Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 ottobre 2020, n. 23146

Infortunio sul lavoro, Indennizzo per inabilità assoluta
temporanea, Rischio elettivo, Azione determinante l’evento non compiuta dal
lavoratore, lnteresse all’impugnazione, personale docente ed ATA in servizio
presso le istituzioni scolastiche, Condotta incauta del lavoratore non
comporta un concorso idoneo a ridurre la misura del risarcimento

 

Rilevato che

 

1. la Corte d’Appello di Catania, in parziale
accoglimento dell’appello proposto da N.L. avverso la sentenza del Tribunale
della stessa sede che aveva rigettato tutte le domande, ha condannato il
Ministero dell’Istruzione al risarcimento dei danni patiti dall’appellante in
conseguenza dell’infortunio sul lavoro verificatosi il 23 aprile 1999 e, in
relazione al medesimo infortunio, ha condannato l’INAIL al pagamento in favore
della L. dell’indennizzo per inabilità assoluta temporanea di 150 giorni;

2. la Corte territoriale ha premesso in fatto che
l’appellante, dipendente del Comune di Acireale con qualifica e mansioni di
operatore scolastico, mentre prestava servizio presso la scuola elementare del
1° Circolo, era stata attinta al volto da una caffettiera esplosa durante la
preparazione del caffè, che stava avvenendo, ad opera di soggetti non
identificati, all’interno del locale utilizzato dal personale ausiliario;

3. il giudice d’appello, per quel che ancora rileva
in questa sede, ha ritenuto che l’infortunio fosse avvenuto in occasione di
lavoro, in quanto la L. era intenta a svolgere le proprie mansioni, ed ha
escluso il rischio elettivo perché l’azione che aveva determinato l’evento non
era stata compiuta dalla ricorrente, la quale non aveva posto in essere alcuna
condotta, volontaria ed abnorme, idonea ad interrompere il nesso causale;

4. ha ritenuto che la responsabilità dell’incidente
dovesse essere addebitata al Ministero e non al Comune di Acireale ed ha
rilevato al riguardo che la L., sebbene dipendente dell’ente locale, rendeva la
prestazione lavorativa in favore dell’istituto didattico statale, sul quale
gravava l’obbligo imposto dall’art. 2087 cod. civ.,
perché il Comune non esercitava il potere direttivo ed organizzativo né era in
condizione di vigilare costantemente sulla sicurezza dell’ambiente di lavoro;

5. il giudice d’appello ha evidenziato che il
Ministero non aveva dimostrato di avere apprestato tutte le misure necessarie
ad evitare il danno giacché, al contrario, dall’istruttoria era emerso che la
preparazione del caffè all’interno del locale destinato agli operatori
scolastici era abituale ed era stata consentita dal datore di lavoro, il quale
non aveva vigilato, come era suo onere, per impedire che nell’ambiente di
lavoro si realizzassero situazioni pericolose per i lavoratori;

6. la cassazione della sentenza è domandata dal
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dalla Direzione
Scolastica Regionale Ufficio XVI0 Ambito Territoriale di Catania, dal Circolo
Didattico Elementare di Acireale sulla base di tre motivi, ai quali ha opposto
difese N.L., che ha proposto ricorso incidentale condizionato affidato ad
un’unica censura;

7. il Comune di Acireale e l’INAIL hanno notificato
controricorso ed il Procuratore Generale in data 2 marzo 2020 ha concluso per
il rigetto del ricorso.

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo del ricorso principale è
denunciata la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 I. n. 59/1997 e
successiva normativa di attuazione (d.lgs. 59/1998 e, da ultimo, D.I.M. n. 144/2001)», perché la Corte territoriale
doveva escludere la legittimazione del Ministero e dell’Istituto Scolastico e
ritenere passivamente legittimato solo il Comune di Acireale, alle cui dipendenze
la L., transitata nei ruoli statali solo a far tempo dal 1° gennaio 2000,
prestava servizio al momento dell’infortunio;

1.1. il Ministero fa leva anche sull’autonomia
riconosciuta alle singole scuole dalla disposizione richiamata in rubrica ed
aggiunge che la Dirigenza scolastica aveva tenuto un comportamento                                                                                                                                                                      
conforme alle norme in materia di infortuni «invitando più volte
controparte a fornire all’ufficio del personale del Comune una relazione sulla
dinamica dell’incidente e acquisendo ogni utile informazione dal personale
docente in servizio»;

2. la seconda critica del ricorso principale addebita
alla sentenza impugnata la violazione dell’art.
2087 cod. civ., non invocabile dalla lavoratrice, sia perché la
preparazione del caffè non costituisce un’attività da espletare all’interno
dell’istituto scolastico, sia in quanto la L. avrebbe dovuto impedire che il
fornello elettrico e la caffettiera venissero utilizzati impropriamente nel
locale alla stessa assegnato;

3. infine con il terzo motivo i ricorrenti
principali denunciano la violazione dell’art. 2043 cod. civ. e sostengono che,
una volta esclusa l’applicabilità dell’art. 2087
cod. civ., gravava sulla danneggiata l’obbligo di provare la responsabilità
extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ. in
tutti i suoi elementi costitutivi, onere non assolto nella fattispecie perché
l’evento dannoso si era verificato in conseguenza di una condotta estranea alla
prestazione lavorativa ed addebitabile alla stessa L.;

3.1. aggiungono che quest’ultima aveva quantomeno
concorso alla causazione del danno ed infine rilevano che doveva essere escluso
il nesso causale con l’invalidità permanente in quanto nell’immediatezza dei
fatti era stata diagnosticata una banale contusione escoriata alla fronte
guaribile in otto giorni;

4. la ricorrente incidentale denuncia, con un unico
motivo del ricorso condizionato, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 cod. civ. ed assume che doveva essere
riconosciuta la responsabilità solidale del Ministero e del Comune di Acireale
in quanto, nel caso di scissione fra la qualità di titolare del rapporto e
quella di utilizzatore della prestazione, l’obbligo di sicurezza grava su
entrambi i soggetti, tenuti a preservare l’incolumità fisica del lavoratore;

5. preliminarmente occorre dichiarare
l’inammissibilità del ricorso principale proposto dalla Direzione Scolastica
Regionale di Catania e dal Circolo Didattico Elementare di Acireale, che non
hanno interesse ad impugnare la pronuncia, con la quale la domanda risarcitoria
è stata accolta nei confronti del solo Ministero dell’Istruzione, condannato al
pagamento della complessiva somma di € 11.299,00;

5.1. l’interesse all’impugnazione, manifestazione
del più generale principio dell’interesse ad agire, va desunto dall’utilità
giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte
che lo propone e viene, pertanto, a collegarsi alla soccombenza, anche
parziale, nel precedente giudizio (cfr. fra le tante Cass. n. 13395/2018, Cass. n. 594/2016, Cass. S.U. n. 24470/2013),
sicché può essere ritenuto sussistente solo qualora il gravame sia volto ad
impedire il passaggio in giudicato della decisione sfavorevole per la parte e
sia ravvisabile un’utilità per l’impugnante, conseguente alla rimozione della
pronuncia (Cass. S.U. n. 12637/2008);

5.2. le richiamate condizioni non ricorrono nel caso
di specie, tanto più che le deduzioni sviluppate nel primo motivo di ricorso,
lì dove tendono a sostenere che andava riconosciuta la responsabilità non del
Ministero bensì dell’Istituto, dotato di personalità giuridica, si pongono in
contrasto con l’interesse di quest’ultimo;

6. sono infondati entrambi gli argomenti sui quali
il MIUR fa leva per avvalorare la tesi della sua estraneità al rapporto dedotto
in giudizio;

6.1. da tempo questa Corte ha affermato che dopo
l’emanazione e l’attuazione della legge delega n.
59/1997 è rimasto immutato il rapporto organico con l’Amministrazione statale
del personale docente ed ATA in servizio presso le istituzioni scolastiche
(Cass. n. 6372/2011, Cass. n. 20521/2008, Cass. n. 9752/2005), ed ha
evidenziato anche che l’attribuzione agli istituti ed ai circoli didattici
della personalità giuridica, rilevante sul piano gestionale ed amministrativo,
non ha privato i soggetti della qualità di organi dello Stato, con la
conseguenza che in capo a quest’ultimo è rimasta la legittimazione passiva per
le azioni risarcitorie intentate dagli allievi (Cass. n. 19158/2012);

6.2. la responsabilità del Ministero in relazione
all’infortunio occorso alla controricorrente non può essere esclusa facendo
leva sul fatto che l’evento lesivo si è verificato il 23 aprile 1999, in epoca
antecedente l’entrata in vigore della legge n.
124/1999, e quindi quando il rapporto di lavoro intercorreva ancora fra la
L. ed il Comune di Acireale;

6.3. con l’art. 8 della richiamata legge n.
124/1999 il legislatore ha previsto il trasferimento nei ruoli statali del
personale ATA dipendente degli enti locali in servizio presso le istituzioni
scolastiche ed ha anche abrogato le disposizioni che prevedevano «la fornitura
di tale personale da parte dei comuni e delle province» (comma 1);

6.4. in precedenza la legislazione statale,
risalente nel tempo (artt. 91 e 144 del R.D. n. 383/1934), aveva imposto ai
Comuni ed alle Province di farsi carico, non solo della costruzione, della
manutenzione e dell’arredo degli edifici scolastici, ma anche del personale
inserviente nonché di quello addetto ai servizi di segreteria, ripartendo la
competenza in ragione dell’ordine e del grado della scuola, di modo che il
personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in servizio nei diversi
istituti scolastici non apparteneva ad un unico ruolo, ma era suddiviso fra lo
Stato e gli enti locali, sebbene svolgesse la medesima funzione di supporto
all’attività educativa della scuola statale, nei diversi aspetti
amministrativi, gestionali, operativi, di accoglienza e di sorveglianza;

6.5. le disposizioni che imponevano agli enti locali
la “fornitura” del personale ATA realizzavano una scissione fra
rapporto organico e rapporto di servizio, non dissimile da quella che si
verifica, sia pure in via temporanea, nell’ipotesi del comando, caratterizzato,
appunto, dalla dissociazione fra titolarità del rapporto d’ufficio ed esercizio
dei poteri di gestione, conseguente all’inserimento del dipendente, sia sotto
il profilo organizzativo – funzionale, sia sotto quello gerarchico e
disciplinare, nell’amministrazione di destinazione, a favore della quale egli
presta esclusivamente la sua opera (Cass. 8.9.2005
n. 17842 e più di recente negli stessi termini Cass. n. 12498/2020);

6.6. da detta scissione, riscontrabile in altri
settori dell’impiego pubblico contrattualizzato (cfr. Cass. S.U. n. 9279/2016 e
Cass. S.U. n. 8521/2012), discende che l’amministrazione statale beneficiaria
della prestazione non può essere ritenuta estranea al rapporto contrattuale,
come pretende il Ministero, perché, al contrario, in quanto titolare del
rapporto di servizio, assume tutti i poteri e gli obblighi che da quel rapporto
derivano;

6.7. si configura, pertanto, una
“cogestione” (Cass. S.U. n. 9279/2016) che si riflette anche
sull’obbligo di sicurezza e sulla correlata posizione di garanzia, giacché se,
da un lato, è sul titolare del rapporto organico che gravano le obbligazioni
più specificamente riferibili all’instaurazione del rapporto ed all’attività
propedeutica alla prestazione, dall’altro è il soggetto in favore del quale
l’attività viene resa che è tenuto a garantire la sicurezza del luogo di
lavoro, a prevenire situazioni di rischio ed a controllare che le misure
precauzionali vengano correttamente attuate;

6.8. in relazione agli istituti scolastici la
normativa applicabile alla fattispecie ratione temporis (d.lgs. n. 626/1994, d.lgs. n. 241/1996, d.m. n.
291/1996, d.m. n. 382/1998) ha attribuito la
qualità di datore di lavoro, che nelle pubbliche amministrazioni spetta al
dirigente titolare dei poteri di gestione (art. 2 lett. b d.lgs. n. 626/1994),
ai “capi delle istituzioni scolastiche ed educative statali” (d.m. n.
292/1996 richiamato dall’art. 1, comma 1, del regolamento adottato con d.m. n. 382/1998) ed ha compiutamente disciplinato
gli obblighi che gravano sul dirigente scolastico a tutela dell’incolumità del
personale dipendente e degli alunni, ponendo a carico del dirigente stesso
anche l’obbligo di richiedere all’ente locale la realizzazione degli interventi
manutentivi e di adottare in via d’urgenza “ogni misura idonea a contenere
o eliminare lo stato di pregiudizio” alla sicurezza ed alla salute dei
lavoratori e degli allievi (art.
5 d.m. n. 382/1998);

6.9. dalle richiamate disposizioni si evince,
pertanto, che la posizione di garanzia, quanto all’ambiente di lavoro, grava
innanzitutto sul dirigente, il quale è tenuto a vigilare ed a richiedere
l’intervento dell’ente proprietario dell’edificio ove siano necessarie
modifiche strutturali;

6.10. la sentenza impugnata non è affetta dal vizio
di violazione di legge denunciato perché correttamente ha ritenuto, da un lato,
di valorizzare la richiamata scissione fra rapporto organico e rapporto di
servizio e, dall’altro, che gravasse sul Ministero, il quale per il tramite del
dirigente scolastico gestiva l’organizzazione dell’istituto, l’obbligo di
vigilare affinché nell’ambiente di lavoro non si realizzassero situazioni
pericolose;

7. dalle considerazioni che precedono discende
altresì l’infondatezza del secondo e del terzo motivo nella parte in cui
assumono l’inapplicabilità dell’art. 2087 cod. civ.
(2° motivo) e pretendono di sussumere la fattispecie nel diverso ambito della
responsabilità extracontrattuale (3° motivo);

7.1. si è già detto che l’obbligo di sicurezza non
fa capo solo al titolare del rapporto organico bensì si inserisce nel
sinallagma del rapporto di servizio e, pertanto, ha natura contrattuale e resta
disciplinato dall’art. 2087 cod. civ., oltre
che dalla normativa speciale dettata a tutela della salute dei lavoratori;

7.2. è, conseguentemente, applicabile alla
fattispecie il principio di diritto, affermato da questa Corte e qui ribadito,
secondo cui «in materia di infortuni sul lavoro, al di fuori dei casi di rischio
elettivo, nei quali la responsabilità datoriale è esclusa, qualora ricorrano
comportamenti colposi del lavoratore, trova applicazione l’art. 1227, comma 1, c.c., tuttavia, la condotta
incauta del lavoratore non comporta un concorso idoneo a ridurre la misura del
risarcimento ogni qual volta la violazione di un obbligo di prevenzione da
parte del datore di lavoro sia munita di incidenza esclusiva rispetto alla
determinazione dell’evento dannoso; in particolare, tanto avviene quando
l’infortunio si sia realizzato per l’osservanza di specifici ordini o
disposizioni datoriali che impongano colpevolmente al lavoratore di affrontare
il rischio, quando l’infortunio scaturisca dall’integrale impostazione della
lavorazione su disposizioni illegali e gravemente contrarie ad ogni regola di
prudenza o, infine, quando vi sia inadempimento datoriale rispetto all’adozione
di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili
ex ante ed idonee ad impedire, nonostante l’imprudenza del lavoratore, il
verificarsi dell’evento dannoso» (Cass. n.
30679/2019);

7.3. la Corte territoriale, con accertamento di
fatto non censurabile in questa sede, ha escluso il rischio elettivo, perché la
caffettiera esplosa era stata posta sul fornello non dalla L. bensì da terzi
non identificati, ed ha anche ritenuto provato che l’attività pericolosa si
svolgeva in modo sistematico all’interno dell’istituto, sicché, evidentemente,
il datore di lavoro, che non l’aveva impedita, era venuto meno al suo dovere di
vigilare e di emanare specifiche direttive volte a prevenire il verificarsi di
eventi dannosi;

7.4. la ricostruzione dei fatti che si legge nella
sentenza impugnata, valutata alla luce del principio di diritto richiamato nel
punto che precede, porta ad escludere alla radice ogni rilevanza delle
circostanze sulle quali il Ministero fa leva per sostenere una colpa
concorrente della L., perché sebbene il legislatore, in tema di sicurezza,
abbia posto precisi obblighi anche a carico del lavoratore (art. 5 del d.lgs. n. 626/1994
poi trasfuso nell’art. 20 del
d.lgs. n. 81/2008), impegnandolo ad osservare le misure precauzionali ed a
segnalare eventuali condizioni di pericolo, tuttavia non ha certo inteso
attenuare, attraverso la previsione di detto obbligo di collaborazione, il
debito di sicurezza che grava sul datore, nella specie non adempiuto perché,
ove il dirigente avesse vigilato come era suo onere ed impartito le opportune
direttive, l’evento lesivo non si sarebbe verificato;

7.5. per il resto gli argomenti sviluppati nel
secondo e nel terzo motivo di ricorso, sotto l’apparente deduzione del vizio di
violazione di legge, sollecitano una diversa valutazione delle risultanze
probatorie, ossia un giudizio riservato al giudice del merito, che nella specie
ha dato ampio conto delle ragioni per le quali doveva essere ascritta al
Ministero la responsabilità dell’infortunio e dei criteri seguiti nella
valutazione del danno nonché nella quantificazione del risarcimento;

8. in via conclusiva il ricorso deve essere
rigettato, con conseguente condanna del MIUR al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate per ciascun controricorrente nella misura
indicata in dispositivo;

9. il rigetto del ricorso esime dall’esame
dell’impugnazione incidentale, espressamente condizionata all’accoglimento di
quella principale;

10. non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del
2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti delle
Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a
debito, sono istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro
qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n.
9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale, e condanna il Ministero al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità liquidate per ciascun controricorrente in € 200,00 per esborsi ed €
4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15%
ed agli accessori di legge.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 ottobre 2020, n. 23146
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