Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 giugno 2020, n. 11718

Prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato, Differenze retributive, Contrasto tra motivazione e
dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza, Necessaria incidenza
sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente, a rendere
conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, Parziale coerenza tra
dispositivo e motivazione, Insanabilità esclusa

 

Rilevato che

 

1. La Corte di appello di Roma ha parzialmente
accolto il gravame di G.P. e, accertata l’esistenza tra le parti di un rapporto
di lavoro subordinato a tempo determinato dal 13.9.2005, ha condannato A.D. e
la A.P. s.r.l. in solido al pagamento della somma di € 56.823,92 a titolo di
differenze retributive maturate fino al 31.12.2004 e quindi, per il periodo
1.1-13.9.2005, la sola società a corrispondere alla P. € 24.439,06 sempre a
titolo di differenze retributive.

2. La Corte di appello ha ritenuto che
dall’istruttoria svolta era risultata provata l’esistenza di un rapporto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato tra la P. e l’Osteria di S.C. di A.D.
nel periodo dal 1 agosto 2000 al 31 dicembre 2004 mentre per il periodo
successivo, dal 1 gennaio 2005 al 13 settembre 2005, il rapporto era intercorso
con la società A.P. s.r.l. alla quale era affidata, in quel periodo, la
gestione del medesimo ristorante. Ha ritenuto poi provato lo svolgimento di
mansioni riferibili al profilo di cuoca, da inquadrare nel 4A livello del c.c.n.I.
dei pubblici esercizi, ed ha condannato le resistenti al pagamento delle somme
per l’effetto dovute.

4. Per la cassazione della sentenza propongono
ricorso sia A.D. che la società A.P. s.r.l. con sei motivi ai quali resiste con
controricorso G.P.

 

Considerato che

 

5. Il primo motivo di ricorso con il quale è
denunciata la nullità della sentenza ex art. 161
primo comma cod. proc. civ. ed art. 156 secondo
comma cod. proc. civ. in relazione all’art. 360
primo comma n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito
contraddittoriamente individuato tre distinte date di inizio del rapporto di
lavoro (13.9.2005 in dispositivo ed in motivazione, 1.8.2000 in motivazione e
15.12.2000 nei conteggi) generando un’ insanabile incertezza della decisione, è
infondato.

5.1. In generale perché sia ravvisabile un contrasto
tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza è
necessario che questo incida sulla idoneità del provvedimento, considerato
complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere
conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. In sostanza il
provvedimento deve risultare inidoneo a consentire l’individuazione del
concreto comando giudiziale, non essendo possibile ricostruire la statuizione
del giudice attraverso il confronto tra motivazione e dispositivo (cfr. Cass.
02/07/2007 n. 14966, 09/05/2007 n. 10637). L’insanabilità deve escludersi
quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, e si possa
escludere che si tratti dell’esito di un ripensamento sopravvenuto, essendo la
motivazione saldamente ancorata ad elementi acquisiti al processo (cfr. Cass.
03/08/2004 n. 14845). Tanto premesso nel caso in esame non è ravvisabile la
denunciata nullità atteso che la data di inizio del rapporto indicata in
dispositivo è frutto evidente di un refuso ove confrontata con il contenuto
della motivazione. Ed infatti in tale data (il 13 settembre 2005) il rapporto
si è definitivamente concluso.

Quanto alle altre due date riportate nel dispositivo
esse risultano chiaramente riferibili, la prima (31.12.2004) alla data di
cessazione del rapporto con la società e la signora A.P. tenute in solido al
pagamento di differenze retributive per il primo periodo; le altre due date
indicate nel dispositivo (1.1.2005-13.9.2005) sono del pari chiaramente
riferite alle differenze maturate nel periodo indicato in cui tenuta al
pagamento è la sola società.

6. Il secondo motivo di ricorso, con il quale le
ricorrenti deducono la violazione degli artt. 414,
164 cod. proc. civ. e 2697 cod.civ. in relazione alla denunciata nullità
dell’atto introduttivo del giudizio con riguardo alle allegazioni formulate
circa le mansioni svolte, è inammissibile.

6.1. Premesso che la sentenza non si fa carico di
esaminare l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo del giudizio era onere
delle odierne ricorrenti precisare come dove e quando tale questione era stata
sollevata davanti al giudice di primo grado, se e come era stata risolta ed in
che termini era stata riproposta alla Corte di appello. In mancanza di tali
specifiche allegazioni la censura deve essere perciò considerata inammissibile
perché nuova. Ed infatti Qualora con il ricorso per cassazione siano
prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere
della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità
per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione
innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di
autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del
giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di
controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di
esaminare il merito della suddetta questione, (cfr. Cass. 13/06/2018 n.15430,
09/08/2018 n. 20694, 18/10/2013 n. 23675).

7. Il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso,
da esaminare congiuntamente, sono invece fondati.

7.1. La Corte di merito ha effettivamente trascurato
di chiarire sulla base di quali elementi di fatto, parametrati alle
declaratorie contrattuali applicabili al caso in esame, è pervenuta al
convincimento che la signora P. era in possesso delle necessarie conoscenze
specialistiche e svolgesse i compiti a lei affidati con un grado di autonomia
esecutiva tale da giustificare il suo inquadramento nel IV livello del
contratto collettivo.

7.2. Tale accertamento specifico risulta tanto più
necessario ove si consideri che il personale di brigata può essere inquadrato
in livelli che vanno dal II al VI in relazione proprio alla specificità ed
autonomia delle mansioni in concreto svolte.

7.3. Nell’interpretazione delle clausole di un
contratto collettivo in tema di classificazione del personale, il giudice deve
indagare su tutti gli elementi contrattuali e procedere, ove necessario, ad un
esame complessivo della “griglia” classificatoria costituita dalle
declaratorie e dai profili rilevanti per la decisione, in applicazione del
principio ermeneutico di cui all’art. 1363 cod.
civ., individuando la volontà collettiva circa la qualifica pretesa dal
lavoratore anche in base alla collocazione contrattuale delle altre
professionalità similari (Cass. 01/06/2000 n. 7280).
Il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento
di un lavoratore subordinato si sviluppa infatti in tre fasi successive,
consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto
svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto
collettivo di categoria e nel raffronto tra il risultato della prima indagine
ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda, ed è
sindacabile in sede di legittimità a condizione che la sentenza, come nel caso
in esame, abbia trascurato di dare esplicitamente conto delle predette fasi e
sia stata censurata dal ricorrente in ordine alla ritenuta mancanza di prova
dell’attività dedotta a fondamento del richiesto accertamento.

8. All’accoglimento delle due censure sopra
ricordate consegue l’assorbimento del quinto e del sesto motivo di ricorso che
investono la gestione della prova sulle mansioni.

9. In conclusione, per le ragioni esposte, la
sentenza deve essere cassata con riguardo al terzo ed al quarto motivo e
rinviata la decisione alla Corte di appello di Roma in diversa composizione che
procederà ad un nuovo esame verificando in concreto, e sulla base dei principi
esposti, in quale dei livelli contrattuali la lavoratrice doveva essere
inquadrata. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la regolazione delle
spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso,
accoglie il terzo ed il quarto, assorbiti il quinto ed il sesto.

Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e
rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà
anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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