Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 aprile 2020, n. 8310

Decreto ingiuntivo, Risarcimento del danno, Accertamento di
illegittimità del licenziamento collettivo per vizio della procedura,
Cassazione sentenza, Tutela meramente indennitaria

 

Rilevato che

 

Il Tribunale di Catanzaro, In sede di opposizione a
decreto ingiuntivo concesso sulla base del titolo giudiziale rappresentato
dalla sentenza nr. 684 del 2015, revocava il provvedimento monitorio concesso
in favore di C.S.;

la Corte di appello di Catanzaro, provvedendo sul
gravame interposto da C.S. nei confronti della fondazione Betania ONLUS, ha
respinto l’appello;

per quanto qui solo rileva, la Corte territoriale ha
osservato, in applicazione della ragione più liquida, come, nelle more del
giudizio, la Corte di cassazione avesse cassato la sentenza posta a base del
decreto ingiuntivo che, dunque, andava revocato;

avverso la decisione, ha proposto ricorso C.S.,
affidato ad un unico motivo;

ha resistito, con controricorso, Fondazione Betania ONLUS;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380
bis cod.proc.civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto
di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

 

Considerato che

 

Con l’unico motivo di ricorso -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta
violazione e falsa applicazione degli artt. 113
e 336 cod.proc.civ., anche con riferimento agli
artt. 324 e 329 cod.proc.civ., per avere la sentenza impugnata ritenuto che la
pronuncia della Corte di cassazione avesse travolto il titolo giudiziale posto
a base della domanda monitoria;

il Collegio giudica il ricorso manifestamente
infondato; con il decreto ingiuntivo, della cui revoca si discute, era ingiunto
il pagamento della somma di Euro 29.396,12 (oltre accessori e spese), a titolo
di liquidazione del risarcimento del danno, sulla base della sentenza nr. 684
del 2015 della Corte di appello di Catanzaro che aveva riconosciuto la tutela
ex art. 18, comma 4, della
legge nr. 300 del 1970, a seguito di accertamento dì illegittimità del
licenziamento collettivo (in forza del quale era risolto il rapporto di lavoro
tra le parti in causa), per vizio della procedura;

nelle more del giudizio, la pronuncia nr. 684 del
2015 veniva cassata con sentenza di questa Corte nr. 19320 del 2016;

in particolare, il giudice di Legittimità ha
ritenuto che la sentenza nr. 684 cit. fosse incorsa in un errore di diritto
individuando la tutela, derivante dall’accertamento di illegittimità per «vizio
del procedimento» del licenziamento collettivo, in quella del comma quarto
dell’art. 18 della legge nr.
300 del 1970 (cd. tutela «integratoria attenuata»), prevista invece per
I’ipotesi di violazione dei criteri di scelta, piuttosto che in quella (diversa
perché meramente indennitaria) stabilita dall’art. 18, comma quinto, della
medesima legge; per effetto di tale considerazione, la Corte ha demandato al
giudice del rinvio di « procedere a nuova valutazione delle conseguenze
dell’illegittimità del recesso, in applicazione dei criteri […] indicati»;

risulta, dunque, evidente come il titolo giudiziale
posto a base del decreto ingiuntivo sia venuto meno per effetto della pronuncia
della Suprema Corte; la caducazione della statuizione in punto di tutela
applicata ha travolto ogni aspetto della stessa, anche quello del risarcimento
del danno, con ogni conseguenza in termini di (corretta) revoca del decreto
ingiuntivo;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come
da dispositivo;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano, in favore
della parte controricorrente, in Euro 2500,00, per compensi professionali, in
Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 %, ed
accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello
stesso art. 13, comma 1 bis, se
dovuto.

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