Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 giugno 2020, n. 10855

Lavoro, Licenziamento per giusta causa, Assenza
ingiustificata, Certificati medici contraffatti

 

Fatti di causa

 

1. con sentenza in data 11 – 13 dicembre 2018 numero
2380 la Corte d’appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale di Trani e,
per l’effetto, rigettava la domanda proposta da C.S., dipendente del Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (in prosieguo: MIUR)- con
mansioni di assistente tecnico presso l’Istituto tecnico statale «Padre T.» di
Corato- per la dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta
causa intimatogli in data 13 maggio 2015, in ragione di 12 giorni di assenza
ingiustificata e per l’uso di certificati medici contraffatti.

2. La corte territoriale non condivideva la
valutazione del Tribunale, che aveva accolto la domanda sul rilievo che il MIUR
si era costituito tardivamente, incorrendo nella decadenza dalla produzione dei
documenti posti a fondamento del licenziamento.

3.Osservava che il MIUR lamentava fondatamente la
mancata applicazione dell’articolo 421 codice
procedura civile e che nel giudizio di appello costituiva prova nuova
indispensabile quella di per sé idonea ad eliminare ogni incertezza sulla
ricostruzione fattuale accolta nella pronuncia gravata, smentendola o
confermandola.

4. La documentazione prodotta doveva essere
acquisita d’ufficio, in quanto smentiva il fondamento delle contestazioni
sollevate dallo S. ed integrava la semipiena probatio derivante dal contegno
processuale della parte.

5.Il lavoratore, infatti, in sede di ricorso
introduttivo non aveva contestato la falsità della certificazione telematica
trasmessa al datore di lavoro ma piuttosto aveva assunto di non avere mai inviato
la documentazione medica, disconoscendone la provenienza.

6. A parte l’ovvia considerazione che non si si
comprendeva chi potesse avere inviato la documentazione medica in luogo dell’
interessato, con la conseguente integrazione della ipotesi di licenziamento
prevista dall’articolo 55 quater
lettera a) D.lgs 165/2001, in ogni caso la lettera di contestazione era
relativa anche ad assenze del servizio senza idonea giustificazione.

7. Restava, dunque, in ogni caso integrato
l’addebito di assenza ingiustificata per 12 giorni, condotta reiterata
nell’arco di due mesi e mezzo (dal 7 novembre 2014 al 20 gennaio 2015), per la
quale l’articolo 55 quater lettera
b) D.lgs 165/2001 prevedeva la sanzione del licenziamento senza preavviso.

8. La contestazione appariva tempestiva, essendo
incontestato e comunque documentato che gli accertamenti istruttori- con
l’audizione del medico curante dello S.- erano avvenuti a fine gennaio 2015 e
così pure era tempestivo il licenziamento, preceduto regolarmente dalle
giustificazioni del procuratore del lavoratore.

9. Le fattispecie espulsive considerate erano
previste direttamente dalla legge, per cui non occorreva la affissione del
codice disciplinare.

10. Non risultava documentato che lo S. durante i
periodi di assenza fosse affetto da patologie implicanti la perdita della
cognizione spazio-temporale.

11. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza C.S., articolato in otto motivi, cui il MIUR non ha opposto difese

 

Motivi della decisione

 

1. con il primo motivo il ricorrente ha denunciato-
ai sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ.-
la nullità della sentenza in relazione all’articolo
429 cod.proc.civ.

2. Ha esposto che la impugnazione in appello era
avvenuta con atto di citazione e che il MIUR aveva omesso di richiedere alla
prima udienza la conversione del rito da ordinario a speciale sicché non poteva
essere resa sentenza ai sensi dell’articolo 429
cod.proc.civ.

3. Il motivo è inammissibile.

La censura difetta di specificità in ordine alla
allegazione degli atti processuali che ne costituiscono il fondamento, non
essendo trascritto l’atto d’appello, con la relativa notifica, onde consentire
a questa Corte di verificare se l’impugnazione fosse stata introdotta con atto
di citazione invece che con ricorso, contrariamente a quanto esposto nella
sentenza impugnata ( pagina 2, primo capoverso: «con ricorso depositato il
10.11.2017 il Ministero proponeva appello») 4. Inoltre, con rilievo per sé
assorbente, la parte non ha dedotto uno specifico pregiudizio al proprio
diritto di difesa derivato dall’ assunto vizio del rito; invero, secondo
orientamento pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, la trattazione
della controversia da parte del giudice adito con un rito diverso da quello
previsto dalla legge non determina alcuna nullità del procedimento-e della
sentenza successivamente emessa- se la parte non deduca e dimostri che
dall’erronea adozione del rito le sia derivata una lesione del diritto di
difesa ( per tutte: Cassazione civile sez. VI, 10/10/2017, n.23682 e
giurisprudenza ivi citata).

5. con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 e numero 5 cod.proc.civ.-
nullità della sentenza per violazione dell’articolo
116 cod.proc.civ. in relazione all’art. 5 L. 604/1966.

6. Si addebita alla Corte territoriale di avere
posto a fondamento della decisione la mancata contestazione della
documentazione depositata tardivamente dal MIUR e si espone che tali documenti
erano stati contestati, sia nel merito sia quanto alla paternità.

7. Il motivo è inammissibile. Per un verso esso
contesta il giudizio di merito espresso dal giudice dell’appello in ordine alla
prova della assenza ingiustificata dal servizio senza allegare un fatto,
decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, non esaminato nella sentenza
impugnata. Nel resto il ricorrente assume genericamente di avere contestato i
documenti prodotti del MIUR senza specificare a quali documenti la
contestazione si riferiva né riportare gli atti processuali nei quali essa
sarebbe stata espressa. La censura, da ultimo, appare inconferente alla ratio
decidendi della sentenza impugnata, che è fondata, piuttosto che sulla mancata
contestazione dei documenti, sul rilievo che la assenza di dodici giorni era
rimasta ingiustificata, in quanto nel ricorso introduttivo del giudizio lo S.
non aveva contestato la falsità della documentazione medica ma piuttosto
affermato di non averla mai inviata (pagina 3 della sentenza, penultimo
capoverso).

8. Con il terzo motivo il ricorrente ha impugnato la
sentenza -ai sensi dell’articolo 360 nr.3 e nr. 5
cod.proc.civ.- per violazione o falsa applicazione degli articoli 345, comma tre e 153, comma due, cod.proc.civ.

9. Ha dedotto che nella sentenza nr. 10790/2017,
citata dalla Corte territoriale, le Sezioni Unite avevano chiarito che non
costituivano prove nuove quelle già dichiarate inammissibili nel giudizio di
primo grado, come nella specie accaduto.

10. Il motivo è inammissibile. La Corte territoriale
ha infatti ritenuto l’errore del giudice del primo grado per non avere
acquisito documenti di rilievo decisivo ai sensi dell’articolo 421 cod.proc.civ. Sotto altro profilo si
osserva che la statuizione impugnata è fondata su due rationes decidendi
alternative, ciascuna autonomamente idonea a sorreggerla: la falsità delle
certificazioni mediche trasmesse ed, in ogni caso, il rilievo di dodici giorni
di assenza ingiustificata. La censura non coglie la statuizione di legittimità
del licenziamento sotto il profilo della mancata giustificazione delle assenze.

11. con il quarto motivo viene dedotta – ai sensi
dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.-
violazione o errata applicazione degli articoli 416,
comma tre e 214 cod.proc.civ. nonché dell’articolo 111,comma due, Cost. assumendosi che il
MIUR non aveva contestato analiticamente le doglianze espresse nel ricorso di
primo grado e che la Corte territoriale aveva confuso i due piani delle
allegazioni e della prova, ritenendo provati gli addebiti sulla base dei
documenti ( che comunque erano stati prodotti tardivamente e non dimostravano
la sua responsabilità né per la contraffazione dei certificati medici né per il
loro invio).

12. Si addebita alla sentenza impugnata di non avere
valutato le proprie difese riguardo al mancato invio delle certificazioni
mediche.

13. Il motivo è inammissibile per difetto di
specificità, in quanto non riporta le allegazioni del ricorso introduttivo né
la memoria difensiva del MIUR onde sostanziare la denunzia di mancata
valutazione tanto delle proprie ragioni che della condotta di non contestazione
del datore di lavoro. La sentenza ha peraltro dato conto del disconoscimento da
parte dello S. dell’invio delle certificazioni mediche, argomentando sia sulla
non-credibilità della allegazione sia sul fatto che le assenze restavano in
ogni caso ingiustificate.

14. Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto –
ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 e nr. 5
cod.proc.civ.- violazione degli articoli 55 D.Lgs 165/2001,
69,comma due e seguenti, D.Lgs.
150/2009, 7 legge 300/1970.

15. Si deduce, in via gradata rispetto a terzo motivo,
l’omessa valutazione del fatto: che l’addebito era stato contestato dopo oltre
un mese dalla sua scoperta e che il licenziamento seguiva a distanza di circa
quattro mesi dalla contestazione; che il MIUR non aveva fornito la prova della
sua rituale convocazione e non aveva contestato tale specifica doglianza del
ricorso introduttivo; che era necessaria la affissione del codice disciplinare,
non essendo stata dimostrata la commissione di un fatto costituente reato; che
la documentazione era tardiva e che nel primo grado il MIUR non aveva
partecipato alle udienze neppure quando il Tribunale aveva disposto la
comparizione delle parti.

16. Le censure sono inammissibili.

17. Per un verso il motivo investe gli accertamenti
di merito compiuti nella sentenza impugnata tanto in ordine alla tempestività
della contestazione disciplinare e del successivo licenziamento che circa la
regolarità del procedimento (pagina 5 della sentenza, ultimo capoverso) senza
allegare un fatto decisivo non esaminato né dedurre una violazione dei criteri
enunciati da questa Corte come parametro normativo di tali accertamenti. La
parte ricorrente reitera inoltre le critiche svolte nel terzo motivo quanto
alla irritualità dell’acquisizione dei documenti prodotti dal MIUR senza
indicare ulteriori apprezzabili ragioni di censura.

18. Nella parte in cui si assume la necessità della
affissione del codice disciplinare la inammissibilità del motivo va dichiarata
ai sensi dell’articolo 360 bis nr. 1 cod.proc.civ.
. La decisione della Corte territoriale è infatti conforme alla giurisprudenza
di questa Corte, che ha ritenuto che anche nel pubblico impiego
contrattualizzato non sia necessario provvedere alla affissione del codice
disciplinare (prevista dall’art.
55 del d.lgs. n. 150 del 2009) in tutti i casi nei quali il comportamento
sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito,
perché contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale (Cassazione
civile sez. lav., 07/11/2019, n.28741); nella fattispecie di causa la condotta
del lavoratore, a prescindere dalla sua astratta rilevanza penale, configura un
condotta contraria ai doveri fondamentali del lavorare, costituenti il cd. minimo
etico.

19. Con il sesto motivo si censura la sentenza
impugnata- ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 e nr.5
cod. proc.civ.- per violazione o errata applicazione degli articoli 214 cod.proc.civ. e 2702 cod.civ.

20. Si denunzia la carenza di prova dei fatti
contestati, anche quanto alla assenza ingiustificata: egli aveva affermato di
non ricordare i motivi delle presunte assenze per la grave patologia
documentata. Si deduce l’omessa valutazione delle certificazioni mediche dalle
quali emergeva la propria patologia, per l’accertamento della quale era stata
richiesta la escussione del medico curante ed una consulenza d’ufficio.

21. Il motivo è inammissibile.

22. Pur deducendo formalmente la violazione di norme
di diritto, il ricorrente contesta il giudizio di merito espresso nella
sentenza impugnata in ordine alla prova dei fatti contestati ed, inoltre, alla
mancanza di prova del fatto che il lavoratore durante i periodi di assenza
fosse affetto da patologie implicanti la perdita della cognizione
spazio-temporale (sul punto si veda pagina 6 della sentenza). Non si allega
specificamente alcun fatto decisivo non esaminato, facendosi piuttosto generico
rinvio alle certificazioni mediche in atti, delle quali non si riporta il
contenuto né si espongono le ragioni di decisività.

23. Con il settimo motivo il ricorrente ha dedotto –
ai sensi dell’articolo 360 numero 3,4,5
cod.proc.civ.- violazione e falsa applicazione degli articoli 116 e 214
cod.proc.civ. e dell’articolo 2702 cod.civ.,
per avere la Corte territoriale omesso di verificare, in relazione alla
documentazione prodotta tardivamente dal MIUR, la mancanza di data certa
(mancavano le ricevute di recapito delle missive) ai fini della verifica delle
eventuali decadenze maturate nel corso del procedimento disciplinare.

24. Il motivo è inammissibile. Si introducono
questioni non esaminate nella sentenza impugnata e richiedenti accertamenti di
fatto (carenza di data certa delle comunicazioni) senza indicare gli atti con i
quali tali questioni erano state introdotte nei gradi di merito; la inammissibilità
discende, dunque, dal rilievo della novità della censura.

25. Con l’ottavo motivo si denuncia- ai sensi dell’articolo 360 nr.5 cod.proc.civ.- l’omessa
valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa,
consistente nella patologia psichiatrica sofferta, documentata dalla cartella
clinica rilasciata dalla ASL BA2; nelle difese egli aveva riferito di non
essere a conoscenza dell’invio di certificati contraffatti a giustificazione
delle assenze né di ricordare i motivi di tali presunte assenze in virtù della
patologia sofferta.

26. Il motivo è inammissibile per difetto di
specificità, in quanto non vengono trascritti i contenuti della cartella
clinica né si indicano le ragioni della decisività di detti contenuti rispetto
al contrario accertamento compiuto nella sentenza impugnata.

27. Il ricorso deve essere conclusivamente
dichiarato inammissibile.

28. Non vi è luogo a provvedere sulle spese per la
mancata costituzione del MIUR

29. Il ricorrente, ammesso al patrocinio a spese
dello Stato con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del
12.02.2019, non è tenuto al versamento dell’ulteriore importo del contributo
unificato di cui all’art. 13, comma
1-quater DPR 115/2002, stante la prenotazione a debito prevista dal
combinato disposto di cui agli artt.
11 e 131 del medesimo
decreto (ex plurimis: Cassazione civile, sez. VI, 12/04/2017, n. 9538)

 

P.Q.M.

 

Dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per
le spese.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 giugno 2020, n. 10855
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