Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 dicembre 2020, n. 29228

Stranieri, Riconoscimento dello status di rifugiato politico,
del diritto alla protezione sussidiaria ex artt. 14 e ss. d. Igs. 251/2007
o alla protezione umanitaria previsto dall’art. 5 comma 6, d. Igs. 286/1998
– Domanda

 

Rilevato che

 

Con decreto depositato in data 18/12/2019 il
Tribunale di Napoli respingeva il ricorso proposto da K.D., cittadino ivoriano,
avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla
competente Commissione territoriale, volto a conseguire il riconoscimento dello
status di rifugiato politico, del diritto alla protezione sussidiaria ex artt. 14 e ss. d. Igs. 251/2007
o alla protezione umanitaria previsto dall’art. 5 comma 6, d. Igs. 286/1998;

in particolare il Tribunale, dopo aver sottolineato
le incongruenze presenti nel racconto del migrante, riteneva che non fossero
emersi elementi da cui fosse possibile trarre la conclusione che la vita del
migrante potesse essere in pericolo in caso di rimpatrio, rimanendo così
precluso l’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di
rifugiato o della protezione sussidiaria formulata ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b), d. Igs.
251/2007;

il Collegio di merito escludeva poi la sussistenza
dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), d.lgs. 251/2007,
atteso che, alla stregua delle notizie acquisite, la situazione del paese di
origine non era caratterizzata da una generalizzata e indiscriminata violenza
derivante da conflitto armato; né era stata allegata alcuna situazione di
pericolo cui il richiedente sarebbe stato esposto al rientro in Patria;

infine, rispetto alla richiesta di protezione umanitaria,
il Tribunale riscontrava la carenza dei fattori soggettivi di vulnerabilità,
quali l’età del richiedente, le sue condizioni di salute e la sua vita
anteatta, neanche assumendo rilievo l’esperienza negativa vissuta nella Libia,
paese di transito;

ricorre per cassazione avverso questa pronuncia la
parte soccombente al fine di far valere tre motivi di impugnazione;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei
termini di legge .con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini
dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa;

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.,
la violazione degli artt. 2, 3,
5, 6 e 14 d. Igs. 251/2007 e 8 d. Igs. 25/2008, in quanto il
Tribunale avrebbe fondato la propria valutazione negativa in ordine alla
credibilità delle dichiarazioni del ricorrente su parametri diversi da quelli
normativi, tralasciando di considerare i riscontri oggettivi relativi alla
situazione generale esistente nel paese di origine, ritenuto ad alto potenziale
di criminalità politica e comune;

2. il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la
violazione dell’art. 5, comma 6,
d. Igs. 286/1998, in quanto il Tribunale, chiamato a verificare la presenza
di una condizione di vulnerabilità da proteggere alla luce degli obblighi
costituzionali e internazionali gravanti sullo Stato italiano, avrebbe omesso
di considerare diritti coinvolgenti la sfera personale e umana del migrante,
quali il diritto alla salute e all’alimentazione, alla luce del percorso di
integrazione compiuto nel contesto sociale del paese di accoglienza; il
ricorrente assume che il Tribunale non abbia valorizzato, ai fini del
riconoscimento della protezione, umanitaria, la situazione esistente nel paese
di origine, inidonea a garantire il suo diritto alla salute e
all’alimentazione;

3. il terzo motivo prospetta la violazione dell’art.3 del d.lgs n. 251 del 2007,
in relazione all’art.360 n.5 c.p.c., per avere
la corte d’appello erroneamente affermato che il paese di provenienza del
ricorrente non presentasse particolari problematiche, spettando al giudice il
compito di cooperare nell’accertamento delle condizioni che consentono allo
straniero di godere della protezione internazionale, acquisendo anche d’ufficio
le informazioni necessarie in virtù del principio del cd. onere probatorio
attenuato; ci si duole altresì che il giudicante abbia del tutto omesso ogni
forma di valutazione del contratto di lavoro subordinato e modello Unilav
trasmessi all’Inps e depositati in atti attestante che il ricorrente aveva
dimostrato di avere “intrapreso in Italia un significativo percorso di
integrazione sociale”;

4. il ricorso è fondato e va accolto entro i termini
che si vanno ad esporre;

deve infatti rimarcarsi che, secondo i principi
consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, da ribadirà in questa sede,
in tema di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), del d.lgs. n. 251
del 2007, il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la
situazione generale esistente nel Paese d’origine del richiedente va esercitato
dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo
che sia possibile verificarne anche l’aggiornamento;

rispetto alle ipotesi di pericolo integrante la
protezione sussidiaria D.Lgs. n.
251 del 2007, ex art. 14, lett. b) e c) il giudice del merito è tenuto ad
un aggiornamento informativo riferito alla situazione attuale al fine di
verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica
indicata dal ricorrente ed astrattamente sussumibile in entrambe le tipologie
tipizzate di rischio, sia sussistente al momento della decisione (vedi in
motivazione Cass. 16/7/2015 n.14998);

il dovere di cooperazione istruttoria che gli artt.3 del D.Lgs. n. 251 del 2007
ed 8 del D.Lgs. n.25 del 2008
pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale o
umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I.
(Country of origin information) ed altre informazioni relative alla condizione
interna del Paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della
specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei
fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad
eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione, in funzione della
loro oggettiva notorietà, è censurabile in sede di giudizio di legittimità
(vedi ex plurimis, Cass. 16/7/2020 n.15215);

è bene inoltre rammentare che detto esercizio
officioso del potere d’indagine riservato al giudice della protezione
internazionale, neanche trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni
rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che
il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza
dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che
fonda tale forma di protezione (cfr. Cass. 6/7/2020 n.13940, Cass. 29/5/2020,
n.10286; Cass. 24/5/2019 n.14283; Cass. 25/7/2018 n.19716; Cass. 28/06/2018
n.17069; Cass. 16/7/2015 n.14998);

orbene, nello specifico il Tribunale ha disatteso i
summenzionati principi, avendo escluso la sussistenza di un pericolo per il
ricorrente di essere esposto alle conseguenze di una violenza indiscriminata
nel proprio paese di origine (Costa d’Avorio) – in particolare, facendo
riferimento all’area periferica di Abijan, luogo di provenienza del ricorrente,
in cui erano cessati dalla fine del 2017 i disordini determinati dalle
rivendicazioni dei militari ivoriani – “sulla base di notizie di pubblico
dominio”;

si tratta di un riferimento del tutto generico che
non consente di ritenere rispettato l’onere di cooperazione istruttoria
definito dai richiamati dieta e gravante sul giudice del merito il quale, nel
pervenire alla definizione del proprio convincimento, non ha attinto a fonti
informative aggiornate ed autorevoli, limitandosi a fare generico riferimento a
dati acquisiti .alla comune conoscenza, così non consentendo lo scrutinio della
loro attendibilità e fondatezza mediante l’esatta individuazione della fonte di
conoscenza e il controllo sul contenuto delle informazioni acquisite.

Alla stregua delle sinora esposte argomentazioni, il
ricorso deve essere accolto quanto al profilo descritto, con assorbimento di
quelli ulteriori;

la sentenza va cassata con rinvio al Tribunale
designato in parte dispositiva, il quale provvederà a scrutinare la fattispecie
devoluta alla luce dei principi enunciati, provvedendo anche in ordine alle
spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione;
cassa la pronuncia impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente
giudizio.

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