Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3915

Cartelle esattoriali, Gestione commercianti, Inps,
Pagamento di contributi, Dichiarazioni raccolte dai funzionari verbalizzanti,
Abitualità e prevalenza

Rilevato che

 

La Corte di appello di Milano confermava la
decisione del giudice di prima istanza che aveva accolto l’opposizione proposta
da L.F. avverso le cartelle esattoriali con le quali l’I.N.P.S. aveva richiesto
il pagamento di contributi relativi alla gestione commercianti asseritamente
dovuti nel periodo 2004-2009.

Nel pervenire a tali conclusioni la Corte di merito
osservava come, per affermare l’obbligo contributivo, non erano sufficienti le
dichiarazioni rese dalla F. in occasione dell’accesso ispettivo, con le quali
la stessa aveva genericamente riferito di occuparsi “di sviluppo di
contatti con nuove aziende”. Deduceva inoltre che, in base alle ulteriori
dichiarazioni raccolte dai funzionari verbalizzanti, era emerso che la F. era
presente con abitualità in agenzia ma, data la presenza di quattro dipendenti
amministrativi stabili, non poteva per ciò solo ritenersi stabilmente inserita
nel ciclo operativo gestionale aziendale con attività connotata da abitualità e
prevalenza.

La Corte di merito, al riguardo e da ultimo, chiariva
che la presenza in agenzia della appellata era finalizzata alla ricerca di
clienti nuovi in un’ottica di politica aziendale generale, in quanto socia e
amministratrice della società.

Di tale sentenza l’Inps chiede la cassazione
affidando l’impugnazione ad unico motivo di ricorso, cui ha opposto difese la
parte intimata.

 

Considerato che

 

1. Con unico motivo viene dedotta violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, commi
203 e 208 della legge n. 662 del 1996, così come interpretato dall’art. 12, comma 11, del d.l. n.
78/2010, conv. in legge n. 122/2010 in
relazione all’art. 2697 cod. civ..

Si censurano gli approdi ai quali è pervenuta la
Corte distrettuale laddove ha affermato l’incompatibilità tra l’iscrizione alla
gestione separata e l’iscrizione alla gestione commercianti, perché – ad avviso
del ricorrente – porrebbe in essere una inaccettabile commistione tra le
funzioni di amministrazione di una s.r.l. e l’attività dello stesso socio
lavoratore all’interno della società.

Si deduce che, attesa l’ampiezza della dizione usata
dal legislatore, (c. 203 art. 1
I. n. 662/96) il requisito della partecipazione personale al lavoro
aziendale con abitualità e prevalenza previsto ai fini dell’iscrizione alla
gestione commercianti non può essere individuato esclusivamente nella
prestazione lavorativa che si inserisce nel servizio prodotto dall’azienda, ma
anche in quella che afferisce a tutte quelle prestazioni di lavoro relative
alle attività connesse.

Si prospetta, quindi, un erroneo approccio
interpretativo alla richiamata disposizione (c. 203 art. 1 I. n. 662/96 novellata
dall’art. 12 c. 11 d.l. 31/5/2010
n.78) la quale, diversamente da quanto argomentato dai giudici del gravame,
non attiene alla questione relativa ad un giudizio “cd. endogeno di
prevalenza”, cioè dall’esigenza di individuare l’attività espletata in
misura preminente nell’ambito esclusivo delle attività assicurabili in diverse
gestioni speciali (commerciale, artigiana, o di coltivatore diretto) per le
quali viene in rilievo un solo reddito imponibile, bensì alla individuazione
degli obblighi contributivi che si configurano in relazione allo svolgimento di
una attività di lavoro autonomo affiancata ad una collaborazione come socio
lavoratore dell’impresa, così come statuito dalle sezioni unite nella decisione
n. 17076/2010.

2. Il motivo non è fondato.

Occorre premettere che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte (Cass. Sez. Un. 8 agosto 2011, n.17076),
“In caso di esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di
commercianti o artigiani ovvero di coltivatori diretti contemporaneamente
all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoriamente prevista
l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui all’art. 2, comma 26, legge n. 335 del
1995, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro
dell’attività prevalente, quale prevista dall’art. 1, comma 208, legge n. 662 del
1996” alla stregua della norma interpretativa di cui al D.L. 31 maggio 2010 n.78, art. 12,
comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1,
comma 1, (ritenuta conforme a Costituzione dalla sentenza
n. 15 del 2012 della Corte costituzionale).

Va inoltre puntualizzato che il presupposto per la
iscrizione alla gestione commercianti è che si eserciti effettivamente
l’attività commerciale e che quindi vi siano le condizioni cui la legge
subordina il relativo obbligo.

In tal senso deve rimarcarsi che la disciplina
previgente è stata modificata dalla. L. 23 dicembre 1996, n. 662, art.1,
comma 203, che così ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29,
comma 1, secondo i cui dettami l’iscrizione alla gestione commercianti è
obbligatoria ove si realizzino congiuntamente le fattispecie previste dalla
legge e cioè:

la titolarità o gestione di imprese organizzate e
dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari;

la piena responsabilità ed i rischi di gestione
(unica eccezione proprio per i soci di s.r.I.);

la partecipazione al lavoro aziendale con carattere
di abitualità e prevalenza;

il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti
per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali.

Pertanto, distinto ed autonomo resta l’obbligo
assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa, dovendo ognuna delle due
distinte attività essere valutata, ai fini della sussistenza dell’obbligo
contributivo, secondo gli ordinari criteri, essendo il requisito della
prevalenza valido nel solo ambito delle” attività autonome inquadrabili
nei settori produttivi del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura al
fine di evitare più di una contribuzione nel caso di un soggetto esercente
contemporaneamente, anche in un’unica impresa, attività plurime, ma pur sempre
tutte “assicurabili” nelle gestioni previste per le attività in
parola.

3. Esposte tali premesse, deve darsi atto che nella
specie gli evidenziati presupposti non ricorrono.

Non può al riguardo sottacersi che la verifica della
sussistenza di requisiti di legge per la detta “coesistenza” è
compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale,
indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie
regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi
dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass.
6 novembre 2009, n. 23600, Cass.31 agosto 2018
n.21511) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini
di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività
di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo
produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa,
l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro
mansioni (cfr. Cass. 11 luglio 2012, n. 11685).

Nello specifico il giudice del gravame, sulla base
di un accertamento di fatto, come tale non sindacabile in questa sede di
legittimità, ha rilevato che dal verbale ispettivo era emerso che alla agenzia
milanese della società (M.M. Partners s.r.I.) erano addetti quattro dipendenti
amministrativi stabili e che la presenza della F. era per lo più mirata alla
ricerca di potenziali clienti o alla cura della corrispondenza.

Si trattava, nella prospettazione del giudice di
merito, dell’esercizio di una politica aziendale coerente con la posizione di
socia ed amministratrice della società, piuttosto che di esercizio della
quotidiana attività commerciale; e tale statuizione, incentrata sul mancato
svolgimento da parte della appellata, di attività di partecipazione diretta
all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda, non è validamente infirmata
dall’Istituto ricorrente.

4. In definitiva, alla stregua delle sinora esposte
considerazioni, il ricorso è respinto.

La regolazione delle spese inerenti al presente
giudizio, segue il regime della soccombenza, nella misura in dispositivo
liquidata.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente
al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art.1 co 17 L. 228/2012 (che ha
aggiunto il comma 1 quater all’art.
13 DPR 115/2002) – della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo
13.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al pagamento
delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro
3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori
di legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo
13.

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