Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 aprile 2020, n. 7825

Diritto all’assegno vitalizio ex art. 5 commi 3 e 4, L. n. 206/2004
ed art. 2, L. n. 407/1998,
Giudizio di ottemperanza, Consiglio di Stato, Eccesso di potere
giurisdizionale, Errori nei quali il giudice amministrativo sia eventualmente
incorso, restano interni alla giurisdizione, Insindacabilità in sede di
Cassazione

 

Fatti di causa

 

1. D.D. e C.C., rispettivamente vedova e figlia del
C.U.C. deceduto nel corso di una missione di addestramento di un allievo
pilota, hanno proposto ricorso ai sensi dell’art.
362 cod. proc. civ. avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 2784 del
9 maggio 2018 che – in sede di giudizio di ottemperanza del giudicato formatosi
sulla sentenza del Tribunale di Bologna che aveva riconosciuto il loro diritto
all’assegno vitalizio di cui all’art.
5 commi 3 e 4 della legge n. 206 del 2004 e dell’assegno vitalizio di cui
all’art. 2 della legge n. 407 del
1998 – in parziale accoglimento del ricorso proposto dal Ministero della
Difesa, ha riformato la sentenza del TAR per l’Emilia Romagna – sezione di
Bologna in sede di giudizio di ottemperanza ed ha accertato che
l’Amministrazione della Difesa aveva esattamente quantificato l’assegno
vitalizio loro riconosciuto dal Tribunale di Bologna, ex art. 2 della legge n. 407 del 1998,
nella misura di € 258,33 fissata dall’art.
4 del d.P.R. n. 243 del 2006, escludendo che il suo importo fosse stato elevato
ad € 500,00, al pari di quanto previsto per le vittime del terrorismo e della
criminalità organizzata.

2. Sostengono le ricorrenti che il Consiglio di
Stato, in sede di giudizio di ottemperanza, sarebbe incorso nel denunciato
eccesso di potere giurisdizionale.

3. Si è costituito il Ministero della Difesa per
resistere al ricorso di cui ha dedotto l’infondatezza. Il procuratore generale
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

4. Le ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi
dell’art. 378 cod. proc. civ.

 

Ragioni della decisione

 

5. Con il ricorso è denunciato l’avvenuto
sconfinamento dai margini della giurisdizione del Consiglio di Stato che –
adito in sede di ottemperanza della sentenza del Tribunale di Bologna che aveva
riconosciuto il diritto delle odierne ricorrenti a percepire l’assegno di cui
all’art. 2 della legge n. 407 del
1998 – non si era limitato ad interpretare la sentenza oggetto del giudizio
di ottemperanza ed aveva superato i confini della sua giurisdizione. Osserva il
ricorrente che, secondo l’insegnamento di queste sezioni unite, è riservata al
giudice del rapporto, e dunque all’autorità giudiziaria ordinaria, la
definizione del merito e dunque, nello specifico, la quantificazione
dell’importo dell’assegno assistenziale chiesto.

6. Il ricorso non può essere accolto.

6.1. Al fine di distinguere le fattispecie, nelle
quali il sindacato della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato in
sede di giudizio di ottemperanza è consentito, da quelle nelle quali tale
sindacato è da ritenersi inammissibile, è decisivo stabilire se oggetto del
ricorso è il modo con cui il potere di ottemperanza viene esercitato (cd.
limiti interni della giurisdizione), oppure se viene posta in discussione la
possibilità stessa, in una determinata situazione, di fare ricorso al giudizio
di ottemperanza (cd. limiti esterni).

6.2. Ne consegue che, ove le censure mosse alla
decisione del Consiglio di Stato riguardino l’interpretazione del giudicato,
l’accertamento del comportamento tenuto dalla P.A. e la valutazione di
conformità di tale comportamento rispetto a quello che essa avrebbe dovuto
tenere, gli errori nei quali il giudice amministrativo può eventualmente essere
incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla
giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione (cfr.
Cass. Sez. U. 30/05/2018 n. 13699 e Cass. Sez. U. 26/04/2013 n. 10060). In
sostanza nel caso in cui le censure mosse alla decisione del Consiglio di Stato
riguardino l’interpretazione del giudicato e delle norme oggetto di quel
giudizio, gli errori nei quali il giudice amministrativo sia eventualmente
incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla
giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione. Attiene
alla verifica del rispetto dei limiti esterni della giurisdizione la censura
con la quale si denunci la possibilità stessa di fare ricorso al giudizio di
ottemperanza (cfr. Cass. Sez. U. 26/04/2013 n. 10060 cit.).

6.3. Si tratta di confine di non sempre agevole
tracciabilità allorché il potere interpretativo del giudicato da eseguire,
insito nella struttura stessa del giudizio di ottemperanza in quanto giudizio di
esecuzione, attenga ad un giudicato formatosi come nel caso in esame davanti ad
un giudice diverso da quello amministrativo. In tal caso l’interpretazione deve
essere esercitata sulla base di elementi interni al giudicato da ottemperare e
non su elementi esterni, la cui valutazione rientra in ogni caso nella
giurisdizione propria del giudice che ha emesso la sentenza (cfr. Cass. Sez. U.
14/12/2016 n. 25625).

6.4. Seguendo questa linea di demarcazione si è
configurato un eccesso di potere giurisdizionale nel caso in cui il Consiglio
di Stato – in sede di ottemperanza di una sentenza definitiva del giudice
ordinario

di accertamento del diritto di pubblici dipendenti
di godere di un congedo ordinario aggiuntivo di 15 giorni lavorativi, ai sensi
dell’art. 5 CCNL Comparto sanità – esercitando un sindacato integrativo ha
individuato un diverso contenuto precettivo del giudicato e, conformandosi ad
una sentenza della Corte di cassazione, con una pronuncia sostanzialmente
autoesecutiva ha stabilito un diverso criterio per il computo delle ferie
aggiuntive (Cass. Sez. U. n. 25625 del 2016 cit.).

6.5. Allo stesso modo si è ravvisato l’eccesso di
potere giurisdizionale, sindacabile ai sensi dell’art.
111 ottavo comma Cost., nel caso in cui il Consiglio di Stato, in sede di
ottemperanza di una sentenza definitiva del giudice ordinario con la quale era
stato accertato il diritto di taluni pubblici dipendenti ad essere inquadrati
in una certa posizione economica da una data determinata, ha posticipato la
data di inquadramento in ragione della ritenuta rilevanza di elementi di fatto
sopravvenuti effettuando così un sindacato integrativo ed individuando un
diverso contenuto precettivo del giudicato (cfr. Cass. Sez. U. 27/12/2011 n.
28812).

6.6. In sostanza poiché l’oggetto del giudizio di
ottemperanza consiste nella verifica dell’effettivo adempimento da parte
dell’amministrazione pubblica dell’obbligo di conformarsi al comando impartito
dal giudice di cognizione, il giudice dell’esecuzione è chiamato ad enucleare e
precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in
giudicato ed anche – quando emergano problemi interpretativi la cui soluzione
costituisca l’indispensabile presupposto della verifica dell’esattezza dell’esecuzione
– ad adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un
nuovo giudizio di cognizione, fermo restando che detto potere incontra il
limite esterno della giurisdizione propria del giudice amministrativo. Quante
volte la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia
necessaria ai fini della verifica dell’esatto adempimento dell’amministrazione
obbligata, risulti devoluta ad altro giudice, soltanto questi può provvedere al
riguardo (Cass. Sez. U. 19/12/2011 n. 27277). Perciò il giudice amministrativo
cade in eccesso di potere giurisdizionale quando non si limiti
all’interpretazione del giudicato al quale si tratta di assicurare
l’ottemperanza stessa (cfr. Cass Sez. U. 29/05/2012 n. 8513).

7. Nel caso in esame il Consiglio di Stato –
chiamato a verificare se l’amministrazione della Difesa aveva dato corretta
applicazione alla sentenza del Tribunale di Bologna, giudice del lavoro, che
aveva riconosciuto il diritto delle odierne ricorrenti a percepire l’assegno
vitalizio di cui all’art. 5 commi 3
e 4 della legge n. 206 del 2004 e quello di cui all’art. 2 della legge n. 407 del 1998
in relazione al riconoscimento dello status di vittima del dovere al loro
congiunto, il C.U.C. – per quanto qui interessa ha accertato che la misura
dell’ assegno ex art. 2 della
legge n. 407 del 1998, riconosciuto alle ricorrenti dal giudice del lavoro
di Bologna che aveva accertato il loro diritto e condannato all’erogazione
delle prestazioni dovute con gli interessi dalla domanda amministrativa, era
stata correttamente calcolata dall’Amministrazione che aveva escluso che alle
vittime del dovere si applicasse la maggiorazione prevista dalla legge 3 agosto 2004 n. 206 in favore delle vittime
del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

7.1. Il giudice dell’ottemperanza, su sollecitazione
delle stesse odierne ricorrenti che lamentavano una errata attuazione da parte
dell’amministrazione del precetto contenuto nella sentenza del giudice del
lavoro, era tenuto a verificare, in concreto, se il decreto ministeriale con il
quale si era data esecuzione alla condanna generica del giudice del lavoro
fosse o meno legittimo perché conforme al complesso quadro normativo che regola
la prestazione e ne determina l’importo.

7.2. Se è compito del giudice dell’ottemperanza, al
fine di soddisfare pienamente l’interesse sostanziale del ricorrente, ove
rilevi la violazione od elusione del giudicato civile adottare provvedimenti in
luogo della P.A. inadempiente, sostituendosi al soggetto obbligato ad adempiere
(cfr. Cass. Sez. U. 29/03/2017 n. 8112 e 30/05/2018 n. 13702) a maggior ragione
è tenuto a verificare l’esattezza della interpretazione data
dall’amministrazione alle disposizioni che regolano l’istituto per accertare,
in ossequio al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale che
caratterizza il giudizio di ottemperanza, che del contenuto della decisione
passata in giudicato non sia stato dato un adempimento parziale, incompleto se
non addirittura elusivo. L’interpretazione delle disposizioni che quantificano
la prestazione resta interna alla giurisdizione stessa e non è sindacabile
dalla Corte di cassazione.

8. In conclusione, per le ragioni esposte, il
ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio, stante l’oggettiva
complessità e controvertibilità delle questioni trattate, vanno compensate tra
le parti. Ai sensi dell’art. 13
comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato
per il ricorso a norma dell’art. 13
comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese
del giudizio. Ai sensi dell’art. 13
comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato
per il ricorso a norma dell’art. 13
comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.

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