Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 16 settembre 2020, n. 359

Articolo 1,
comma 57 della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Cause ostative
all’applicazione del regime cd. forfetario.

 

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto,
è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

Il Sig. TIZIO (in breve “l’istante”, o
“il contribuente”) dichiara di essersi trasferito a … il 4 gennaio
2019, per intraprendere una nuova esperienza lavorativa di lavoro dipendente
presso la società di …. A seguito della cessazione, nel giugno del medesimo
anno, di tale rapporto di lavoro, l’istante era assunto presso la società ALFA
LLP, per la quale tuttora egli lavora.

Il Sig. TIZIO ha aperto un conto corrente presso la
filiale di un istituto bancario locale e ha concluso un contratto di locazione
per la disponibilità di un’abitazione in loco.

L’istante fa presente di aver ottenuto il … ossia
il permesso di ….

Da ultimo, il Sig. TIZIO dichiara di aver presentato
un’istanza di iscrizione all’AIRE, tuttora pendente e di aver valutato un
possibile rientro in Italia.

Al riguardo, egli è incerto in merito alla
possibilità di applicare il c.d. regime forfetario di cui all’articolo 1, comma 57, della Legge n.
190 del 2014, come modificata dall’articolo 1, commi da 9 a 11, della Legge 30 dicembre 2018, n.
145 (in breve “Legge di bilancio 2019”) o, in alternativa, di
posticipare il rientro nello Stato italiano per beneficiare del c.d.
“regime per lavoratori impatriati”, di cui all’articolo 16, comma 1, del D. Lgs.
147 del 2015.

Ciò premesso, l’istante chiede conferma sulla
possibilità di poter aderire al regime forfettario o, in alternativa, nel
presupposto di residenza estera, di poter aderire al citato regime fiscale
degli impatriati.

 

Soluzione interpretativa
prospettata dal contribuente

 

In merito al primo quesito, concernente la
possibilità di aderire al regime forfettario, l’istante ritiene che la risposta
sia favorevole. Al riguardo, il contribuente osserva, in via preliminare, che
egli vorrebbe continuare a collaborare dall’Italia come lavoratore autonomo nei
confronti della stessa società per la quale attualmente è dipendente. Sul
punto, egli richiama la risposta n. 173 del 2019,
nella quale la scrivente si è espressa sulla sussistenza della causa ostativa
di cui all’articolo 1, comma 57,
lettera d) bis della legge di stabilità 2019 nei confronti di un soggetto
residente all’estero che intendeva rientrare in Italia per svolgere un’attività
di lavoro autonomo nei confronti di un soggetto estero con il quale, sempre
all’estero, era intercorso un rapporto di lavoro dipendente durante il periodo
di sorveglianza.

In tale contesto, l’Agenzia delle Entrate ha infatti
affermato che la causa ostativa di cui alla citata lettera d-bis) non opera
nella circostanza sopra descritta, atteso che non sarebbe ravvisabile
un’artificiosa trasformazione del rapporto di lavoro, non essendovi alcun
criterio di collegamento con il territorio dello Stato dei redditi di lavoro
dipendente percepiti all’estero.

L’istante, inoltre, richiama anche la causa ostativa
di cui all’articolo 1, comma 57,
lettera d-ter), introdotta dall’articolo 1 della
Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (di seguito “legge di stabilità
2020”), che non consente l’adesione al regime forfetario ove il
contribuente nell’anno precedente abbia percepito redditi di lavoro dipendente
e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli
articoli 49 e 50 del testo unico
delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917 (in breve “TUIR”), eccedenti l’importo di
30.000 euro.

Secondo il Sig. TIZIO , la ratio sottesa alla nuova
causa ostativa è analoga a quella di cui alla lettera d-bis) citata, ossia
evitare artificiose trasformazioni dei rapporti di lavoro. Sul punto, l’istante
fa presente che l’anno fiscale, nel Paese estero, non è solare, in quanto
decorre dal 1° aprile al 31 marzo dell’anno seguente. Pertanto, considerando il
periodo d’imposta inglese, non sarebbe integrata il requisito
“soglia” di 30.000 euro richiesto dalla citata norma. Inoltre,
qualora, ai fini del predetto computo, il reddito fosse considerato al netto
delle imposte, la suddetta causa ostativa non sarebbe integrata.

Con riguardo al secondo quesito, concernente la
possibilità, nel presupposto della residenza estera dell’istante, di rientrare
in Italia e aderire al regime dei lavoratori impatriati, il Sig. TIZIO ritiene
di poter essere considerato residente nel Paese estero dal 2019, anche ai sensi
della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del
Paese estero … per evitare le doppie imposizioni, firmata a Pallanza il 21
ottobre 1988 e ratificata con Legge 5 novembre
1990, n. 329 (in breve “la Convenzione”).

Al riguardo, il contribuente ritiene sia dimostrata
l’acquisizione della residenza estera in quanto, pur essendo ancora pendente la
sua domanda di iscrizione all’AIRE, egli ha trascorso nel Paese estero l’intero
periodo di imposta 2019 e l’attuale. Da tale evidenza consegue, per il Sig.
TIZIO , la non imponibilità in Italia dei redditi conseguiti nel citato Paese
estero per prestazioni di lavoro dipendente ivi rese. Inoltre, nel presupposto
di sussistenza della residenza all’estero per un periodo almeno biennale, egli
sostiene di poter rientrare in Italia, ivi prestando la propria attività e trasferendovi
per almeno due anni la residenza, fruendo del regime dei c.d.
“impatriati”.

 

Parere dell’agenzia delle
entrate

 

Preliminarmente si rappresenta che dal presente
parere resta esclusa ogni considerazione in merito ai requisiti di applicazione
del regime forfetario previsti dalla legge 23
dicembre 2014, n. 190, nonché delle ulteriori cause ostative ivi previste.
Sui predetti aspetti rimane perciò fermo ogni potere di controllo
dell’amministrazione finanziaria.

La legge
n. 190 del 2014, all’articolo 1, commi da 54 a 89, ha introdotto un regime
fiscale agevolato, c.d. regime forfetario, rivolto ai contribuenti persone
fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in possesso di
determinati requisiti. Successivamente, l’articolo 1, commi da 9 a 11, della legge 30 dicembre 2018,
n.145 (legge di bilancio 2019) ha modificato, con portata estensiva,
l’ambito di applicazione del regime forfetario.

Tra le altre modifiche apportate, si rileva la
riformulazione di alcune delle cause ostative all’applicazione del regime
forfetario e, per quanto concerne il quesito posto dall’istante, in primis di
quella di cui alla lettera d-bis) del comma 57 dell’articolo 1 della legge
n. 190 del 2014 .

La richiamata lettera d-bis) del comma 57 prevede che non possono
avvalersi del regime forfetario le persone fisiche la cui attività sia
esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono
in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due
precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o
indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, a esclusione dei
soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica
obbligatorio ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Come riportato nella relazione illustrativa della
legge di bilancio 2019, la riformulazione della causa ostativa di cui alla
lettera d-bis) del citato comma
57 risponde alla ratio di evitare artificiose trasformazioni di attività di
lavoro dipendente

in attività di lavoro autonomo. Con riferimento alla
fattispecie rappresentata nell’istanza, nel presupposto che la nuova attività
di lavoro autonomo sia svolta in via prevalente nei confronti della società per
la quale finora l’istante è dipendente, si ritiene che sia integrata la causa
ostativa di cui alla citata lettera d-bis). Non può ritenersi applicabile il
principio affermato dalla scrivente nel parere n. 173 del 2019, in quanto nella
fattispecie esaminata il contribuente era residente all’estero, ivi aveva
svolto la sua attività di lavoro dipendente e, pertanto, mancava qualunque
criterio di collegamento con il territorio dello Stato italiano. Nella
fattispecie in esame, invece, come risulta dal dato presente in Anagrafe
tributaria, il Sig. TIZIO è, alla data odierna, ancora residente in Italia.
Pertanto, sussiste un criterio di collegamento di carattere personale con detto
Stato e in base all’articolo 2,
comma 2, del TUIR e dell’articolo
15, paragrafo 1 della Convenzione Italia- Paese estero , deve essere
tassato in Italia, come Stato della residenza, sui redditi di lavoro dipendente
prodotti nel Paese estero nel 2019 e nel 2020.

Ciò a meno che l’istante dimostri di essere
fiscalmente residente nel Paese estero , per le predette annualità, ai sensi
dell’articolo 4, paragrafo 2, della richiamata Convenzione, ossia invocando le
cosiddette tie breaker rule (di cui si tratterà più diffusamente in risposta al
secondo quesito).

Con riguardo al secondo argomento enunciato
dall’istante, si osserva che l’articolo
1, comma 692, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (d’ora in poi, legge di
bilancio 2020) ha modificato ulteriormente l’ambito di applicazione del regime
forfetario.

In particolare, è stata riformulata la causa
ostativa all’applicazione del regime forfetario di cui alla lettera d) del comma 57 dell’articolo 1 della legge
n. 190 del 2014.

Dopo la lettera d-bis), è stata aggiunta la lettera
d-ter) che dispone che i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito
redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del TUIR,
eccedenti l’importo di Euro 30.000 non possono avvalersi del regime forfetario.

Al riguardo si osserva che sulla questione posta
sono stati forniti chiarimenti in merito con risoluzione
n. 7/E dell’11 febbraio 2020.

In particolare in quella sede, con riferimento alla
causa di esclusione dall’applicazione del regime forfetario nell’ipotesi in
cui, nel periodo d’imposta precedente, il soggetto abbia percepito redditi di
lavoro dipendente o assimilati di importo lordo superiore a 30.000 euro, si è
precisato che, in base al tenore letterale della norma, la stessa opera già dal
periodo d’imposta 2020 se i contribuenti nel periodo d’imposta 2019 conseguono
redditi di lavoro dipendente e/o assimilati in misura superiore a Euro 30.000.

Sotto tale profilo, laddove il reddito lordo
percepito dal Sig. TIZIO superasse tale soglia, verrebbe integrata la causa
ostativa di cui alla citata lettera d-ter). Sul punto, si rileva che il
riferimento al periodo d’imposta deve intendersi riferito all’anno solare,
secondo quanto disposto dall’articolo
7, comma 1, del TUIR.

Da ultimo, occorre precisare che, ove fosse
accertata la residenza estera del Sig. TIZIO , a partire dal periodo d’imposta
2021 non potrebbe accedere al regime agevolativo in parola … Ai sensi dell’articolo 1, comma 57, lettera b)
della legge n. 190 del 2014, infatti, non possono avvalersi del regime
forfetario i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti
in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente
all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di
informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che
costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto.

Con riguardo al secondo quesito, in via preliminare
si rappresenta che esula dal presente parere ogni valutazione in merito alla
sussistenza dei requisiti per stabilire la residenza dell’istante. Come
chiarito dal paragrafo 1.1 della circolare primo
aprile 2016, n. 9/E, tale indagine è preclusa in sede di interpello
ordinario, comportando l’esame di elementi meramente fattuali di cui è
essenziale verificare la veridicità e completezza, possibile solo in sede di
accertamento.

Affinché il regime disciplinato dall’articolo 16, comma 1, del D.Lgs. 147
del 2015 sia applicabile, devono sussistere due presupposti: il lavoratore
non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il
trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni; l’attività
lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.

In base all’ordinamento interno, ai fini dell’individuazione
della residenza, si applica l’articolo
2 del TUIR, secondo cui sono fiscalmente residenti in Italia le persone
fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile),
sono iscritte nell’anagrafe nazionale della popolazione residente o hanno nel
territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative e la sussistenza anche
di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia
qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.

Pertanto, tenuto conto della rilevanza del solo dato
dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, il Sig. TIZIO ,
ancora iscritto in tale registro, risulta, per l’ordinamento nazionale,
fiscalmente residente in Italia.

Sul punto, tuttavia, viene in rilievo la previsione,
introdotta dal decreto crescita, secondo cui «I cittadini italiani non iscritti
all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a
decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre
2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché
abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro
le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a)»
(Cfr. articolo 16 comma 5 ter del
decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 come inserito dall’articolo 5, comma 1, lett. d) del
decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.).

In sostanza, la disposizione consente ai soggetti
che non risultano iscritti all’AIRE (come l’istante) di comprovare il requisito
della residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie
imposizioni.

Nel caso in esame, si fa specifico riferimento alla
citata Convenzione in vigore con il Paese estero , il cui articolo 4 paragrafo
2, stabilisce, conformemente al Modello OCSE, le tie breaker rule, ossia le
regole volte a dirimere eventuali conflitti di residenza tra gli Stati
contraenti. Dette regole fanno prevalere, su tutti, il criterio dell’abitazione
permanente, a cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi
vitali, il soggiorno abituale (invocato dall’istante) e la nazionalità.

Da quanto precede, quindi, il requisito formale
dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente potrebbe essere
superato qualora l’istante, in base alle tie breaker rule previste dal
Trattato, applicate nell’ordine gerarchico sopra descritto, risultasse
residente nel Paese estero .

Nello specifico, poiché l’istante invoca quale
criterio dirimente quello del luogo di soggiorno abituale, si presume che egli
disponga di un’abitazione permanente e mantenga il centro degli interessi
vitali in entrambi i Paesi.

Ciò chiarito, come già preliminarmente rilevato, il
riscontro sul luogo di soggiorno abituale del Sig. TIZIO non può essere operato
in questa sede, richiedendo la verifica di elementi fattuali che esulano
dall’istituto dell’interpello ordinario, la cui funzione consulenziale ne
limita l’ambito ai soli casi in cui ricorra un’incertezza interpretativa
attinente alla norma tributaria (c.d. “interpello ordinario puro”),
ovvero alla qualificazione giuridico-tributaria della fattispecie (c.d.
“interpello ordinario qualificatorio”).

Infatti, come affermato più volte nei documenti di
prassi, sono escluse dall’area dell’interpello tutte quelle ipotesi che,
coerentemente alla natura, alle finalità dell’istituto ed alle regole
istruttorie di lavorazione delle istanze, sono caratterizzate da una spiccata
ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa
amministrazione finanziaria solo in sede di accertamento, come le questioni
involgenti problemi collegati alla residenza delle persone fisiche (Cfr. circolare 1° aprile 2016 n.9/E, e risoluzione 3 dicembre 2008, n. 471/E).

Il medesimo principio, peraltro, è stato affermato
dalla giurisprudenza di merito e di legittimità che, nel sostenere la
cedevolezza del requisito formalistico dell’iscrizione anagrafica rispetto
all’approccio sostanziale previsto nelle Convenzioni, presuppone sempre
l’accertamento di situazioni di fatto (Cfr. Cassazione
Civile n. 26638 del 10 novembre 2017 e n.
20285 del 23 maggio 2013). Con riferimento al quesito subordinato
all’accertamento di residenza estera e relativo alla possibilità di avvalersi
del regime di tassazione agevolata destinato ai lavoratori impatriati e
disciplinato dall’articolo 16,
comma 1, del D.Lgs. 147 del 2015, si osserva quanto segue.

La domanda formulata dal contribuente, basandosi su
un fatto presupposto, ossia il rientro in Italia, meramente ipotetico e non
ulteriormente precisato dal medesimo, non può configurarsi come un caso
concreto e personale ai sensi dell’articolo 11, comma 1, della legge
n. 212 del 2000. Su tale aspetto, pertanto, l’istanza è da ritenersi
inammissibile, con la conseguenza che non potranno prodursi gli effetti di cui
al menzionato articolo 11 della
legge n. 212 del 2000.

Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 16 settembre 2020, n. 359
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