Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 aprile 2020, n. 12158

Responsabilità penale del datore di lavoro, Omicidio colposo
con inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche, Prestazione non
occasionale e sostanzialmente contemplata nello stesso contratto collettivo di
lavoro, Pericolo da ritenersi prevedibile in determinate condizioni di luogo e
di tempo, Necessità che il pericolo fosse correttamente apprezzato, a fini
preventivi, nel documento di valutazione dei rischi sul lavoro, Nozione di
“luogo di lavoro”

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte di Appello di Caltanisetta,con sentenza
pronunciata in data 17 Settembre 2018, confermava, in punto di responsabilità
penale, la decisione del Tribunale di Caltanisetta che aveva riconosciuto G.F.
colpevole del reato di omicidio colposo con inosservanza delle disposizioni
antinfortunistiche ai danni del proprio dipendente F.P. il quale, nell’eseguire
il lavaggio di un autocarro in uso all’azienda dell’imputato, era rimasto
folgorato dal contatto con la idropulitrice utilizzata per il lavoro a causa di
una scarica elettrica originata dall’adattatore della spina cui era collegato
l’utensile.

In particolare, all’imputato veniva contestato: di
avere omesso di valutare i rischi cui erano esposti i lavoratori sul luogo di
lavoro in relazione alle condizioni specifiche dei lavori da effettuare e i
rischi dell’ambiente ove si trovavano ad operare, nonché le condizioni di
esercizio dell’impianto e dell’attrezzatura elettrica e pertanto di avere
omesso misure atte a salvaguardare i lavoratori da contatti elettrici; di non
avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature, quali prese di corrente
e prolunghe per impianto elettrico, conformi alla normativa e adeguate al
lavoro da svolgere; di avere omesso una adeguata informazione e formazione dei
lavoratori sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, nonché
sull’utilizzo delle attrezzature di lavoro.

2. Il giudice distrettuale nel confermare
l’attendibilità del teste L.B., anch’esso impegnato con l’infortunato F.
nell’attività di pulizia degli autocarri in dotazione alla ditta del G.,
riconosceva che l’attività di pulizia e di lavaggio degli autocarri aziendali,
realizzata dal dipendente unitamente al datore di lavoro in spazi adibiti a
ricovero dei mezzi, fosse compresa nel rapporto di lavoro, trattandosi di
prestazione non occasionale e sostanzialmente contemplata nello stesso
contratto collettivo di lavoro, rilevando altresì che gli obblighi
prevenzionali del datore di lavoro dovevano senz’altro estendersi a tale ambito
lavorativo atteso che la pulizia dei mezzi era eseguita anche attraverso
l’impiego di utensili elettrici collegati ad una presa. Di talché risultava
disatteso l’obbligo della valutazione globale degli specifici rischi elettrici
cui erano sottoposti i dipendenti e quello della somministrazione di una
adeguata formazione e informazione sui rischi connessi a tale tipo di
operazioni e all’impiego di strumenti di lavoro collegati ad una presa
elettrica.

3. Quanto al contrasto maturato in seno al contraddittorio
tecnico sulla natura del contatto, diretto o indiretto, del lavoratore con la
fonte di conduzione elettrica, la Corte di appello riteneva che, pure a
riconoscere la opinabile prospettazione difensiva, secondo cui l’innesco di
conduzione elettrica realizzatasi nella specie non era dominabile attraverso la
predisposizione di alcuna precauzione tecnica di isolamento o di messa in
terra, il pericolo andava affrontato in via preventiva, mediante una adeguata
valutazione del rischio connesso all’attività lavorativa da eseguirsi e
all’ambiente di lavoro, così da disporsi differenti modalità di lavaggio,
assicurando in maniera diversa il collegamento della idropulitrice alla rete
elettrica o ricorrendo a ditte specializzate esterne, qualora si fosse constatato
che ivi non era possibile procedervi in sicurezza.

Poiché il corto circuito era dipeso dal
gocciolamento dalla gronda del gruppo presa adattatore ivi collocato, il
pericolo derivante dalla conduzione elettrica doveva ritenersi prevedibile in
quelle condizioni di luogo e di tempo e andava radicalmente evitato e comunque
correttamente apprezzato, a fini preventivi, nel documento di valutazione dei
rischi sul lavoro e portato a conoscenza del personale dipendente in
adempimento degli obblighi datoriali.

4. Quanto al trattamento sanzionatorio, escludeva un
intervento mitigatorio in ragione delle modalità altamente imprudenti della
condotta del datore di lavoro e in ragione della violazione di plurime
normative con finalità cautelari, confermando sul punto il bilanciamento tra
circostanze di segno opposto eseguito dal primo giudice.

5. Avverso la pronuncia ha proposto impugnazione la
difesa dell’imputato, proponendo due motivi di ricorso.

Con un primo motivo, deduce violazione di legge in
relazione alla ritenuta inosservanza della normativa antinfortunistica.

Assume che l’attività che il dipendente F. stava
eseguendo prima di incorrere nell’infortunio era estranea all’ambito lavorativo
e in particolare alle mansioni che gli erano assegnate, richiamando testualmente
una serie di contributi dichiarativi testimoniali ed assumendo come il lavaggio
degli automezzi fosse attività del tutto estemporanea ed occasionale, tantoché
l’area adibita a sosta dei mezzi era priva di collegamenti elettrici e di
risorse idriche per il lavaggio e anche il ricorso alla collaborazione
dell’utilizzatore dell’immobile finitimo, che aveva consentito l’allaccio ad
una propria conduttura di corrente, era stato del tutto occasionale. Tali
emergenze escludevano la rimproverabilità al G. della mancata valutazione del
rischio elettrico, quale rischio cui erano esposti i lavoratori.

5.1 Sotto diverso profilo, rappresentava la
riconducibilità a caso fortuito dell’infortunio, il quale non avrebbe potuto
essere preveduto ed evitato anche mediante l’impiego della migliore tecnica
nella adozione di strumenti antinfortunistici e di migliore valutazione dei
rischi, laddove era dipeso da fatto casuale e imponderabile, quale lo
sgocciolamento di acqua piovana sull’adattatore collegato alla spina al quale
era collegato l’utensile utilizzato dal lavoratore.

Invero, riportando passi del contributo dichiarativo
del consulente tecnico di parte, evidenziava che, in ragione della causa di
innesco del corto circuito all’interno dell’adattatore colpito dall’acqua,
neppure un sistema di messa in terra ovvero l’utilizzo di dispositivi
automatici e differenziali sarebbe valso a scongiurare la folgorazione del
lavoratore che maneggiava l’utensile, in quanto la conduzione di elettricità
mediante la idropulitrice era ascrivibile an un contatto diretto e non
scongiurabile da meccanismi di interruzione o di mediazione della tensione
innescata.

6. Con ulteriore articolazione lamenta violazione di
legge in relazione agli art. 133 e 62 bis. cod. pen. in punto di determinazione della
pena, in ragione della mancata determinazione del trattamento sanzionatorio nel
minimo edittale e delle ragioni del sensibile discostamento dallo stesso e del
mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche in
ragione del comportamento processuale, dello stato di incensuratezza e del
tentativo di attenuare le conseguenze lesive del fatto.

7. Hanno depositato memorie difensive le difese
delle parti civili M.M.R. e F.P. e INAIL chiedendo pronuncia di inammissibilità
o di rigetto del ricorso dell’imputato.

 

Considerato in diritto

 

1. La prima censura si presenta assolutamente
infondata nella parte in cui deduce travisamento della prova o comunque vizio
logico giuridico della motivazione laddove la sentenza impugnata riconosce la
riconducibilità della prestazione del F. all’ambito lavorativo e non già a
volontaria e disinteressata iniziativa di questi, realizzata con mezzi propri e
al di fuori di specifico incarico dei datore di lavoro.

Sul punto va osservato che in tema di vizio
motivazionale, compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa
vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione)
la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno
della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la
migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a
condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se
questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie
nell’ambito di una adeguata opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non consente
alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa
interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il
controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali
(ex pluribus: Cass. n. 12496/99, sez.IV, 2.12.03 n. 4842, Elia, Rv. 229369).
Non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per il ricorrente più corretta, valutazione delle risultanze
processuali. È stato affermato, in particolare, che la illogicità della
motivazione, censurabile a norma del citato art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato demandato
alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata (Cass. SU n. 47289/03 Rv 226074).

Detti principi sono stati ribaditi anche dopo le
modifiche apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1,
lett. e, dalla L. n. 46 del 2006, che ha
introdotto il riferimento ad “altri atti del processo”, ed ha quindi,
ampliato il perimetro d’intervento del giudizio di cassazione, in precedenza
circoscritto “al testo del provvedimento impugnato”. La nuova
previsione legislativa, invero, non ha mutato la natura del giudizio di
cassazione, che rimane comunque un giudizio di legittimità, nel senso che il
controllo rimesso alla Corte di cassazione sui vizi di motivazione riguarda
sempre la tenuta logica e la coerenza strutturale della decisione.
Precisazione, quella appena svolta, necessaria, avendo il ricorrente
denunciato, con il primo motivo di ricorso, anche il vizio di travisamento
della prova per non essere stati considerati una serie di apporti dichiarativi,
ampiamente ripresi e valorizzati nell’ambito del ricorso, volti a escludere la
riconducibilità della prestazione lavorativa all’ambiente e al rapporto di
lavoro subordinato.

2. Così come sembra opportuno precisare che il
travisamento, per assumere rilievo nella sede di legittimità, deve, da un lato,
immediatamente emergere dall’obiettivo e semplice esame dell’atto,
specificamente indicato, dal quale deve trarsi, in maniera certa ed evidente,
che il giudice del merito ha travisato una prova acquisita al processo, ovvero
ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli atti espressamente
indicati; dall’altro, esso deve riguardare una prova decisiva, nel senso che
l’atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo
idoneo a porre in discussione la congruenza logica delle conclusioni cui è
pervenuto il giudice di merito.

3. Orbene, alla stregua di tali principi, deve
prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta il travisamento
o l’omissione motivazionale dedotta dal ricorrente, atteso che la valutazione
articolata dai giudici di merito, sulla base degli elementi probatori
acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici
a riconoscere la operatività degli obblighi programmatici, prevenzionali e
informativi posti in capo al datore di lavoro, rappresentando come la
prestazione del F. sia intervenuta all’interno del piazzale recintato ove il
datore di lavoro riponeva gli automezzi, alla presenza del datore di lavoro;
che sovraintendeva alle operazioni di lavaggio, partecipando alle stesse,
mediante l’impiego di un collegamento elettrico fornito da proprietà limitrofa
e avendo cura di precisare che la stessa disciplina del contratto collettivo di
lavoro di riferimento prevedeva che i dipendenti di aziende private di
autotrasporto procedessero a interventi di piccola manutenzione meccanica e di
pulizia dei mezzi aziendali impiegati.

3.1 Le censure proposte dalla difesa sul punto
finiscono sostanzialmente per riproporre, anche con il richiamo e la
allegazione dei motivi di appello, argomenti già esposti in quella sede, che
tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte
territoriale, anche in relazione alla attendibilità del teste oculare L.B.,
anch’esso dipendente del G. che aveva partecipato alle operazioni di lavaggio,
descrivendo tutte le fasi delle operazioni e il ruolo rivestito dal G. in detta
attività, ovvero per sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle
risultanze processuali, fondata su una valutazione alternativa delle fonti di
prova, in tal modo richiedendo uno scrutinio improponibile in questa sede.

3.2 Sul punto vale la pena richiamare la
giurisprudenza pacificamente formatasi in relazione alla individuazione del
luogo di lavoro ove vigono gli obblighi prevenzionistici dettati dalla
disciplina di cui al D.Lgs. n. 81/2008 secondo
cui nella nozione di “luogo di lavoro” rientra ogni luogo in cui
viene svolta o gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro,
indipendentemente dalle finalità – sportive, ludiche, artistiche, di
addestramento o altro – della struttura in cui essa si svolge e dell’accesso ad
essa da parte di terzi estranei all’attività lavorativa (sez.IV, 3.2.2005
n.12223, Delmastro e altri, Rv. 266385; sez.F. 27.8.2019, Giorni Pietro, Rv.
277292 -01), quale certamente era quello in cui era stato chiamato il F. a
lavare il mezzo di lavoro, su richiesta del datore di lavoro, alla presenza di
questi e all’interno di spazi aziendali e in collaborazione con altro
dipendente.

4. Parimenti infondata è la censura con la quale si
assume la ineluttabilità dell’infortunio del F. per caso fortuito, in quanto la
folgorazione del F. sarebbe dipesa da un contatto diretto con la fonte di
conduzione elettrica.

4.1 Una volta accertata la ricorrenza dell’obbligo
in capo al datore di lavoro di organizzare la prestazione di lavoro previa
individuazione dei rischi specifici di questa, risulta del tutto irrilevante
ragionare in termini di conduzione diretta o indiretta della scarica elettrica,
laddove lo svolgimento della prestazione lavorativa doveva essere preceduta da
una accurata analisi dei rischi connessi all’impiego di un collegamento
elettrico volante (art. 2 comma 1,
lett. q in relazione all’art. 80 comma 2 del
D.Lgs. n. 81/2008), allacciato ad una utenza elettrica non nella
disponibilità dell’azienda datrice di lavoro e comunque non a norma, con
strumenti non sottoposti a vaglio di affidabilità e sicurezza (idropulitrice,
prolunga, adattatore), collocati all’esterno e in diretto contatto con fonti di
sgocciolamento piovano (grondaia) o di schizzi provenienti dall’utensile
utilizzato. La inosservanza di tali disposizioni normative rendeva altamente
probabile la concretizzazione del rischio di una folgorazione del lavoratore
impegnato con la idro-pulitrice, in ragione del mancato adempimento da parte
del G. agli obblighi organizzativi previsionali, informativi ed esecutivi sullo
stesso gravanti nella messa a disposizione di adeguati strumenti di lavoro
collegati ad utenza elettrica.

5. Infondato è altresì il motivo di ricorso
concernente la misura del trattamento sanzionatorio e il giudizio di valenza
tra circostanze di segno opposto.

Invero i giudici di merito hanno modulato il
trattamento sanzionatorio del ricorrente in termini edittali più prossimi al
minimo che alla media edittale ed hanno correttamente escluso un giudizio di
prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, dando rilievo al peso delle
circostanze aggravanti riconosciute, che connotano di rilevante antidoverosità
il fatto reato e di particolare offensività la condotta criminosa, tenuto conto
della violazione di plurime disposizioni antinfortunistiche e delle concrete
modalità dell’infortunio che denotano una gravissima imprudenza da parte del
G., pure presente ai fatti e partecipe alla prestazione di lavoro.

Va poi rilevato chetai fini dell’assolvimento
dell’obbligo della motivazione in ordine al giudizio di valenza tra
circostanze, come più volte ribadito da questa Corte, non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo
disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055
del 23.4.2013, Banic e altro, Rv. 256172).

6.1 L’obbligo motivazionale è dunque assolto laddove
questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della
pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali
del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata
in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il
giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e
simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così Sez. 4, n. 21294,
Serratore, rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8.5.2013, Taurasi e altro,
rv. 256464; sez. 3, n. 10095 del 10.1.2013, Monterosso, rv. 255153), potendo altrimenti
essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo:
“pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”,
come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così
Sez. 2, n. 36245 del 26.6.2009, Denaro, rv. 245596).

7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione
delle spese del giudizio di legittimità sostenute dalla parte civile INAIL, che
liquida come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di giudizio
sostenute dalla parte civile INAIL, che si liquidano in euro 3.000, oltre agli
accessori di legge.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 aprile 2020, n. 12158
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