritta. Va poi soggiunto che il lavoratore, per sua stessa allegazione, offriva le energie lavorative solo in data 18 giugno 2024, dopo più di un mese dalla comunicazione scritta del licenziamento sicché, sotto il profilo squisitamente risarcitorio, l’atto di messa in mora non appare rilevante ed utile.
Le domande oggetto di ricorso vanno pertanto rigettate, fermi restando eventuali crediti in favore del lavoratore, da accertarsi in separata sede, in quanto non rientranti nell’oggetto del giudizio e non oggetto della presente statuizione.
Per quanto concerne le domande riconvenzionali proposte, visto l’art. 441 bis, c.p.c., occorre procedere alla loro separazione, come da separato provvedimento.
Le spese del presente giudizio, per quanto non oggetto di separazione, possono essere compensate, tenuto conto della particolarità del caso.
P.Q.M.
Il Tribunale di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, disattesa ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, nel procedimento in epigrafe indicato, così statuisce:
DISPONE la separazione dal presente procedimento delle domande riconvenzionali proposte da parte convenuta, come da separata ordinanza;
RIGETTA il ricorso;
COMPENSA le spese processuali.

