Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2021, n. 3544

Lavoro, Nullità del contratto part time per difetto della
forma scritta prevista ad substantiam, Riconoscimento del rapporto di lavoro
come un ordinario rapporto full time, Diritto alla retribuzione parametrata ad
un orario a tempo pieno

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza 21 febbraio 2017, la Corte d’appello
di Napoli condannava G.D.M. al pagamento, in favore di C.M., della somma di €
17.999,93 oltre interessi dalle singole scadenze, a titolo di differenze
retributive per la prestazione dal secondo di lavoro subordinato (a tempo
parziale) in favore del primo, con mansioni di impiegato nella sua agenzia di
assicurazioni: così riformando la sentenza di primo grado, che l’aveva invece
condannato al pagamento della somma di € 98.512,66 oltre accessori, a titolo di
differenze retributive in un rapporto di lavoro a tempo pieno;

2. a motivo della decisione, la Corte territoriale
riteneva provata, alla luce delle scrutinate risultanze istruttorie, la
decorrenza del periodo lavorativo dal 5 aprile 1994, anziché dal 1° febbraio
1993, al 30 giugno 2005 con orario di tre ore (anziché 7,30 ore come invece
domandato dal lavoratore e accertato dal Tribunale) per cinque giorni alla
settimana e la spettanza dell’indennità di mancato preavviso dovutagli, in
quanto ben determinabile tramite C.t.u., infatti disposta;

3. con atto notificato il 18, 23 e 25 agosto 2017,
il lavoratore ricorreva per cassazione avverso la sentenza con sei motivi,
illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis 1
c.p.c., cui il datore di lavoro resisteva con controricorso;

 

Considerato che

 

1. il ricorrente deduce omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione per la mancata considerazione di un fatto decisivo
ai fini della decisione, quale l’assoluta attendibilità dei testi A.E. e G.P.,
invece esclusa dalla Corte territoriale (primo motivo); vizio di motivazione in
ordine all’irrilevanza delle prove offerte e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., alla mancata
valorizzazione del difetto di pattuizione scritta dell’orario di lavoro, come
stabilito dall’art. 5 d.l.
726/1984 nel testo vigente ratione temporis (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono inammissibili;

3. non sono configurabili i vizi motivi dedotti, in
assenza di un fatto storico di cui sia stato omesso l’esame, alla luce del
novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.,
sicché essi si risolvono piuttosto in una contestazione della valutazione
probatoria della Corte territoriale (Cass. s.u. 7
aprile 2014, n. 8053; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415), insindacabile in
sede di legittimità, tanto più sotto il profilo dell’attendibilità dei testi,
rimessa all’esclusiva valutazione del giudice di merito (Cass. 3 luglio 2014,
n. 15205; Cass. 8 ottobre 2019, n. 25166);

3.1. analoga prospettazione (inammissibilmente)
critica propone anche la denunciata violazione dell’art. 5 d.l. 726/1984,
applicabile ratione temporis, secondo cui “il contratto di lavoro a tempo
parziale deve stipularsi per iscritto”, prescrittivo della forma scritta
ad substantiam e quindi come condizione di validità del contratto (Cass. 28 maggio 2003, n. 8492; Cass. 19 gennaio 2018, n. 1375);

3.2. essa non è, infatti, dedotta correttamente come
vizio di sussunzione (ossia di erronea riconduzione del fatto materiale nella
fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina), che postula che
l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo e
indiscusso, sicché alla denuncia del vizio di sussunzione è estranea ogni
critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente
riservata al potere del giudice di merito (Cass. 13 marzo 2018, n. 6035);

3.3. la critica del lavoratore si focalizza proprio
sull’accertamento del fatto così come ricostruito dalla corte territoriale, prospettando
una diversa valutazione delle dichiarazioni testimoniali alla luce di una
mancata pattuizione scritta in funzione esclusivamente probatoria: ossia
allegando un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle
risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente
alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in
sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11
gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 5 febbraio 2019,
n. 3340): ovviamente nei limiti del novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;

3.4. né vale richiamare il principio secondo cui, in
caso di nullità del contratto part time per difetto della forma scritta
prevista ad substantiam dall’art.
5 d.l. 726/1984, il rapporto di lavoro debba considerarsi come un ordinario
rapporto full time, con il conseguente diritto del lavoratore alla retribuzione
parametrata ad un orario a tempo pieno, previa messa in mora del datore di
lavoro quanto alle residue energie lavorative: esso si fonda sul presupposto
della regola generale di effettività e corrispettività delle prestazioni nel
contratto di lavoro, per cui la retribuzione spetta al lavoratore soltanto se
abbia effettivamente eseguito la prestazione di lavoro, salvo che il datore di
lavoro versi in una situazione di mora accipiendi (da ultimo: Cass. 30 maggio 2019, n. 14797); infatti, nel
caso di specie, la Corte territoriale ha riconosciuto al lavoratore il
trattamento retributivo per la prestazione lavorativa in fatto accertata, in
applicazione del principio di effettività e corrispettività delle prestazioni del
contratto di lavoro, neppure essendo risultata un’offerta di energie lavorative
rifiutate dal datore di lavoro, che per tale ragione sia stato costituito in
mora accipiendi;

4. il ricorrente deduce quindi violazione degli artt. 195, terzo comma c.p.c., 16bis, primo comma d.l. 179/2012
conv. in I. 221/2012, per nullità della
C.t.u., a causa della comunicazione alle parti il 23 febbraio 2016 mediante
posta elettronica certificata, dopo quella di altre bozze, dell’elaborato
peritale da cui risultavano differenze retributive e T.f.r. per l’importo di €
17.999,93, al lordo di rivalutazione ed interessi, diverso da quello depositato
telemáticamente nel fascicolo elettronico il 12 marzo 2016, corrispondente alla
prima bozza del 6 marzo 2015, dalla quale risultava invece, per i medesimi
titoli, l’importo di € 26.259,96, oggetto di osservazioni dal lavoratore (e
seguita da successiva bozza trasmessa alle parti il 15 aprile 2015 per importo
di € 35.959,12): dovendo essere trasmesso alle parti l’elaborato in bozza e non
finale, da depositare invece telemáticamente (terzo motivo); omesso esame di un
fatto decisivo e controverso tra le parti, in riferimento all’eccepita nullità
della C.t.u. per le circostanze indicate (quarto motivo);

5. essi, pure congiuntamente esaminabili per ragioni
di stretta connessione, sono fondati;

6. occorre ribadire che, in tema di consulenza
tecnica d’ufficio, l’omesso invio alle parti della bozza di relazione dà luogo
a un’ipotesi di nullità a carattere relativo, suscettibile di sanatoria se il
vizio non sia eccepito nella prima difesa utile successiva al deposito della
perizia; la sanatoria può avvenire anche per rinnovazione, quando il
contraddittorio sia recuperato dal giudice dopo il deposito della relazione,
con la rimessione in termini delle parti per formulare le proprie osservazioni,
al fine di consentire il pieno esercizio dei poteri di cui all’art. 196 c.p.c. (Cass. 9 ottobre 2017, n. 23793;
Cass. 11 settembre 2018, n. 21984);

6.1. ebbene, nel caso di specie, il lavoratore
odierno ricorrente ha tempestivamente eccepito la nullità di una bozza, già in
precedenza trasmessa e sulla quale egli aveva svolto osservazioni critiche, che
tuttavia è stata poi depositata telemáticamente, come è previsto soltanto per
l’elaborato finale, a norma dell’art.
16 bis, primo comma d.l. 179/2012 conv. in I.
221/2012; alle parti è stato invece comunicato per posta elettronica
certificata l’elaborato peritale (di importo inferiore alla bozza depositata
telemáticamente), che è stato assunto dalla Corte territoriale (al primo capoverso
di pg. 4 della sentenza), senza alcuna giustificazione né spiegazione,
nonostante l’eccezione di nullità tempestivamente sollevata dal difensore del
lavoratore (come da verbale di udienza 15 marzo 2016, prima successiva al detto
deposito, nella trascrizione al p.to 20 di pg. 12 del ricorso): sicché essa,
lesiva del regolare contraddittorio tra le parti né sanata in alcun modo, deve
essere accolta;

7. il ricorrente deduce poi nullità della sentenza
per violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4
c.p.c., per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, per
l’indicazione nella prima dell’importo spettante al lavoratore in € 17.999,93
oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal 9 novembre 2014 al soddisfo,
mentre nel secondo dello stesso importo, ma oltre interessi dalla maturazione
delle singole poste attive al soddisfo (quinto motivo); violazione e falsa
applicazione dell’art. 429 c.p.c., per erronea
attribuzione della somma di € 17.999,93 oltre rivalutazione monetaria ed
interessi dal 9 novembre al soddisfo, anziché la liquidazione della somma in
linea capitale, poi incrementata con rivalutazione e interessi dalla
maturazione delle singole poste fino al momento dell’effettivo pagamento (sesto
motivo);

8. essi sono assorbiti;

9. per le suesposte ragioni il terzo e quarto motivo
di ricorso devono essere accolti, i primi due dichiarati inammissibili ed il
quinto e il sesto assorbiti, con la cassazione della sentenza in relazione ai
motivi accolti e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo e quarto motivo, inammissibili i
primi due e assorbiti il quinto e il sesto; cassa la sentenza impugnata, in
relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa
composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2021, n. 3544
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