Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 dicembre 2019, n. 31395

Licenziamento di natura ritorsiva, Uso del mezzo della
stampa, intrinsicamente idoneo a ledere l’immagine del datore di lavoro,
Rispetto della c.d. continenza sostanziale della manifestazione di critica,
Dilatazione del diritto di critica, Non sussiste, Sostanziale veridicità
della dichiarazione

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 548 depositata il 20.12.2017, la
Corte d’appello di Genova, in riforma della decisione del Tribunale di Imperia,
dichiarava la nullità del licenziamento intimato il 19.11.2015 dalla società T.
s.r.l. ad A.S., dipendente adibito a mansioni di operatore ecologico presso il
cantiere di Camporosso e rivestito della carica di delegato sindacale, ed ha
condannato la società alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al pagamento
del conseguente risarcimento del danno.

2. La Corte territoriale rinveniva la natura
ritorsiva del licenziamento intimato al dipendente che aveva rilasciato una
dichiarazione al quotidiano La Stampa il 2.11.2013 relativa allo spostamento di
un collega di lavoro dal Comune di Camporoso ad altro Comune, rilevando il
rispetto della c.d. continenza sostanziale della manifestazione di critica (in
ordine ai fatti dichiarati: spostamento territoriale del collega, difficoltà
della raccolta di rifiuti “porta a porta”, condizioni dell’appalto
pubblico stipulato con il Comune di Camporosso circa il numero minimo di
operatori ecologici da adibire) nonché dell’ulteriore requisito della continenza
formale (non essendo stati utilizzati toni dispregiativi, volgari, denigratori,
polemici).

3. Per la cassazione della sentenza la società ha
proposto ricorso, affidato a tre motivi, illustrati da memoria, cui ha
resistito il lavoratore con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso la società
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
21 e 39 Cost., 115,
116 e 132
cod.proc.civ., 51 cod.pen., (in relazione
all ‘art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.)
avendo, la Corte distrettuale, accolto un’inaccettabile dilatazione del diritto
di critica, sotto il profilo del requisito della continenza formale, non avendo
attentamente valutato l’uso del mezzo della stampa, intrinsicamente idoneo a
ledere l’immagine del datore di lavoro.

2. Con il secondo motivo di ricorso la società
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 69 e 72 CCNL Società ed
imprese esercenti servizi ambientali (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) avendo,
la Corte distrettuale, tenuto in considerazione tali clausole collettive che
prevedevano il licenziamento senza preavviso per “mancanze relative a
doveri… di tate entità da non consentire la prosecuzione anche provvisoria
del rapporto di lavoro” ed essendo tenuto, il lavoratore, a “tenere
comportamenti improntati a responsabilità, collaborazione, buona fede,
correttezza ed educazione anche nei confronti degli utenti, anche ai fini del
buon nome dell’azienda;

… né svolgere attività contraria agli interessi
dell’azienda stessa”.

3. Con il terzo motivo di ricorso la società
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
1324, 1345, 1418
cod.civ. e 18, comma 1,
legge n. 300 del 1970 (in relazione all’art.
360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale
identificato la ritorsività del comportamento datoriale nell’atto di
licenziamento (ritenuto illegittimo) intimato al lavoratore.

4. Il primo ed il secondo motivo, che per ragioni di
stretta connessione possono affrontarsi congiuntamente, non sono fondati.

Preliminarmente, va rilevato che la Corte
distrettuale, riportando per esteso il contenuto delle dichiarazioni rilasciate
dal Serra al quotidiano La Stampa, ha accertato che tutte le circostanze
riferite erano corrispondenti al vero (spostamento territoriale di un collega
dal Comune di Camporosso al Comune di Dolceacqua, difficoltà della raccolta di
rifiuti “porta a porta”, condizioni dell’appalto pubblico stipulato
con il Comune di Camporosso e, in particolare, numero minimo di operatori
ecologici da adibire al Comune di Camporosso), con esclusione della circostanza
– del tutto marginale e trascurabile – dello svolgimento di lavoro
straordinario da parte degli operatori ecologici addetti al Comune di
Camporosso, ed ha, dunque, sottolineato la sostanziale veridicità della
dichiarazione, complessivamente tesa ad evidenziare la gravosità della
prestazione lavorativa nonché il fatto nuovo costituito dallo spostamento di un
collega; ha aggiunto che dette dichiarazioni non hanno effettivamente cagionato
un danno economico alla società e che nessuna reazione è stata adottata dal Comune
di Camporosso.

La Corte distrettuale, poi, esaminando le concrete
modalità di espressione del pensiero, ha ritenuto rispettato il limite della
continenza formale, non essendo stati adottati toni dispregiativi, volgari,
denigratori, polemici.

Preliminarmente, va rammentato che l’apprezzamento
in ordine al superamento dei limiti di continenza stabiliti per un esercizio
lecito della critica rivolta dal lavoratore al datore costituisce valutazione
di merito affidata ai giudici ai quali l’accertamento del fatto compete (v.
Cass. n. 21910/2018 con la giurisprudenza citata al punto 2.6.).

Ebbene, la Corte territoriale si è conformata al
consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l’esercizio del diritto di
critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro può essere
considerato comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che è alla
base del rapporto di lavoro, e costituire giusta causa di licenziamento, quando
avvenga con modalità tali che, superando i limiti della continenza formale, si
traduca in una condotta gravemente lesiva della reputazione, con violazione dei
doveri fondamentali alla base dell’ordinaria convivenza civile (cfr. fra le più
recenti Cass. nn.14527 e 18176 del 2018, Cass.
n. 5523 del 2016).

Per completezza si ricorda poi che nell’ipotesi di
critica espressa da lavoratore con funzioni di rappresentanza sindacale
all’interno dell’azienda si è sottolineato come il diritto di critica goda di
un’ulteriore copertura costituzionale costituita dall’art. 39 Cost. nel momento in cui l’espressione di
pensiero è finalizzata al perseguimento di un interesse collettivo, sicché si è
affermato che il lavoratore sindacalista è titolare di due distinti rapporti
con l’imprenditore: come lavoratore, in posizione subordinata con il datore di
lavoro, e come sindacalista, invece in una posizione parificata a quella della
controparte in virtù delle richiamate garanzie costituzionali (Cass. n. 11436
del 1995; Cass. n. 7091 del 2001; Cass. n. 19350 del 2003; Cass. n. 7471 del 2012; Cass. n. 18176 del 2018).

La critica manifestata dal lavoratore all’indirizzo
del datore di lavoro può, dunque, trasformarsi da esercizio lecito di un
diritto in una condotta astrattamente idonea a configurare un illecito
disciplinare, laddove superi i limiti posti a presidio della dignità della
persona umana, così come predeterminati dal diritto vivente, ossia i requisiti
della corrispondenza a verità dei fatti narrati (c.d. continenza sostanziale) e
delle modalità espressive che possano dirsi rispettose di canoni, generalmente
condivisi, di correttezza, misura e civile rispetto della dignità altrui (c.d.
continenza formale), anche considerando che le modalità espressive possono
assumere una valenza diversa a seconda che la manifestazione del pensiero sia
contenuta in un articolo di stampa o in un servizio televisivo, oppure in
un’opera letteraria o cinematografica, o in un pezzo di satira, ovvero se la
critica sia esercitata nell’ambito di un rapporto contrattuale di
collaborazione e fiducia che lega lavoratore e datore di lavoro.

Il giudice di merito ha accertato la ricorrenza dei
requisiti di pertinenza e continenza ed ha correttamente interpretato, in
diritto, detti criteri.

Non può ritenersi omessa, da parte della Corte, la
valutazione dell’uso di un mezzo di diffusione di massa quale il quotidiano La
Stampa, posto che la sentenza impugnata – dopo aver escluso la violazione dei
limiti al diritto di critica – ha altresì sottolineato che le dichiarazioni
rilasciate dal Serra al quotidiano non hanno provocato alcun danno alla società
né alcuna reazione da parte dell’ente territoriale appaltante del servizio di
raccolta dei rifiuti. Resta, dunque, confinata nell’ambito della mera petizione
di principio la censura del ricorrente circa la (astratta) potenzialità
offensiva dell’uso della stampa, non essendo stati dedotti fatti decisivi
suscettibili di determinare un esito diverso della controversia.

5. Il terzo motivo non è fondato.

Questa Corte ha affermato che, in tema di
licenziamento nullo perché ritorsivo, il motivo illecito addotto ex art. 1345 cod.civ. deve essere determinante, cioè
costituire l’unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il
motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro
giudiziale; ne consegue che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai
fini all’applicazione della tutela prevista dall’art. 18, comma 1, della legge n.
300 del 1970 novellato dalla legge n. 92 del
2012, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale
posta a fondamento del licenziamento (cfr. da ultimo Cass. n. 9468 del 2019).

La Corte territoriale si è conformata ai principi
enunciati, avendo rilevato che l’unico motivo che aveva giustificato il
licenziamento, ossia il rilascio di dichiarazioni ritenute gravissime, lesive e
foriere di danni per l’azienda, si era rilevato insussistente.

6. In conclusione, il ricorso va respinto e le spese
di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.

7. Sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato previsto dal d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il
ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro
200,00 per esborsi nonché in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre
spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il
ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13.

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