Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 settembre 2021, n. 24951

Lavoratori in mobilità, Diritto di ottenere la corresponsione
anticipata dell’indennità, Restituzione in caso di occupazione nel settore
privato o in quello pubblico

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’appello di Firenze ha confermato la
sentenza del Tribunale di Arezzo di accertamento della legittima percezione da
parte di P.V. dell’anticipazione dell’indennità di mobilità.

Ha esposto che l’Inps ne aveva chiesto la
restituzione sul presupposto che il ricorrente, nei 24 mesi successivi, si era
rioccupato svolgendo lavoro in favore della Logistica ITC con rapporto a tempo
determinato ed intermittente.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo.
Il V. è rimasto intimato. La Procura generale ha depositato conclusioni
scritte.

 

Ragioni della decisione

 

3. L’Inps denuncia violazione degli artt 7, comma 5,
L. n. 223/1991 e art 3, comma 2, DM 142/1993 con riferimento agli artt 33 del
dlgs 276 vigenti ratione temporis e 12 preleggi al c.c.

Lamenta che la Corte d’appello di Firenze aveva
ritenuto che la rioccupazione dell’assicurato con contratto di lavoro
subordinato cd intermittente nei 24 mesi successivi all’avvenuta corresponsione
dell’indennità di mobilità anticipata non fosse di ostacolo al mantenimento
dell’indennità di mobilità anticipata percepita.

4. Il ricorso va accolto.

5. L’art 7, comma 5, L n 223/1991 attribuisce ai
lavoratori in mobilità, che ne facciano richiesta, il diritto di ottenere la
corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità. La norma risponde al fine
di consentire, al lavoratore che ha cessato il proprio rapporto di lavoro, di
intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa in
conformità alle norme vigenti. La disposizione, tuttavia, prevede la
restituzione dell’anticipazione qualora nei 24 mesi successivi al pagamento di
parte dell’Istituto lo stesso lavoratore assuma una occupazione alle altrui
dipendenze nel settore privato o in quello pubblico. Come questa Corte ha
sottolineato (cfr Cass n. 12746/2010) l’anticipazione dell’indennità di
mobilità, prevista dall’art. 7, comma quinto, della legge n. 223 del 1991,
risponde alla “ratio” di indirizzare il più possibile il disoccupato
in mobilità verso attività autonome, al fine precipuo di ridurre la pressione
sul mercato del lavoro subordinato, così perdendo la sua connotazione di tipica
prestazione di sicurezza sociale, e configurandosi non già come funzionale a
sopperire ad uno stato di bisogno, ma come un contributo finanziario, destinato
a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità
svolge in proprio, e che il lavoratore, in caso di rioccupazione alle altrui
dipendenze entro 24 mesi dalla corresponsione delle somme, deve restituire.

6. Ciò premesso il tenore della norma è chiaro
nell’escludere il diritto all’anticipazione in caso di esplicazione di
un’attività di lavoro subordinato. In ipotesi di temporanea intervenuta
rioccupazione quale lavoratore subordinato durante i ventiquattro mesi
successivi all’erogazione dell’anticipazione, le somme percepite dal lavoratore
devono, pertanto, essere restituite.

Nella fattispecie la conclusione di un rapporto di
lavoro intermittente è di ostacolo al diritto del V. a mantenere
l’anticipazione.

7. Da un lato, va rilevato che è infondata la
pretesa della Corte territoriale di dare rilievo all’accertamento della
sussistenza di una chiara volontà di abbandonare l’iniziativa economica
finanziata o della sua incompatibilità, per impegno, con la conduzione
dell’impresa o della professione e, dunque, a dare spazio ad un’indagine su
ragioni personali o familiari, e cioè a comportamenti soggettivi del creditore
non ammessa nel nostro ordinamento e con inevitabili incertezze interpretative,
a fronte di una norma ben chiara nell’escludere il diritto a mantenere
l’anticipazione.

8. Dall’altro lato il contratto di lavoro
intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a
disposizione di un datore per lo svolgimento di una prestazione di lavoro
“su chiamata”. Esso rientra pur sempre nell’ambito del lavoro
subordinato e, dunque, la sua instaurazione nel periodo di 24 mesi impedisce al
V. di trattenere l’anticipazione ottenuta.

9. Per le considerazioni che precedono, in
accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il
giudizio rinviato alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche
per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione anche per la
liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 settembre 2021, n. 24951
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