Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 luglio 2021, n. 26331

Lavoro, Inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche,
Omessa adozione delle misure necessarie ad eliminare o a ridurre al minimo i
rischi dei lavoratori, Relazione causale tra la condotta ascritta al datore e
l’evento, Accertamento

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte di Appello di Potenza con sentenza
pronunciata in data 12 Settembre 2019 confermava, in punto di responsabilità
penale, la decisione del Tribunale di Matera che aveva riconosciuto A.F.
colpevole del reato di lesioni colpose colposo con inosservanza delle
disposizioni antinfortunistiche ai danni del proprio dipendente D.M.R. il
quale, nell’eseguire un intervento per verificare le cause di un
malfunzionamento dell’impianto di illuminazione esterna e alla riparazione di
uno dei pali, era rimasto folgorato per contatto diretto con un cavo in
tensione che gli procurava lesioni personali.

In particolare al datore di lavoro veniva contestato
di non avere provveduto ad eseguire la specifica valutazione del rischio
elettrico e di non avere adottato le misure necessarie ad eliminare o a ridurre
al minimo i rischi dei suoi dipendenti, così ponendo in essere una condotta
causalmente orientata al verificarsi del sinistro.

3. Nel confermare la pronuncia di condanna in
relazione alla ipotesi accusatoria in oggetto da un lato riconosceva, come
peraltro sostenuto dal giudice di primo grado, che tra le dotazioni della
squadra che era intervenuta nell’attività presso l’impianto di P. non erano
stati inclusi guanti da elettricista che avrebbero garantito idonea protezione
dal rischio di folgorazione. Dall’altra escludeva che la condotta imprudente
dell’A., che pure aveva operato in condizioni di sicurezza limitata,
trattandosi di impianto in tensione e privo di morsettiera e di messa a terra,
valeva ad escludere il rapporto di causalità, trattandosi di condotta priva dei
caratteri di abnormità e imprevedibilità richiesti dalla giurisprudenza a tale
fine.

4. Avverso la pronuncia ha proposto impugnazione la
difesa dell’imputato proponendo due motivi di ricorso.

Con un primo motivo deduce violazione di legge in
relazione alla corrispondenza tra quanto ritenuto in sentenza e quanto aveva
formato oggetto di contestazione, evidenziando come al prevenuto non fosse mai
stato contestato, a titolo di colpa di non avere fornito al D. dotazioni
antinfortunistiche quali guanti isolanti.

Con una seconda articolazione lamenta violazione di
legge e difetto di motivazione in ordine alla sussistenza del fatto reato e
alla responsabilità a carico dell’A. ponendo in rilievo l’assoluta carenza
motivazionale su circostanze decisive, idonee a elidere qualsiasi relazione
causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento. In particolare
rappresentava come l’intervento nel corso del quale il D. aveva subito
l’infortunio non era stato né programmato, né concordato, né tantomeno
comunicato al proprio datore di lavoro; che lo stesso era stato condotto in
maniera del tutto eccentrica rispetto alle prassi lavorative secondo cui
l’intervento di riparazione doveva essere preceduto dalla predisposizione di
una scheda tecnica con la indicazione della causa del guasto da sottoporre al
proprio datore di lavoro; che del tutto autonomamente il dipendente aveva
deciso di intervenire nell’attività di riparazione ma ciò aveva fatto omettendo
di isolare l’area e ben consapevole che l’impianto era privo di morsettiera,
idonea a circoscrivere il rischio di folgorazione, e di messa a terra, e
nonostante l’intervento non si presentasse come indispensabile per assicurare
l’alimentazione elettrica. Evidenziava ancora che la scelta di non indossare
guanti isolanti non era dipesa dall’assenza di dotazioni ma da un’iniziativa
dello stesso operaio il quale peraltro era stato contravvenzionato per avere
esposto sé e l’altro componente della squadra al rischio di folgorazione.

 

Considerato in diritto

 

1. Preliminarmente, ai fini penali, deve disporsi
l’annullamento della sentenza impugnata per essere il reato di lesioni
personali colpose venuto ad estinzione per intervenuta prescrizione, maturata
in data 18 Novembre 2019.

D’altro canto le doglianze del ricorrente non
presentano profili di inammissibilità, per cui il rapporto processuale risulta
essersi regolarmente costituito; sotto diverso profilo, dall’esame dei
provvedimenti impugnati e degli atti difensivi non emergono elementi che, in
maniera incontestabile e in termini di evidenza ictu oculi giustifichino la
conclusione, in termini di mera constatazione, della insussistenza del fatto, della
mancata commissione di esso da parte dell’imputato e, più in generale, della
irrilevanza penale dello stesso.

2. In ordine alle questioni civili, sulle quali la
Corte è comunque tenuta a pronunciarsi ai sensi dell’art.578 cod.proc.pen.,
ancorché in costanza di una causa estintiva della responsabilità penale in
presenza di condanna anche generica alle restituzioni o al risarcimento del
danno in favore della parte civile, il ricorso è infondato e deve essere
rigettato.

La prima censura si presenta manifestamente
infondata nella parte in cui deduce la mancata corrispondenza tra l’addebito di
colpa riconosciuto in sentenza (mancata predisposizione e mancata consegna al
lavoratore di dispositivo antinfortunistico, nella specie guanti isolanti)
rispetto a quanto contestato in imputazione. A prescindere che una tale censura
non era stata articolata in maniera specifica nel giudizio di appello, di
talché non poteva essere dedotta nel giudizio di legittimità una questione
sulla quale il giudice di appello aveva omesso di pronunciarsi in quanto non
devoluta (sez.2, n.13826 del 17.2.2017, Rv.269745-01), la stessa si appalesa
manifestamente infondata.

Invero il capo di imputazione indica, quale
specifico addebito di colpa, quello della omessa adozione delle misure necessarie
ad eliminare o ridurre i rischi dei dipendenti, tra i quali certamente rientra
la fornitura delle dotazioni necessarie.

2.1 A tale proposito va subito riaffermato che il
principio di correlazione tra sentenza e accusa oggetto di contestazione, riconducibile
all’art.521 cod.proc.pen. risulta violato soltanto quando il fatto ritenuto in
sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità e di
incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia verificata una vera e propria
trasformazione, sostituzione o variazione del contenuto essenziale
dell’addebito nei confronti dell’imputato, il quale si troverebbe sottoposto a
sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere alcuna possibilità
di apprestare adeguata difesa. Il principio non risulta al contrario violato
quando nei fatti, così come contestati, ovvero ritenuti nella decisione del
giudice di merito, si possa parimenti individuare un nucleo comune e, in
particolare quando gli stessi si trovano in rapporto di continenza.

2.2 In tale prospettiva per aversi mutamento del
fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della
fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla
legge, così da pervenirsi ad una incertezza sull’oggetto della contestazione da
cui scaturisca un effettivo pregiudizio per la difesa dell’imputato. Ne deriva
che la indagine volta ad accertare la violazione del suddetto principio, non
deve esaurirsi nel mero pedissequo confronto puramente letterale fra imputazione
e decisione perché, vertendosi in materia di garanzie di difesa, la violazione
si appalesa del tutto insussistente quando l’imputato, anche mediante l’iter
del processo, si sia trovato nella condizione concreta di difendersi in ordine
al fatto ritenuto in sentenza (Sez.Un, 22.10.1996 Di Francesco, Rv.205619;
sez.4, 16.12.2015, Addio e altri, Rv. 265946; sez.2, 15.3.2017,Beretti, Rv.
269569).

2.4 Orbene nel caso in specie non risulta essersi
realizzata la suddetta alterazione radicale nella decisione impugnata della
originaria contestazione laddove il giudice di merito, sempre partendo dalla
materialità dei fatti indicati in contestazione, si è limitato a operare, sulla
base di una articolata valutazione del complesso degli elementi istruttori acquisiti,
una ricostruzione dei fatti del tutto conforme al contenuto della
contestazione, evidenziando come tra la mancata predisposizione di cautele
volta a prevenire il rischio connesso all’intervento sull’impianto elettrico,
vi era la mancata fornitura di guanti isolanti.

2.5 Sotto diverso profilo va osservato come la corte
di legittimità, recependo un orientamento della Corte europea dei diritti
dell’uomo (Corte EDU, sez, II, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia), ha
affermato che nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo d’imputazione
siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, come nel caso in
esame, la sostituzione o l’aggiunta di un profilo di colpa da parte del giudice
dell’appello, sia pure specifico, rispetto ai profili originariamente
contestati, non vale a realizzare una diversità o mutazione del fatto, con
sostanziale ampliamento o modifica della contestazione. Difatti, il riferimento
alla colpa generica è tale da abbracciare la condotta dell’imputato globalmente
considerata in riferimento all’evento verificatosi, di tale che questi è posto
in grado di difendersi relativamente a tutti gli aspetti del comportamento
tenuto in occasione di tale evento, di cui è chiamato a rispondere (Sez. 4,
Ordinanza n. 38818 del 04/05/2005 Rv. 232427; Sez. 4, Sentenza n. 51516 del
21/06/2013 Rv. 257902). Si è rilevato, in tale contesto, che il principio di
correlazione tra accusa e sentenza debba essere interpretato teleologicamente
non imponendo una conformità formale tra i termini in comparazione ma
implicando la necessità che il diritto di difesa dell’imputato abbia avuto modo
di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di
immutazione quegli interventi sull’addebito che gli attribuiscano contenuti in
ordine ai quali le parti – e in particolare l’imputato – non abbiano avuto modo
di dare vita al contraddittorio (Sez. 4, Sentenza n. 35943 del 07/03/2014,
Denaro, Rv. 260161, 15.11.2018, Galdino De Lima Rozangela, Rv.274500).

3. Infondato risulta anche il secondo motivo di
ricorso, relativo a ipotesi di esclusione del rapporto di causalità materiale
in ragione della condotta palesemente colposa, incongrua e inosservante delle
prescrizioni del datore di lavoro in relazione alle modalità di intervento su
impianti elettrici complessi come quello oggetto di imputazione.

Depone per la esclusione della interruzione del
rapporto di causalità in presenza della imprudente condotta del lavoratore la
giurisprudenza che limita la responsabilità del lavoratore nella causazione
dell’infortunio quando, come nella specie, il sistema di sicurezza apprestato
dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (sez.4, 17.1.2017, Meda,
Rv.269255; 10.10.2013, Rovaldi, 259313; 2.5.2012 Goracci n.22044 non massimata;
7.2.2012, Pugliese, Rv.252373; 15.4.2010 n.21511, Di Vita, n.m.). Le
disposizioni di sicurezza perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore
anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l’area di rischio da gestire
comprende il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai
lavoratori, dovendo il datore di lavoro impedire l’instaurarsi, da parte degli
stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non
corrette e, come tali, latrici di possibili rischi per la sicurezza e la
incolumità dei lavoratori (sez.4, 13.11.2011 Galante, n.m.; sez.F. 12.8.2010,
Mazzei Rv.247996).

3.1 In vero i compiti del responsabile della
sicurezza all’interno del luogo di lavoro non si arrestano alla fornitura
(nella specie neppure ricorrente) dei presidi volti ad assicurare la protezione
dei singoli dipendenti ma impongono allo stesso di richiedere l’osservanza
della utilizzazione dei suddetti dispositivi, poiché il datore di lavoro deve
non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da
seguire a tale scopo ma anche e soprattutto controllarne costantemente il
rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale
tentazione di trascurarle (sez.4, 17.5.2012 n.34747, Parisi, Rv.253513;
n.27787, 18 Maggio 2019, Rossi Giorgio, Rv.276241).

Il motivo di ricorso va pertanto rigettato.

4. In conclusione, riconosciuta agli effetti penali
la sopravvenienza della causa estintiva della prescrizione che determina
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, il ricorso deve essere
invece rigettato agli effetti civili.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli
effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione.

Rigetta il ricorso agli effetti civili.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 luglio 2021, n. 26331
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