Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 giugno 2020, n. 10409

Plurimi contratti a termine, Svolgimento di attività
stagionali discontinue, Accertamento della illegittimità, Ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., con cui l’impugnazione è
dichiarata inammissibile per non avere “una ragionevole probabilità di essere
accolta”, Pronuncia del giudice competente prima di procedere alla trattazione
della causa

 

Fatti di causa

 

1. Con ordinanza pronunciata all’udienza del 27 aprile
2017 la Corte di appello di Brescia, disposta la riunione dei giudizi, ha
dichiarato inammissibili, ai sensi dell’art. 348
bis cod. proc. civ., i gravami proposti avverso le sentenze del Tribunale
della medesima sede n. 1026/2016 e n. 812/2016 rispettivamente da K.H. e da
M.A.: sentenze con le quali erano stati respinti i ricorsi dei lavoratori
diretti all’accertamento della illegittimità, sotto diversi profili, dei
numerosi contratti a termine intercorsi con la Società Agricola B. s.s. per lo
svolgimento di attività stagionali discontinue.

2. Avverso dette sentenze di primo grado nonché
avverso l’ordinanza ex art. 348 bis cod. proc.
civ. hanno proposto ricorso per cassazione i lavoratori a mezzo di distinti
atti di impugnazione, entrambi con quattro motivi di identico tenore, assistiti
da memoria, cui la Soc. Agricola Bellavista s.s. ha resistito con distinti
controricorsi.

3. I ricorsi, già assegnati all’adunanza camerale
del 18 giugno 2019, sono stati rinviati a nuovo ruolo per consentirne la
trattazione in pubblica udienza.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo viene dedotta ex art. 360 n. 4 la nullità dell’ordinanza impugnata
per violazione dell’art. 348 ter cod. proc. civ.,
in quanto pronunciata dopo che il giudice di appello aveva proceduto alla
trattazione e alla discussione della causa.

2. Con il secondo motivo viene (in subordine al
primo) dedotta la nullità dell’ordinanza ancora per violazione dell’art. 348 ter cod. proc. civ., in quanto il
giudice di appello, nel pronunciarla, aveva compiuto anche uno scrutinio sul
merito dei gravami.

3. Con il terzo viene dedotta ex art. 360 n. 3 la violazione dell’art. 117, comma 1°, Cost. in relazione al
“considerando n. 6” e alla “clausola n. 5” della Direttiva 1999/70/CE concernente il lavoro a tempo
determinato, per avere l’ordinanza pronunciata in appello e le sentenze di
primo grado considerato legittima la reiterazione dei contratti a termine nel
settore agricolo pur in assenza delle condizioni previste dalla normativa
comunitaria (ragioni obiettive per il rinnovo; durata massima totale dei
successivi rapporti a termine; numero dei rinnovi contrattuali).

4. Con il quarto viene denunciata la illegittimità
della condanna degli appellanti alle spese di giudizio, sebbene nella specie si
fosse in presenza di un caso di assoluta novità della questione giuridica
trattata, come tale idonea a legittimare ex art. 92
cod. proc. civ. la loro compensazione.

5. Premesso che l’ordinanza di inammissibilità
dell’appello ai sensi dell’art. 348 ter cod. proc.
civ. è ricorribile per cassazione per vizi suoi propri costituenti
violazioni della legge processuale, purché compatibili con la logica e la
struttura del giudizio ad essa sotteso (Cass. n. 20861/2018), si osserva che è
fondato e deve essere accolto il primo motivo di ricorso.

6. L’art. 348 ter cod.
proc. civ. dispone che “all’udienza di cui all’art. 350 il giudice, prima di procedere alla
trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l’appello, a norma dell’art. 348 bis, primo comma, con ordinanza
succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati
in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi” (comma
1°).

7. La previsione che l’ordinanza, con la quale
l’impugnazione è dichiarata inammissibile per non avere “una ragionevole
probabilità di essere accolta”, debba essere pronunciata dal giudice
competente prima di procedere alla trattazione della causa corrisponde alla
“natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza,
necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza
ed a tutti i motivi di ciascuna di queste” (Sez. U n. 1914/2016).

8. Ne consegue che risulta viziata, per violazione
della legge processuale, l’ordinanza ex art. 348
bis cod. proc. civ. che – come nella specie – risulta emessa (non già prima
ma) in esito alla discussione della causa, perché con questa fase del processo
si attua la compiuta esposizione delle ragioni in fatto e in diritto che
sorreggono le domande e le eccezioni proposte ed un pieno confronto dialettico,
tra i difensori delle parti, in ordine alla loro fondatezza.

9. Né, d’altra parte, appare di ostacolo a tale
conclusione la (peraltro solo tendenziale) unicità dell’udienza di discussione
nel rito del lavoro.

10. Al riguardo è, infatti, da rilevare: (a) su di
un piano letterale, come la norma di cui all’art.
436 bis cod. proc. civ. – nell’estendere all’udienza di discussione nel
processo del lavoro la disciplina degli artt. 348
bis e ter – non contenga alcuna
proposizione che possa ritenersi avere riguardo a tale unicità (come sarebbe,
ad esempio, quella che facesse riferimento ad una misura di
“compatibilità” della disciplina con i tratti peculiari del rito
speciale); (b) su di un piano contenutistico, come l’udienza di discussione,
pur nella sua formale unicità, possa scindersi in frazioni o segmenti
successivi ordinatamente volti a configurare momenti distinti, ciascuno
connotato da una specifica funzione processuale, con l’effetto di definire il
luogo del compimento, da parte del giudice, di singole attività.

11. Su tali premesse è da ritenere che la pronuncia
dell’ordinanza ex art. 348 bis, anche nel rito
del lavoro, debba collocarsi prima di ogni altra attività, immediatamente dopo
la verifica della regolare costituzione delle parti nel giudizio di appello e
previo invito del giudice ad un confronto mirato, nell’ottica di quel
contraddittorio “allargato” ai difensori delle parti e al giudice, del
quale l’art. 101, co. 2°, cod. proc. civ. pone
un riconoscimento normativo di portata generale.

12. Pertanto, l’impugnata ordinanza della Corte di
appello di Brescia deve essere cassata, in accoglimento del primo motivo di
entrambi i ricorsi, assorbiti gli altri, e la causa rinviata alla medesima
Corte in diversa composizione, la quale – fissata, a seguito di riassunzione,
nuova udienza di discussione – si atterrà al principio di diritto e allo schema
procedimentale sopra delineati sub n. 11.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di entrambi i ricorsi,
assorbiti gli altri; cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto
e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia in diversa
composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 giugno 2020, n. 10409
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