Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 ottobre 2019, n. 27911

Rapporto di lavoro, Impugnativa del trasferimento,
Notificazione

 

Rilevato che

 

1. la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 12
marzo 2015, ha dichiarato ex officio l’improcedibilità dell’appello proposto da
G.R. avverso la sentenza di primo grado di rigetto dell’impugnativa del
trasferimento disposto dalla datrice di lavoro S. s.p.a.;

2. la Corte ha rilevato che la notificazione
dell’impugnazione era stata indirizzata al procuratore domiciliatario della
società appellata “in luogo non avente più alcun collegamento con il
domiciliatario medesimo”, perché nel frattempo trasferitosi; che era onere
del notificante verificare l’attualità del domicilio del procuratore destinatario
“anche mediante l’agevole consultazione telematica dell’albo dell’ordine
forense di Roma, prima di procedere alla notificazione”; che, qualificata
la notificazione “come giuridicamente inesistente e non sanabile”,
“la possibilità di ottenere termine per rinnovarla era strettamente
condizionata alla dimostrazione di una causa non imputabile, dimostrazione del
tutto mancata”, per cui non era possibile accogliere l’istanza, formulata
all’udienza di discussione dall’avvocato del R., di ottenimento di un nuovo termine
per rinnovare la notifica nei confronti della controparte non costituita;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto
ricorso G.R. con unico articolato motivo, cui ha resistito la società con
controricorso;

4. il Procuratore Generale ha concluso per iscritto,
chiedendo il rigetto del ricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie;

 

Considerato che

 

1. con il motivo di ricorso si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 291 e 421 c.p.c., anche quale error in procedendo, per
erronea dichiarazione di improcedibilità dell’appello sul presupposto
dell’inesistenza giuridica della notificazione dell’atto di appello presso il
domicilio eletto dal difensore della società datrice nel giudizio di primo
grado, dal quale risultato trasferito, invece integrante una nullità sanabile;
si argomenta che nel rito del lavoro la pendenza del giudizio è determinata con
il deposito dell’atto introduttivo e non con la sua notificazione, a differenza
che nel rito civile ordinario; si deduce che il procedimento notificatorio,
nella specie, era riattivabile per richiesta fattane all’udienza di
discussione, tenuto altresì conto della non imputabilità dell’esito negativo,
anche per induzione in errore dall’assenza di variazione del domicilio sul sito
dell’avv. G.P., previamente consultato;

2. il ricorso non è meritevole di accoglimento;

secondo la giurisprudenza di questa Corte la
notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”, che
abbia avuto esito negativo perché il procuratore si sia successivamente
trasferito altrove, non ha alcun effetto giuridico, dovendo essere effettuata
al domicilio reale del procuratore (quale risulta dall’albo, ovvero dagli atti
processuali) anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento
alla controparte, poiché il dato di riferimento personale prevale su quello
topografico, e non sussiste alcun onere del procuratore di provvedere alla
comunicazione del cambio di indirizzo, tale onere essendo previsto, infatti,
per il domicilio eletto autonomamente, mentre l’elezione operata dalla parte
presso lo studio del procuratore ha solo la funzione di indicare la sede dello
studio del procuratore, sicché costituisce onere del notificante l’effettuazione
di apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione; siffatto
onere non si pone affatto in contrasto con gli artt.
3 e 24 della Costituzione, potendo essere
svolta agevolmente l’attività di ricerca posta a carico della parte, sicché non
è configurabile alcuna lesione del canone della ragionevolezza né alcuna
limitazione del diritto di difesa (da ultimo: Cass. n. 14083 del 2017; tra le
altre conf. Cass. n. 14033 del 2005; Cass. n. 8287 e n. 18003 del 2002);

allorquando il procedimento notificatorio non si
concluda con la consegna dell’atto da notificare al destinatario, la notifica
non solo è nulla, ma del tutto inesistente ed in relazione ad essa non si rende
applicabile la disposizione di cui all’art. 291
c.p.c., comma 1, secondo la quale la rinnovazione della notifica nulla
impedisce ogni decadenza e, quindi, ulteriormente dall’impossibilità di
disporne la rinnovazione deriva l’inammissibilità dell’impugnazione non
riproposta nel termine utile per impugnare e la costituzione del convenuto non
dà luogo a sanatoria ex tunc, ma solo ex nunc, ne consegue pertanto che la
questione della conoscenza o della conoscibilità del reale recapito del procuratore
spiega rilevanza in ordine alle modalità con le quali la notificazione stessa
deve essere nuovamente richiesta dall’impugnante, ma non tocca la necessità che
l’adempimento delle formalità incombenti sul medesimo avvengano entro la
scadenza del termine perentorio fissato per l’impugnazione restando a carico
dell’istante il rischio che le nuove modalità di notificazione non consentano
di rispettare detto termine (Cass. n. 14039 del 2009);

infatti i termini per l’impugnazione delle sentenze,
qualificati come perentori dall’art. 326 c.p.c.,
si inquadrano nell’istituto generale della decadenza, e pertanto decorrono per
il solo fatto oggettivo del trascorrere del tempo, senza alcuna possibilità di
proroga, sospensione o interruzione se non nei casi eccezionali tassativamente
previsti dalla legge; ne consegue che decorrono durante il tempo necessario per
le ricerche del nuovo recapito del procuratore destinatario, restando a carico
dell’istante il rischio di decadenza per mancato rispetto del termine stesso
(Cass., n. 17402 del 6.12.2002; Cass. n. 13524 del 2003; conf. Cass. n. 1010
del 2003) pertanto, al momento in cui si è tenuta la prefissata udienza di
discussione dell’appello ben poteva la Corte territoriale considerare la notificazione
dell’impugnazione da parte del R. giuridicamente omessa, per cui ha
correttamente applicato il principio sancito da Cass. SS.UU. n. 20604 del 2008
secondo cui, nel rito del lavoro, l’appello, pur tempestivamente proposto nel
termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso
depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non
essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente
orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del
processo “ex” art. 111, co. 2 Cost. –
al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c.,
all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a
norma dell’art. 291 c.p.c. (tra le molte conf.
successive v. Cass. n. 6159 del 2018);

peraltro competeva alla Corte di Appello valutare
che la notifica dell’atto processuale non fosse andata a buon fine per ragioni
non imputabili al notificante, in quanto questi, appreso dell’esito negativo,
per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria avrebbe dovuto
riattivare il processo notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto,
tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere
l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori
conseguentemente necessarie (cfr. Cass. SS.UU. n. 14594 del 2016; Cass. n.
16943 del 2018);

valutazione che è stata espressamente effettuata
nella sentenza impugnata, la quale ha escluso che nella specie l’appellante
abbia dato qualsiasi “dimostrazione di una causa non imputabile”, con
un apprezzamento che, evidentemente, non può essere messo in discussione in
questa sede di legittimità;

3. conclusivamente il ricorso va respinto, con spese
che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti
di cui all’art. 13, co. 1 quater,
d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese liquidate in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per
esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

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