Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 febbraio 2021, n. 3833

Periodo trascorso in ferma prolungata, Riconoscimento, a fini
giuridici ed economici, dell’anzianità di servizio, Progressione economica dei
dipendenti pubblici, Sistema per classi e scatti di anzianità sostituito da
quello delle qualifiche funzionali, Abbreviazioni temporali abolite per
incompatibilità

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’Appello di Napoli ha riformato solo
parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato
tutte le domande proposte da L.D. nei confronti del Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della Ricerca e ha dichiarato il diritto dell’appellante al
riconoscimento, a fini giuridici ed economici, dell’anzianità di servizio
maturata in relazione al «ferma prolungata», dal 21 settembre 1987 al 1° agosto
1990.

2. La Corte territoriale, per quel che ancora rileva
in questa sede, ha, invece, ritenuto infondato il motivo di impugnazione con il
quale il D. aveva riproposto la domanda volta ad ottenere, ai sensi dell’art.
20 del r.d. 23.10.1919 n. 1971, l’attribuzione di aumenti periodici di
stipendio, commisurati a tante abbreviazioni di un anno quanti erano gli anni
di servizio militare prestato nella qualità di sottufficiale.

3. Il giudice d’appello, richiamata giurisprudenza
amministrativa e di questa Corte, ha evidenziato che già in epoca antecedente
all’abrogazione espressa operata dal d.l. n.
200/2008 la disposizione che riconosceva il beneficio era stata abrogata
per incompatibilità dalla nuova disciplina della progressione economica dei
dipendenti pubblici contenuta nei d.P.R. n. 266/1987, n. 494/1987 e n. 44/1990,
con i quali il sistema per classi e scatti di anzianità era stato sostituito da
quello delle qualifiche funzionali.

4. Per la cassazione della sentenza L.D. ha proposto
ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria. Il Ministero, al
quale l’atto è stato notificato presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Napoli, non ha svolto difese rimanendo intimato.

 

Ragioni della decisione

 

1. Il ricorso denuncia, con un unico motivo
formulato ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la
violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del R.D. n. 1971/1919, degli artt. 2, 52 e 69 del d.lgs. n. 165/2001,
degli artt. 66, comma 6, e 68 del CCNL 1995 per il personale
del comparto della scuola, dell’art.
16 del CCNL 1999 e della tabella
economica A allegata al CCNL economico 2000/2001 dello stesso comparto.
Sostiene, in sintesi, che il meccanismo della progressione economica, per
classi e scatti, dopo legislazioni alterne e complesse succedutesi nel corso
degli anni, è stato reintrodotto dai contratti collettivi per il personale
della scuola, che hanno superato il meccanismo della retribuzione individuale
di anzianità. Alla data di immissione in ruolo del ricorrente, avvenuta
nell’anno 2001, ben poteva essere riconosciuta l’abbreviazione della anzianità
prevista dall’invocato art. 20 del R.d. n. 1971/1919.

2. Il ricorso è infondato.

L’art. 20 del r.d. n. 1971/1919, del quale il
ricorrente invoca l’applicazione, stabiliva che «per gli impiegati della
carriera d’ordine ed agenti subalterni provenienti dai sottufficiali del regio
esercito e della regia marina, della regia guardia di finanza e in genere dei
corpi organizzati militarmente a servizio dello Stato, e nominati in base ai
diritti loro concessi dalle leggi vigenti, sono ridotti di un anno tanti
periodi di aumento dello stipendio nei gradi di ciascuna delle carriere
predette quanti sono stati gli anni di servizio militare effettivamente
prestato» e prevedeva un meccanismo che si inseriva nell’ambito di un sistema di
progressione economica fondato su classi e scatti biennali.

Le Sezioni Unite di questa Corte, pervenendo alle
medesime conclusioni già espresse dalla giurisprudenza amministrativa (Cons.
Stato III par. n. 1166/2000 e Cons. Stato n. 5919/2001, riprese da Cons. Stato n. 232/2011), hanno evidenziato, con
la sentenza n. 26642/2009, che le abbreviazioni temporali sono state abolite
per incompatibilità a seguito della nuova disciplina della progressione dettata
dai d.P.R. n. 266/1987, n. 494/1987 e n. 44/1990, con i quali è stato superato
il sistema degli scatti biennali ed introdotto in sua vece l’istituto della
retribuzione individuale di anzianità.

E’ stato sottolineato, in particolare, che l’art. 13
del d.P.R. n. 494/1987, nel modificare il d.P.R. n. 266/1987, ha previsto un
regime transitorio per il passaggio dall’uno all’altro sistema, stabilendo
espressamente che le abbreviazioni temporali avrebbero continuato a spiegare
effetti solo sino all’entrata in vigore di una nuova disciplina contrattuale, e
ciò perché, medio tempore, gli incrementi retributivi sarebbero stati comunque
corrispondenti a quelli previsti dal previgente regime.

Se ne è tratta la conseguenza che l’operatività
della normativa qui invocata dal ricorrente era necessariamente condizionata
dalla permanenza dell’istituto degli scatti biennali, sicché la stessa è stata
definitivamente superata con l’entrata in vigore del d.P.R. n. 44/1990 che,
all’art.9, ha previsto un incremento generalizzato della retribuzione
individuale di anzianità, distinto per sole qualifiche funzionali.

2.1. Il principio affermato dalle Sezioni Unite,
ribadito da Cass. n. 12850/2012 e condiviso
dal Collegio, opera anche per il personale della scuola, destinatario del
citato art. 13 del d.P.R. n. 494/1987 e per il quale la contrattazione
stipulata in epoca successiva alla prima privatizzazione dell’impiego pubblico
aveva richiamato espressamente la retribuzione individuale di anzianità,
prevedendo con il CCNL 4.8.1995,
art. 63, che nello stipendio tabellare dovessero essere incluse la R.I.A. e
l’indennità di funzione.

2.2. Né si può sostenere che la norma qui invocata,
seppure incompatibile con il sistema di progressione economica delineato dai
d.P.R. citati nel punto che precede, sarebbe divenuta di nuovo applicabile al
personale scolastico a seguito della previsione delle progressioni stipendiali
per fasce di anzianità.

L’argomento, sul quale il ricorso è incentrato, non
considera che l’abrogazione per incompatibilità espunge la disposizione
dall’ordinamento e, pertanto, le successive modifiche della normativa che
l’incompatibilità stessa aveva determinato non fanno rivivere, in assenza di
una volontà espressamente manifestata dal legislatore, la norma abrogata.

2.3. D’altro canto, qualora si volesse ritenere
l’art. 20 del r.d. n. 1971/1919 ancora vigente al momento della prima
contrattualizzazione dell’impiego pubblico, la disposizione non potrebbe
sfuggire all’applicazione del regime fissato dall’art. 69 del d.lgs. n. 165/2001,
secondo cui «le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla
data del 13 gennaio 1994 e non abrogate, costituiscono, limitatamente agli
istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui all’articolo 2, comma 2. Tali
disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti
collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie
dagli stessi contemplati. Tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre
effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento,
dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001. ».

La contrattazione collettiva, alla quale il
legislatore ha attribuito il potere di stabilire il trattamento economico
spettante ai dipendenti pubblici, non ha sottratto alla disapplicazione il
meccanismo delle cosiddette abbreviazioni temporali che, pertanto, si deve
ritenere da tempo non più operante, a prescindere dall’abrogazione espressa
effettuata solo con il d.l. n. 200/2008, al quale va riconosciuta, in relazione
alla norma che viene qui in rilievo, valore meramente accertativo ( l’art. 2
del richiamato d.l. prevede che «sono o restano abrogate le disposizioni
elencate nell’allegato 1…»).

3. In via conclusiva il ricorso deve essere
rigettato sicché non occorre disporre la rinnovazione della notifica,
erroneamente effettuata all’Avvocatura Distrettuale anziché a quella Generale
dello Stato.

Nella giurisprudenza di questa Corte è ormai
consolidato il principio secondo cui il rispetto del diritto fondamentale ad
una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod.
proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad
una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si
traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue
perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in
particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da
effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in
condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è
destinato a produrre i suoi effetti. Se ne è tratta la conseguenza che, in caso
di ricorso per cassazione inammissibile o prima facie infondato, appare superfluo
disporre la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che
l’adempimento si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in una
dilatazione dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza
comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti
processuali delle parti (Cass. n. 15106/2013, Cass. n. 12515/2018, Cass. n.
33557/2018, Cass. n. 33399/2019).

4. La mancata costituzione in giudizio
dell’Avvocatura esime dal provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n.
228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n.
4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge
per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 febbraio 2021, n. 3833
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: