Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 luglio 2021, n. 27436

Delitto di lesioni personali colpose, Violazione di norme
sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, Fornitura ai lavoratori di
attrezzature non conformi ai requisiti generali di sicurezza in punto di
stabilità, Omissione datoriale riguardante la prevenzione di un rischio
diverso da quello concretizzatosi

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte d’appello di Perugia, in data 13
settembre 2019, ha confermato la condanna emessa nei confronti di A.B. dal
Tribunale perugino, in data 20 settembre 2018, in relazione al delitto di
lesioni personali colpose, con violazione di norme sulla prevenzione degli
infortuni sul lavoro, contestato come commesso il 27 aprile 2012.

L’addebito é mosso al B. nella sua qualità di legale
rappresentante della F. Prefabbricati S.r.l. ed é riferito a un episodio nel
quale F.A., dipendente della predetta Società, aveva riportato gravi lesioni in
occasione della movimentazione di due sponde per travi in cemento sul pianale
di un autocarro, per il successivo trasporto in altro luogo, mediante l’impiego
di due carriponte.

Accadeva in particolare che l’A. e il collega di
lavoro A.A., ciascuno utilizzando un carroponte cui erano agganciate le sponde
(ciascuna delle quali era collocata su una rastrelliera di sostegno), avevano
posizionato queste ultime sul pianale (il posizionamento doveva avvenire
“di taglio”, in verticale); l’A. aveva poi abbandonato il carroponte
da lui condotto e si era posizionato sul pianale, invitando l’A. ad allentare i
tiranti del carroponte azionato da quest’ultimo e sganciando poi la sponda
dagli stessi tiranti; indi l’A. aveva invitato l’A. a recarsi sull’altro
carroponte affinché allentasse anche i tiranti di quest’ultimo; ma in quel
momento, appena sganciato il secondo lato della sponda, quest’ultima era caduta
dalla rastrelliera sulla quale si trovava collocata, travolgendo l’A. e
provocandogli le gravi lesioni di cui in rubrica. Si rimprovera al B.,
nell’anzidetta qualità, di avere messo a disposizione dei lavoratori
attrezzature non conformi ai requisiti generali di sicurezza in punto di
stabilità (in particolare l’aggancio alle rastrelliere, che avevano funzione di
supporto, era risultato inidoneo); e di avere omesso di rielaborare il DVR
(documento di valutazione dei rischi) con riguardo alle operazioni di
stoccaggio e movimentazione delle sponde per travi, rese necessarie dalla
dismissione di alcune  linee produttive e
collegate alla conseguente necessità di eseguire operazioni di trasporto in altro
stabilimento.

La Corte di merito, disattese le censure formulate
con l’atto d’appello, ha aderito alle valutazioni espresse con la sentenza di
primo grado, confermando la sussistenza del nesso di causalità tra le condotte
omissive addebitate all’imputato e l’evento lesivo, ed escludendo che
l’accaduto fosse imputabile a un’errata manovra dell’A. nel posizionare le
sponde sul pianale.

2. Avverso la prefata sentenza d’appello ricorre il
B., con atto articolato in un unico motivo di doglianza, con il quale egli
denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al decorso
causale dell’accaduto e, in particolare, alla rilevanza eziologica delle
criticità rilevate nel sistema di sicurezza apprestato dal datore di lavoro:
richiamando alcuni arresti giurisprudenziali di legittimità, il ricorrente
osserva che la ravvisata omissione datoriale avrebbe riguardato la prevenzione
di un rischio diverso da quello concretizzatosi; quest’ultimo doveva
ricollegarsi unicamente alla mancata stabilizzazione del  carico 
sul pianale dell’autocarro prima che venisse eseguito lo sganciamento
dei tiranti dalla sponda poi caduta. Ciò, del resto, é quanto indicato
dall’opuscolo informativo consegnato ai lavoratori in epoca precedente
all’incidente; mentre quest’ultimo, secondo l’esponente, si é verificato in
conseguenza dell’autonoma scelta del lavoratore di sganciare i tiranti prima di
assicurarsi della stabilità delle sponde sul pianale. In ogni caso, la Corte di
merito non ha inteso verificare l’ipotesi di ciò che sarebbe accaduto qualora
fosse stata adottata la predetta regola cautelare portata a conoscenza dei
lavoratori. Infine il deducente lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto
che la successiva ottemperanza alle prescrizioni dell’USL costituisse un riconoscimento
di debito (rectius di responsabilità).

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso é inammissibile, perché manifestamente
infondato e teso a riproporre in questa sede di legittimità censure in ordine
alle quali la Corte d’appello ha fornito ampia e conducente risposta (cfr. Sez.
2, Sentenza n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970).

In estrema sintesi le censure mosse dal ricorrente
riguardano la riferibilità causale dell’accaduto a un decorso alternativo,
costituito dalla ravvisata necessità di un preventivo controllo della
stabilizzazione delle sponde sul pianale, prima di disporre lo sganciamento dei
tiranti utilizzati per il sollevamento e il posizionamento delle sponde stesse
sull’autocarro.

Al riguardo tuttavia la Corte di merito fornisce adeguata
risposta, osservando che in primo luogo la funzione delle rastrelliere — alle
quali le sponde dovevano essere agganciate — era quella di assicurarne la
stabilità e sicurezza anche nel momento in cui si procedeva al carico delle
sponde sul camion per trasferirle altrove; la sentenza impugnata chiarisce
quindi — sulla base della deposizione della teste R. dello S. – che, se
l’aggancio tra le rastrelliere e le sponde fosse stato idoneo, non vi sarebbe
stato un problema di stabilizzazione del carico, atteso che la “struttura
unitaria” costituita dalle due sponde e dalle rastrelliere, del peso di
ben otto tonnellate, avrebbe di per sé assicurato la stabilità del carico e
scongiurato il pericolo di ribaltamento; l’aggancio tra le sponde e le rastrelliere
aveva una funzione diversa, ossia quella di impedire lo scivolamento della
singola sponda lungo la rastrelliera; ed era proprio questo rischio ad essersi
nella specie concretizzato, con la conseguente configurabilità della
“causalità della colpa”.

Conseguentemente, non va riconosciuta alcuna valenza
al documento formativo nel quale l’odierno ricorrente assume di avere indicato
ai lavoratori la necessità di assicurarsi preventivamente, nelle operazioni di
carico, della stabilità dello stesso sul pianale: ciò in quanto tale
accorgimento aveva funzioni e finalità diverse rispetto a quello dell’aggancio
tra le sponde e le rastrelliere, costituito come detto dall’evitare rischi di
scivolamento delle sponde.

Per cui, se é vero che alla colpa del soggetto
agente deve essere ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello
causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della
regola cautelare (cfr. da ultimo Sez. 4 -, Sentenza n. 30985 del 04/04/2019,
Pravadelli, Rv. 277476), nella specie il rischio che si é concretizzato é stato
correttamente individuato in quello che l’aggancio delle rastrelliere alle
sponde mirava a prevenire. A conferma di ciò — ed indipendentemente dalle
asserzioni del ricorrente circa lo scopo dell’adeguamento dei sistemi di
fissaggio posto in essere dalla Società dopo l’accaduto, in ottemperanza alle
prescrizioni dell’U.S.L. — sta il fatto che era stata accertata l’inidoneità
del sistema di aggancio esistente al momento dell’incidente (ed in specie la
deformazione e l’ampiezza inadeguata degli agganci superiori delle rastrelliere
rispetto al corrispondente supporto della sponda) aveva avuto certamente una
rilevanza causale nello scivolamento della sponda addosso all’A. (secondo il
ragionamento controfattuale effettuato dalla Corte di merito, sulla scorta
delle dichiarazioni dei testi R. e V., se gli agganci fossero stati idonei,
l’incidente non si sarebbe verificato); e che ciò aveva reso necessario, dopo
l’incidente, eseguire modifiche sulle rastrelliere e sulle sponde in modo da
adeguare il sistema di aggancio alle esigenze per le quali esso era stato
pensato.

2. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla
luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186,
della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono
elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente e, va
condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in €
3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
in favore della Cassa delle ammende.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 luglio 2021, n. 27436
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: