Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 dicembre 2019, n. 32071

Procedura selettiva, Assunzione lavoratori con contratto di
somministrazione di lavoro a tempo determinato, Esclusione, Risarcimento del
danno

Fatti di causa

 

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del
27.9.2012 ha rigettato le domande risarcitorie dai ricorrenti proposte nei
confronti della società A. Agenzia per il Lavoro s.p.a., volte al ristoro del
danno loro cagionato per non avere, quest’ultima, condotto la procedura selettiva
di cui era stata incaricata dalla Prefettura, finalizzata all’assunzione di 60
lavoratori con contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato ai
sensi del Dlgs 276/2003, conformemente ai
criteri disposti dall’art. 2 lettera b del capitolato che prevedeva come
“la scelta del candidato dovrà avvenire mediante procedura che assicuri il
massimo della oggettività e trasparenza” (i candidati selezionati erano
destinati agli Uffici giudiziari di primo grado di Lamezia, Palmi, Locri e
delle Procure della Repubblica DDA Catanzaro e Reggio Calabria, nel profilo
professionale ed economico ascrivibile all’area B2 del sistema di
classificazione del Comparto Ministeri).

2. In particolare, i ricorrenti si dolevano del fatto
la società A., che aveva pubblicato un annuncio su un sito internet cui gli
stessi avevano risposto, non li avesse convocati per la selezione e, nonostante
la successiva diffida, non li avesse assunti, senza giustificare la loro
esclusione.

3. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con
sentenza n. 216 del 2015 depositata il 26 febbraio del 2015, in riforma, per
quanto qui rileva, della pronuncia di primo grado, ha condannato A. Agenzia per
il Lavoro spa al pagamento in favore degli appellanti del risarcimento del
danno commisurato, per ciascuno di essi, all’80% della retribuzione parametrata
all’orario ordinario di un operatore B2 nel periodo in discussione 2010/2011,
per sette mensilità, oltre interessi e rivalutazione.

4. La Corte territoriale, sulla base delle
risultanze agli atti, ha infatti ritenuto che la indicazione contenuta nel
capitolato, che imponeva per la scelta dei candidati il massimo della
oggettività e trasparenza costituisse un vincolo per la società, che -in
concreto- la privasse del potere di procedere in base a criteri discrezionali
alla selezione del personale, essendosi impegnata a definire dei criteri
obiettivi ossia verificabili dall’esterno e a dare contezza (mediante adeguata
e congrua motivazione) delle proprie scelte.

La Corte di appello ha accolto la originaria domanda
di risarcimento sul rilievo che tali obblighi fossero invocabili non solo dalle
parti del contratto, ma anche da terzi, e che non fossero stati adempiuti dalla
Agenzia, che non aveva comunicato ai controricorrenti le ragioni della loro
esclusione dalla procedura selettiva.

Richiamati gli orientamenti di legittimità che, sia
pure in diverso contesto, ossia nell’ambito delle procedure di selezione
funzionali alla progressione in carriera, valorizzano i concetti di obbiettività
e trasparenza, la corte territoriale è pervenuta alla individuazione del danno
risarcibile da perdita di chance, sulla base del tasso di probabilità che i
candidati avevano di risultare vincitori, qualora la selezione tra i
concorrenti si fosse svolta in modo corretto e trasparente, ritenendo tale
probabilità elevata, concreta ed effettiva e procedendo alla liquidazione sulla
base di una probabilità pari all’80%.

4. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per
cassazione la A. s.p.a., affidato a 3 motivi, cui hanno resistito con
controricorso gli interessati

6. Tutte le parti hanno depositato memoria, ai sensi
dell’art. 378 c.p.c..

 

Ragioni della decisione

 

1. Col primo motivo di ricorso la società ha
censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 5 c.p.c. per omesso fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti (art. 360, 1°
comma n. 5 cod.proc.civ.) e per motivazione inesistente.

Avrebbe prodotto un motivazione contraddittoria o,
quantomeno, perplessa e incomprensibile, sostanzialmente inesistente la corte
di appello confondendo due diverse fattispecie (contratto di appalto A. –
Prefettura e asserita offerta al pubblico A.-ricorrenti per fondare il diritto
dei candidati al risarcimento del danno)

Avrebbe omesso di considerare la corte che nessuna
offerta al pubblico risultava formulata, ma una inserzione per richiesta di
personale, realizzata secondo le modalità in cui ordinariamente si esprimono le
Agenzie per il lavoro (regolate dal d Igs. 276/2003)

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente ha
dedotto la violazione degli articoli 1173, 1175, 1336, 1372, 2° comma e 1655
cod. civ. (art. 360, 1° comma, n. 3 cod. proc.
civ.) in cui sarebbe incorsa la corte.

In particolare, la corte territoriale, avrebbe
violato la norma di cui all’art. 1372, 2° comma
cod. civ. per cui il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei
casi previsti dalla legge, ritenendo che il contratto di appalto stipulato
dalla s.p.a. A. con la Prefettura di Reggio Calabria costituisse fonte di un
diritto soggettivo di credito per coloro (i candidati) che avevano risposto
all’annuncio di ricerca di personale; avrebbe errato la corte omettendo ogni
richiamo alle disposizioni di legge dalle quali avrebbe tratto la affermazione
per la quale i ricorrenti sarebbero creditori di una prestazione
“secondaria”.

Avrebbe errato la sentenza impugnata ritenendo che
il contratto di appalto stipulato dalla s.p.a. A. con la Prefettura di Reggio
Calabria costituisse fonte di un diritto soggettivo di credito per coloro (i
candidati) che avevano risposto all’annuncio di ricerca di personale, per
omessa pronuncia sugli effetti formatisi in base all’art.
416, comma 3, c.p.c., a fronte della mancata contestazione dell’eccezione
di carenza di legittimazione passiva; nonché per violazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione del regime di cui all’art. 416, comma 3, c.p.c..

Ancora, avrebbe errato la corte di appello,
condividendo con il giudice di prime cure l’inesistenza della fattispecie
“offerta al pubblico” e, tuttavia, contraddittoriamente, applicando
una disciplina che nelle espressioni usate non potrebbe trovare altra
giustificazione se non con richiamo all’art. 1336
cod. civ., (non potendo attribuirsi rilevanza verso terzi all’appalto),
senza alcuna motivazione.

3. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente ha
dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4
c.p.c., l’omessa motivazione oltre che la violazione degli artt. 112 e 132, 1°
comma, n. 4 cod. proc. civ. nonché degli artt.
1336, 1372, 2° comma e 1655 cod. civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4 del cod. proc. civ.,
poiché nella motivazione della sentenza non si ravviserebbero le ragioni di
fatto e di diritto della decisione (art. 132, 1°
comma, n. 4 cod. proc. civ.); in particolare, avrebbe errato la corte
fondando la condanna su un inadempimento di A. S.p.a. relativo ad una clausola
del contratto di appalto stipulato dalla stessa con la stazione appaltante e,
pur escludendo che l’annuncio pubblicato da A. S.p.a. costituisse una offerta
al pubblico, applicando, di fatto e contraddittoriamente, l’art. 1336 cod. civ., per farne derivare per A.
S.p.a. l’obbligazione di dar corso alla procedura di selezione.Avrebbe errato,
altresì, la corte, per giustificare la condanna, ad operare il riferimento alla
nozione di “prestazione secondaria”, alla quale sarebbe stata tenuta
A. S.p.a., in forza del contratto, incorrendo nell’ipotesi di nullità per
violazione dell’art. 132, primo comma n. 4 cod.
proc. civ. e,. 112 cod. proc. civ. (per non
aver pronunciato sulle eccezioni della resistente)

4. Il secondo e il terzo motivo, con i quali
sostanzialmente ci si duole della violazione dell’art.
1372 c.c. sono per tale profilo, fondati.

Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che a
fondamento del diritto al risarcimento del danno i giudici di appello hanno
posto il contratto di appalto e la violazione dei suoi obblighi che, secondo la
corte, assumerebbe rilevanza verso i terzi (ed infatti la corte esclude che
effetti possano derivare dalla invitatio ad offerendum consistente nella
pubblicazione dell’inserzione, ritenuta priva dei requisiti necessari per
costituire una offerta al pubblico).

E’ pacifico, tuttavia, che quel contratto fu
stipulato tra i soggetti diversi dagli odierni controricorrenti, e che rispetto
ad esso i controricorrenti risultano terzi, non avendo alcun titolo per
invocarne le clausole.

Del resto, come emerge dalla lettura degli atti
introduttivi del giudizio (riportato dalla ricorrente in adempimento dell’onere
di specificità dei motivi di ricorso) la causa petendi della domanda
risarcitoria, proposta dagli aspiranti lavoratori risultava fondata proprio sul
contratto di appalto (cfr. pag. 16 del ricorso introduttivo).

Ne discende allora, che erroneamente la sentenza,
conformemente alla prospettazione dei ricorrenti, ha ravvisato la fonte
dell’obbligo risarcitorio nel contratto di appalto (come si evince dalla
lettura della sentenza, pag. 8 ove si predica la possibilità dei candidati di
fare valere l’obbligo assunto in sede di aggiudicazione) che, risultando
stipulato tra soggetti diversi, non poteva essere invocato dai
controricorrenti, ai sensi dell’art. 1372 c.c.,
in forza del quale il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei
casi previsti dalla legge (Cassazione civile sez. II, 15/06/1991, n.6775 ).

5. Risulta inammissibile invece il primo motivo di
ricorso, con il quale la ricorrente si duole dell’omesso esame di fatto
decisivo, senza però chiaramente indicare i termini dell’omissione e finendo,
anche letteralmente (cfr. pag. 60 ricorso) per denunciare una motivazione
“contraddittoria, perplessa, incomprensibile, sostanzialmente
inesistente”.

Poiché la sentenza della Corte territoriale risulta
depositata in data 26 febbraio 2015, si applica il punto n. 5) dell’art. 360, co. 1, c.p.c., nella versione di testo
introdotta dall’art. 54, co. 1,
lett. b), d.l. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni in I. n. 134 del 2012, la quale consente il ricorso
per cassazione solo per “per omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. n.
8054 del 2014) hanno espresso su tale norma i seguenti principi di diritto: a)
la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici
dettati dall’art. 12 disp. prel. cod. civ.,
come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede
di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciatale in
sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé,
come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le
risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del
difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi
sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione
apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”,
nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; b)
il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne
l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che
se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); c)
l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame
di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque
preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di
tutte le risultanze istruttorie; d) la parte ricorrente dovrà indicare – nel
rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt.
366, primo comma, n. 6), c. p. c. e 369,
secondo comma, n. 4), c. p. c. – il “fatto storico”, il cui esame
sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne
risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro
processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la
“decisività” del fatto stesso.

Il motivo in esame risulta sicuramente inadeguato
rispetto all’osservanza di tali enunciati, peraltro non individuando in maniera
chiara i fatti ritenuti decisivi, che avrebbero determinato, un esito del
giudizio diverso. Pertanto la censura si palesa inammissibile

6. Per tutte le considerarsi finora svolte, devono
trovare accoglimento le censure oggetto del secondo e del terzo motivo di
ricorso, con rigetto dei residui motivi e censure. La sentenza impugnata va
pertanto cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro che procederà a
nuovo giudizio, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di
legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso,
inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, cui demanda di provvedere
anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 dicembre 2019, n. 32071
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