Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22395

Verbale di accertamento ispettivo, Diffida, Accertamento
negativo, Appalto, Obbligato solidale, Decadenza biennale dalla cessazione
dell’appalto, Notifica del verbale di accertamento, Condannata al pagamento
anche delle sanzioni civili, Esclusione dell’obbligo dell’appaltatore di
versare in via di solidarietà le sanzioni civili, Norma di interpretazione
autentica con efficacia retroattiva, Non sussiste

 

Rilevato che

 

1. con sentenza in data 29 settembre 2014, la Corte
di Appello di Bologna, nella contumacia di G. s.r.I., ha confermato la sentenza
di primo grado che, decidendo nel giudizio di accertamento negativo all’esito
della diffida (del febbraio 2010) seguita al verbale di accertamento, aveva
ritenuto la S. s.p.a. tenuta all’adempimento delle obbligazioni contributive
quale obbligato solidale con la G. s.r.l. alla quale, con contratto del 30
gennaio 2006, aveva concesso in appalto l’attività di carico, scarico,
movimentazione, sezionatura, mondatura, disosso e toelettatura delle ossa;

2. per la Corte di merito non operava, nei confronti
dell’INPS, la decadenza biennale dalla cessazione dell’appalto e assumeva
rilievo la notifica del verbale di accertamento ispettivo dell’intenzione di
procedere al recupero nei confronti dell’appaltante per i contributi omessi e
le sanzioni civili;

3. la Corte territoriale confermava, inoltre, la
sentenza gravata quanto all’onere della prova, compiutamente assolto dall’INPS,
per essere il verbale ispettivo fondato su dichiarazioni di alcuni lavoratori e
sulla significativa documentazione esaminata dagli ispettori (denunce e
comunicazioni inviate dalla G. s.r.l. agli organi competenti, brogliacci
rinvenuti presso la G., registrazioni badge segna ore del personale occupato
tenuto dalla S., fogli paga emessi dalla G.);

4. riformava, invece, la sentenza gravata quanto
alle sanzioni civili, ritenendole non estensibili al soggetto obbligato in
solido sul presupposto della non imputabilità dell’inadempimento all’obbligato
in via solidale;

5. avverso tale sentenza la S. s.p.a. ha proposto
ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato a due motivi, al quale
ha opposto difese l’INPS con controricorso e ha proposto ricorso incidentale,
affidato a un motivo, ulteriormente illustrato con memoria, cui S. s.p.a. non
ha resistito;

6. G. s.r.l. è rimasta intimata;

 

Considerato che

 

7. va premesso che il ricorso principale non risulta
notificato a G. s.r.l. giacché la parte ricorrente principale non ha neanche
tentato la notifica a detta società, diversamente dall’INPS, ricorrente
incidentale, che tentata, invano, una prima notifica al legale rappresentante
della società, L.P., nella sede in Napoli non risultante, tuttavia, al numero
civico indicato, ha ritentato la notifica, ai sensi dell’art. 143 cod.proc.civ., al predetto L.P. (come da
certificato di residenza che si assume allegato), in via E.T., n.xxx,
Frattamaggiore, ultima residenza nota, mediante deposito nella casa comunale di
Frattamaggiore;

8. la mancata notifica a G. S.r.l. non pregiudica
l’integrità del contraddittorio, versandosi in ipotesi di cause scindibili ex art. 332 cod. proc. civ. ;

9. tanto premesso, la ricorrente principale,
deducendo violazione degli artt. 2770 e 2697 cod.civ. e omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, censura la sentenza
impugnata per avere ritenuto i verbali ispettivi fondati su documentazione
esaminata dai funzionari ispettivi ma non prodotta dall’INPS in giudizio e per
avere attribuito al verbale ispettivo efficacia probatoria in difformità dalla
giurisprudenza di legittimità, assumendo che l’ulteriore materiale raccolto dai
verbalizzanti avrebbe dovuto essere liberamente apprezzato dal giudice per
rilevarne l’importanza agli effetti della prova;

10. il ricorso principale è da rigettare;

11. le censure additano, nella sostanza, un’errata
valutazione del compendio probatorio e si risolvono nella richiesta di un
diverso apprezzamento degli elementi di fatto, inammissibile in questa sede di
legittimità;

12. spetta al giudice di merito, in via esclusiva,
il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e
valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere,
tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee
a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto
a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive,
dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze
che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con
la decisione adottata (v., fra le tante, Cass., n.
13485 del 2014);

13. in particolare, quanto alla censura per omesso
esame di un fatto decisivo, a prescindere dal rilievo che si evocano
genericamente atti che si assume trascurati, vale riaffermare, con le Sezioni
unite della Corte (v., per tutte, sentenza n. 8053
del 2014), che alla stregua del novellato vizio di motivazione, applicabile
ratione temporis, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé,
il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se il fatto storico rilevante in
causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza
non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

14. in sede di legittimità non è data ora (come del
resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente del n. 5
dell’art. 360 cod.proc.civ.) la possibilità di
censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata
dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento
istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico
ma la stessa attività di valutazione del compendio probatorio, che solo al
giudice di merito compete;

15. inoltre, con orientamento consolidato questa
Corte afferma che i verbali ispettivi fanno piena prova fino a querela di
falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o
da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni
raccolte a verbale ma non anche delle valutazioni dell’ispettore o dei fatti
non percepiti direttamente ma affermati dall’ispettore in base ad altri fatti
(cfr., fra le tante, Cass. n.9632 del 2016), e che tale materiale probatorio è
liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche
considerarlo prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio
o il concorso di altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori
mezzi istruttori (v., fra le tante, Cass. n. 11934
del 2019);

16. quanto alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod.civ., siffatta doglianza, in
continuità con i numerosi precedenti di questa Corte (v., ex multis, Cass. n.
8554 del 2018), è configurabile, integrando motivo di ricorso per cassazione ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3,
cod.proc.civ., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito
l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata,
secondo le regole dettate da quella norma, mentre laddove la censura sia
incentrata sulla valutazione delle risultanze istruttorie, attività regolata
dagli artt. 115 e 116
cod.proc.civ., il relativo vizio può essere fatto valere, ai sensi del n. 5
del citato articolo 360, del codice di rito,
secondo il paradigma del novellato vizio di motivazione, secondo
l’interpretazione data dalle già richiamate Sezioni unite della Corte (sentenza n. 8053 del 2014 cit. e numerose
successivi conforme);

17. è da accogliere il ricorso incidentale con il
quale l’ente previdenziale deduce che la società avrebbe dovuto essere
condannata al pagamento anche delle sanzioni civili in ragione del fatto che l’art. 21 del d.l. n. 5 del 2012, conv.,
con modif., dalla legge n. 35 del 2012,
laddove esclude che l’obbligo dell’appaltatore di versare i contributi in via
di solidarietà si estenda anche alle sanzioni civili, non è norma di
interpretazione autentica con efficacia retroattiva, conclusione alla quale
l’ente previdenziale giunge confrontando le formulazioni dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003
succedutesi nell’arco temporale rilevante nel caso di specie;

18. costituisce principio consolidato che il
disposto dell’art. 21 sopra
citato non ha natura interpretativa né effetti retroattivi (v., fra le altre, Cass. n. 18259 del 2018 e, da ultimo, Cass. n.20849 del 2019 e 6449 del 2020) ed a tale orientamento va
assicurata continuità;

19. si è detto che, al fine di contrastare
l’evasione dei contributi previdenziali, l’art. 35, comma 28, del d.l. n. 223 del
2006, convertito, con modificazioni, in legge
n. 248 del 2006, ha introdotto la responsabilità solidale dell’appaltatore
con il subappaltatore per le ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente
e i contributi previdenziali e assicurativi obbligatori per gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il
subappaltatore;

20. la tesi secondo la quale la responsabilità per
le sanzioni della predetta condotta omissiva non sarebbe inclusa nella
responsabilità solidale trascura di considerare la natura accessoria della
sanzione, affermata da costante giurisprudenza di questa Corte, conseguenza automatica
dell’inadempimento o del ritardo, legalmente predeterminata, introdotta
nell’ordinamento al fine di rafforzare l’obbligazione contributiva e risarcire,
in misura predeterminata dalla legge, con presunzione juris et de jure, il
danno cagionato all’istituto assicuratore (cfr., ex multis, Cass. n. 30363 del
2017; Cass. n. 14475 del 2009; Cass. n. 24358
del 2008; Cass. n. 8323 del 2000; sulla
funzione essenzialmente risarcitoria v. Corte
Cost. n. 254 del 2014; sull’identità di natura giuridica per inferirne il
medesimo regime prescrizionale cfr. Cass. n. 8814 del 2008; Cass. n. 25906 del
2010; Cass. n. 2620 del 2012; Cass. n. 4050 del 2014 e, in precedenza, Cass. n. 9054 del 2004; Cass. n. 194 del 1986);

21. anche le Sezioni unite della Corte, con la decisione n.5076 del 2015, intervenendo in tema
di estensione al credito per sanzioni civili degli effetti degli atti
interruttivi posti in essere con riferimento al credito contributivo, hanno
affermato che, sotto il profilo normativo, le somme aggiuntive appartengono
alla categoria delle sanzioni civili, vengono applicate automaticamente in caso
di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi assicurativi e
consistono in una somma ex lege predeterminata il cui relativo credito sorge de
iure alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo,
in relazione al periodo di contribuzione;

22. vi è, quindi, tra la sanzione civile di cui
trattasi e l’omissione contributiva, cui la sanzione civile inerisce, un
vincolo di dipendenza funzionale che, in quanto contrassegnato dall’automatismo
della sanzione civile rispetto all’omesso o ritardato pagamento, incide non
solo geneticamente sul rapporto dell’una rispetto all’altra ma conserva questo
suo legame di automaticità funzionale anche dopo l’irrogazione della sanzione,
sì che le vicende che attengono all’omesso o ritardato pagamento dei contributi
non possono non riguardare, proprio per il rilevato legame di automaticità
funzionale, anche le somme aggiuntive che, come detto, sorgendo automaticamente
alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo
rimangono a questo debito continuativamente collegate in via giuridica» (così Cass., Sez.U., n. 5076 del 2015 cit.);

23. l’automaticità funzionale, legalmente
predeterminata, della sanzione civile rispetto all’obbligazione contributiva,
porta ad includere, nell’affermata responsabilità solidale, anche le sanzioni
civili;

24. inoltre, l’obbligazione solidale sulla quale è
incentrato il ricorso all’esame ricade, ratione temporis, nell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276 del
2003, nella formulazione sostituita dalla legge
n. 296 del 2006, in vigore dal 1° gennaio 2007 (ulteriormente modificato,
con d.l. n. 5 del 2012, non rilevante, in
questa sede);

25. non risulta applicabile, nella specie, ratione
temporis, l’esclusiva responsabilità, in capo all’inadempiente, sancita dall’art. 21, comma 1, del citato d.l. n.
5 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla richiamata L. n. 35 del 2012 che, disciplinando nuovamente
la responsabilità solidale negli appalti ha sanzionato, per l’omissione
contributiva, solo il responsabile dell’inadempimento, escludendo le sanzioni
dal vincolo solidale, con disposizione che, e per non avere in nuce carattere
interpretativo e per la predeterminazione, per legge, del soggetto passivo della
sanzione civile, non contiene elementi per indurre l’interprete a predicarne il
valore interpretativo e, in quanto tale, retroattivo secondo i criteri fissati
dalla giurisprudenza costituzionale (sull’efficacia innovativa e non
interpretativa, si veda, per tutte, Corte Cost.
nn. 271 e 257 del 2011, 209 del 2010, 24
del 2009 e 170 del 2008);

26. non induce, per altro, a diversa opinione
l’osservazione che assume che l’interpretazione nel senso della natura
innovativa della predetta disposizione condurrebbe all’irragionevole risultato
della responsabilità solidale, per le sanzioni civili, secondo la collocazione
temporale dell’inadempimento dell’appaltatore, dovendo pertanto dubitarsi della
legittimità costituzionale della precedente versione del d.lgs. n. 276 del 2003, art. 29,
comma 2;

27. vale richiamare, al riguardo, i principi più
volte ribaditi dal Giudice delle leggi, e riaffermati anche con la sentenza n. 254 del 2014 che, nel ritenere
infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 2 del d.lgs. n. 276
del 2003 come modificato dall’art.
1, comma 911 della L. n. 296 del 2006, e nel solco della costante
giurisprudenza costituzionale, ha escluso la non conformità al principio di
eguaglianza di un trattamento differenziato applicato alle stesse fattispecie,
ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo può costituire un
valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche (v. Corte Cost. n. 254 del 2014 cit. e i precedenti
ivi richiamati);

28. dunque, già è stata ritenuta non lesiva del
canone di ragionevolezza la circostanza che la nuova disciplina in tema di
responsabilità solidale del committente e dell’appaltatore, dettata dall’art. 21 del d.l. n. 5 del 2012,
convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della L. n. 35 del 2012, si applichi agli inadempimenti
contributivi avvenuti dopo la sua entrata in vigore, in applicazione dei
principi generali in tema di successione di leggi nel tempo;

29. in conclusione, va rigettato il ricorso
principale e accolto il ricorso incidentale, la sentenza va cassata in
relazione al ricorso accolto e, per essere necessario un ulteriore esame del
gravame, la causa va rinviata alla Corte di appello indicata in dispositivo,
anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità;

30. ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del
2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di
contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,comma 1-bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso
principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e
rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Bologna, in diversa composizione. Ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del
2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di
contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22395
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