Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 novembre 2019, n. 28747

Appalto, Mancata corresponsione della retribuzione,
Responsabilità della società committente, Accertamento

Fatto

Con sentenza del 16 giugno 2016, la Corte d’appello
di Firenze condannava Q. (incorporante, a seguito di fusione, S.A.F.I.) s.p.a.
al pagamento, in favore di C.G. e quale responsabile, a norma degli artt. 29, secondo comma d.Ig.
276/2003 e 1676 c.c., in quanto committente
di lavori (di costruzione e di gestione di un impianto di compostaggio presso
cui conferiva alcune tipologie di rifiuti) alla sua datrice P. I. s.p.a.
(fallita nel corso del giudizio di primo grado, nel quale era stata convenuta
ma nei cui confronti il lavoratore aveva rinunciato alla domanda), della somma
di € 27.842,70 (al lordo delle ritenute fiscali e al netto delle previdenziali)
oltre accessori di legge, per retribuzioni da questa non corrispostegli da
dicembre 2008 a maggio 2009: così riformando la sentenza di primo grado, che ne
aveva invece rigettato la domanda e dichiarato cessata la materia del
contendere tra C. G. e la datrice fallita.

A motivo della decisione, la Corte territoriale
riteneva la responsabilità della società committente, ai sensi dell’art. 29, secondo comma d.Ig. 276/2003,
in quanto norma non eccezionale (ed in ogni caso avendo qualificato la
convenzione tra le due società alla stregua non già di concessione di un
pubblico servizio, in difetto di trasferimento dell’onere di gestione all’utente,
ma di appalto), neppure risultandone preclusa l’applicazione (esclusa per le
P.A. committenti) in assenza di prova della sua natura di società in house.

Infine, nella vigenza della convenzione tra Q.
s.p.a. e P. I. s.p.a. (siccome annullata in sede arbitrale la sua risoluzione
ad opera della prima nell’agosto 2008) e pertanto per l’intero periodo di
mancate retribuzioni rivendicato dal lavoratore, essa ne liquidava la pretesa
nella documentata misura suindicata, previa detrazione dallo stesso G. di
quanto ricevuto dal Fondo di Garanzia presso l’Inps, per T.f.r. e ultime tre
mensilità otre accessori, a seguito della sua insinuazione allo stato passivo
del Fallimento.

Con atto notificato il 14 agosto 2015, la società,
ora A. Servizi Ambientali s.p.a., ricorreva per cassazione con quattro motivi,
cui il lavoratore resisteva con controricorso; entrambe le parti comunicavano
memoria ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c.; la
causa, inizialmente fissata in adunanza camerale era rinviata a nuovo ruolo, in
difetto dei presupposti e quindi rifissata all’odierna pubblica udienza.

Entrambe le parti depositavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 29, secondo comma d.Ig.
276/2003 e 11 disp. prel. c.c., per
inapplicabilità della prima norma denunciata ratione temporis, in quanto non
ancora in vigore all’atto della stipulazione (nell’anno 1999) della convenzione
tra S.A.F.I. s.p.a. e P.I. s.p.a., siccome fatto generatore del regime di
responsabilità solidale in questione, nell’irrilevanza per tutto il suo periodo
di applicazione della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato,
erroneamente valorizzata dalla Corte fiorentina.

2. Con il secondo, essa deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 29,
secondo comma d.Ig. 276/2003, 12 e 14 disp. prel. c.c., per illegittima
interpretazione della Corte territoriale, in via analogica, di una norma
eccezionale rigorosamente stabilita per le ipotesi di appalto e non di
concessione di un pubblico servizio, come invece correttamente qualificabile la
convenzione tra le parti, per i suoi caratteri (distintivi dal modello
dell’appalto) di assunzione del rischio concreto dell’operazione (di costruzione
e di gestione di un impianto di compostaggio) da parte di P. I. s.p.a. e di
mantenimento dal concedente di poteri pubblicistici di vigilanza e controllo.

3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 29,
secondo comma d.Ig. 276/2003, 9,
primo comma d.l. 76/2013 conv. con mod. in I.
99/2013, 115 c.p.c., 2697 c.c., per inapplicabilità della normativa
alle pubbliche amministrazioni e così pure alle società pubbliche, quale Q. (e
prima S.A.F.I.) s.p.a. in quanto società in house, secondo la definizione
contenuta nell’art. 3 dlg. 163/2006
(Codice degli appalti pubblici) e la documentazione versata in atti.

4. Con il quarto, essa deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 29,
secondo comma dlg. 276/2003, 4
e 5 d.p.r. 207/2010, per l’utilizzabilità dei soli speciali strumenti di
tutela previsti dal Codice degli appalti da parte del personale dipendente
dell’esecutore o del subappaltatore di lavori, servizi e forniture regolati da
contratti pubblici di appalto, indistintamente riguardante anche i contratti di
concessione.

5. Per ragioni di assorbente rilievo pregiudiziale,
occorre avviare l’esame dal secondo motivo, relativo a violazione e falsa
applicazione delle norme suindicate per qualificazione della convenzione in
oggetto come appalto piuttosto che concessione di un pubblico servizio.

5.1. Esso è fondato.

5.2. Questa Corte, con un recente arresto, in ordine
alla medesima fattispecie prospettata esattamente in termini (Cass. 23 maggio
2019, n. 14051) ha ritenuto la necessità di un più approfondito e specifico
esame della convenzione tra le parti in fatto, per il particolare rilievo delle
condizioni del contratto stipulato e del rapporto instaurato al fine di
verificare la qualità e la rispondenza all’identità della forma contrattuale
scelta, posta l’attribuzione con esso da una società, sia pure di natura
privata, di un servizio di pubblico interesse (quale la costruzione e gestione
di un impianto di compostaggio, inserito nella filiera dello smaltimento dei
rifiuti della Provincia di Firenze). Sicché, la necessità dell’accertamento in
fatto delle caratteristiche del contratto assume rilievo assoluto rispetto al
sindacato del giudice di legittimità sulla reale volontà delle parti e
soprattutto sull’effettiva corrispondenza della stessa con il modello
contrattuale adottato, al fine di escludere in concreto eventuali modalità
elusive di tutele ordinamentali.

E ciò è consentito, considerato che, in tema di
interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica
consta di due fasi: la prima, consistente nella ricerca e nella individuazione
della comune volontà dei contraenti, è un tipico accertamento di fatto riservato
al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di
motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.; la seconda invece,
concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale
corrispondente, risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche, può formare
oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene
alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto
riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati,
sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali
conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo
(Cass. 5 dicembre 2017, n. 29111).

5.3. Le medesime ragioni impongono analoga soluzione
anche nella presente controversia, nella quale pure la Corte territoriale ha
sostanzialmente omesso un tale esame in fatto (come si evince dal secondo e
terzo capoverso di pg. 4 della sentenza). E con il richiamo della stessa
indicazione al giudice di rinvio: di uno scrutinio che riguardi anche la
circostanza che la concessione sia avvenuta tra soggetti privati, integrando
un’eventuale subconcessione, con necessità di valutarne il quadro di
riferimento (la concessione principale) e la rispondenza ad esso ovvero ad
altra ipotesi contrattuale, anche in considerazione della vicinanza fattuale
con altre figure contrattuali quali il subappalto o la subfornitura; con la possibilità
per il giudice del rinvio, all’esito di siffatta analisi basata su un’indagine
concreta degli elementi di fatto caratterizzanti la fattispecie in esame, di
una ponderata qualificazione della tipologia contrattuale e delle conseguenze
anche in termini di tutele riconoscibili.

6. Dalle superiori argomentazioni, in accoglimento
del mezzo scrutinato e con assorbimento degli altri, discende la cassazione
della sentenza, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per la
regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Firenze in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri;
cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la
regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Firenze in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 novembre 2019, n. 28747
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