Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 novembre 2021, n. 31778

Rapporto di lavoro, Prestazione degli addetti alle prove di
esame per il conseguimento della patente di guida, Controllo a distanza,
Esigenze organizzative e produttive

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’Appello di Roma, accogliendo il
gravame proposto dall’U.S.B. ha ritenuto l’antisindacalità della installazione,
senza previo accordo con le organizzazioni sindacali, da parte del Ministero
delle Infrastrutture, di apparecchiature audiovisive di ripresa delle attività
di esame per il conseguimento della patente di guida.

La Corte territoriale riteneva che la possibilità
così determinata di controllare a distanza, anche solo potenzialmente, la
prestazione di lavoro degli addetti allo svolgimento delle predette prove di
esame imponesse l’osservanza delle procedure di cui all’art 4, co. 2, L.
300/1970, nel caso di specie non rispettate.

2. La sentenza è stata impugnata dal Ministero con
due motivi, resistiti da controricorso di U.S.B..

3. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ai
sensi dell’art. 23, co. 8-bis, d.l. 137/2020, conv. con mod. in L. 176/2020,
con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso il Ministero
denuncia la violazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 4 dello Statuto dei
Lavoratori, anche in relazione all’art. 127, co. 7, del Codice della Strada,
sostenendo che quello realizzato costituirebbe un legittimo controllo
“difensivo”, imposto dalla pubblicità da assicurare ai sensi
dell’art. 121 del Codice della Strada e finalizzato ad assicurare la tutela dì
un bene estraneo al rapporto di lavoro, ovverosia la trasparenza delle
operazioni e l’autenticità delle risposte ai test rese dai candidati, il
secondo motivo richiama la violazione delle stesse norme di cui sopra,
sostenendo che la “pubblicizzazione” delle procedure e il loro
“controllo” sono concetti distinti, in quanto diretta la prima a
manifestare all’esterno l’evento che si sta svolgendo ed il secondo, attraverso
una relazione tra datore dì lavoro o suoi ausiliari ed il lavoratore, a
verificare l’operato del dipendente, senza contare che, essendo percepibili da
tutti le modalità di attivazione dell’impianto all’inizio delle prove, sarebbe
da escludere qualsivoglia natura “occulta” del controllo
consequenzialmente svolto.

2. I motivi vanno esaminati congiuntamente,
riguardando essi questioni tra loro strettamente connesse, e sono da ritenere
infondati.

3. L’art. 4 L. 300/1970, nella sua formulazione
originaria ed applicabile ratione temporis, prevede, al primo comma, il divieto
di utilizzazione di «impianti audiovisivi e di altre apparecchiature» per il
«controllo a distanza dell’attività dei lavoratori» ed ammette, al secondo
comma, l’installazione di impianti ed apparecchiature rese necessarie da
«esigenze organizzative e produttive ovvero della sicurezza del lavoro»,
allorquando da esse derivi «anche la possibilità» di un controllo a distanza
dell’attività del lavoratore, ma solo previo accordo sindacale o, in caso di
mancato accordo, previa disposizione da parte delle Direzioni territoriali del
lavoro.

Nell’attuale formulazione, introdotta
successivamente ai fatti di causa e qui non applicabile ma utile a fini
interpretativi, i due primi commi del precedente testo vengono unificati, con
l’aggiunta, tra le esigenze autorizzabili, di quelle volte alla «tutela del
patrimonio»; il primo comma originario non è in sé riprodotto, ma la nuova
formulazione, facendo riferimento all’autorizzabilità di apparecchiature dalle
quali «derivi anche la possibilità di controllo a distanza», rende chiaro che
il fine di controllo a distanza dell’attività non è mai sufficiente a
legittimare, da solo (controllo diretto), il controllo sull’attività
lavorativa, analogamente a quanto prevedeva la formulazione originaria
dell’art. 4, mentre lo è, ferma l’autorizzazione, quale possibilità conseguente
ad altri fini (controllo indiretto). E’ stata poi introdotta l’espressa
previsione di esclusione da limitazione dell’installazione di «strumenti
utilizzati dal lavoratore per rendere la 
prestazione lavorativa» (v. computer aziendali etc.) e degli agli
«strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze» (nuovo comma 2),
oltre al condizionamento dell’utilizzazione delle informazioni provenienti da
ogni installazione ad una «adeguata informazione delle modalità d’uso degli
strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto
dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196» (nuovo comma 3).

4. La giurisprudenza di questa S.C. ha talora
identificato ipotesi nelle quali la “possibilità” di controllo a
distanza (di cui all’art. 4, co. 2, dell’originario testo) non è stata ritenuta
tale da integrare la necessità di previe autorizzazioni.

Non è semplice l’individuazione di un lineare
percorso interpretativo cui ancorare queste ultime ipotesi, per il fatto che la
“possibilità” di controllo di cui al citato secondo comma è
fattispecie logicamente e lessicalmente ampissima.

In proposito sembra inevitabile muovere dalla ratto
che ispira la norma e che chiaramente, ove letta in controluce rispetto alla
possibilità incontroversa di controllo “umano” della prestazione,
anche mediante ausiliari (Cass. 9 ottobre 2020, n. 21888; Cass. 12 giugno 2002,
n. 8388), sta ad impedire (comma 1) o governare (comma 2) l’utilizzazione di
mezzi elettronici o meccanici («apparecchiature») e ciò in quanto la
prestazione del lavoro personale deve mantenere margini di autonomia
potenzialmente destinati a scomparire, in 
violazione della dignità stessa del prestatore, se il datore sia posto
in grado di analizzare, con modalità diverse dal diretto e contestuale contatto
personale, ogni singolo comportamento tenuto nell’ambito dell’attività
lavorativa.

D’altra parte, l’ampiezza della
“possibilità” di controllo di cui al secondo comma dell’originario
art. 4 rende il requisito inidoneo a delimitare l’ambito dei controlli che
restano al dì fuori dei vincoli normativi, riguardando anzi esso, proprio per
tale ampiezza terminologica, anche quei mezzi, come sono le riprese video dei
nostri tempi, che anche solo consentono di rivedere a distanza di tempo quanto
mano a mano visualizzato eo captato.

A delimitare l’ambito della norma sta dunque
piuttosto, come del resto sembra affermare anche il Pubblico Ministero nella
propria memoria finale, l’interpretazione rigorosa dei casi in cui i controlli
sono soggetti a disciplina vincolistica.

Di ciò si ha in qualche misura riscontro anche
prendendo in considerazione la norma come ora novellata, ove, a fronte della esclusione
di tutele nei casi in cui siano gli stessi macchinari in uso al lavoratore a
lasciare traccia dell’attività svolta o nei casi di rilevazione delle presenze,
per ampliare invece le garanzie ai casi di controlli c.d. difensivi riguardanti
il patrimonio aziendale, si è appunto agito inserendo l’ipotesi tra le esigenze
che legittimano, ma previa concertazione, le installazioni di apparecchiature
di controllo.

4.1 Muovendo in tale prospettiva si rileva che
l’art. 4, co.2, nella versione qui da applicare, ha riguardo ai controlli
indirettamente possibili in ragione di strumenti richiesti da «esigenze
organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro».

I “controlli difensivi” destinati a
restare al di fuori delle regole vincolistiche sono dunque quelli estranei a
quelle esigenze, strettamente intese, tra cui rientrano certamente i controlli
necessari ad assicurare tutela all’immagine del datore di lavoro (v. Cass. 10
novembre 2017, n. 26682) o del suo patrimonio (Cass. 8 novembre 2016, n. 22662,
tra l’altro questi ultimi ora attratti, come detto, nel regime autorizzatorio
dal nuovo testo della norma) e che del tutto occasionalmente ed
imprevedibilmente, secondo un giudizio di ragionevolezza ex ante, intercettino
comportamenti del lavoratore, rilevanti essenzialmente in quanto illeciti,
quasi sempre contrattualmente rilevanti o comunque anche di portata
extracontrattuale.

5. Ciò posto, è indubbio che l’assicurazione di
pubblicità alle prove di esame per il conseguimento della patente dì guida rientri
tra le «esigenze organizzative e produttive», in questo caso imposte per legge
dal Codice della Strada e discrezionalmente attuate dal Ministero attraverso il
sistema di video trasmissione all’esterno.

Nessun rilievo ha del resto il fatto – non contemplato
dalla norma – in ordine alla portata “non occulta” o non ignota ai
lavoratori del mezzo di controllo (Cass. 6 marzo 1986, n. 1490), del resto
destinata a divenire sostanzialmente la regola, ferma restando la liceità solo
previa autorizzazione, nel sistema quale ora novellato (art. 4, co. 3).

Così come irrilevante, proprio per l’ampiezza della
previsione di “possibilità” di controllo, è che lo scopo sia quello
di assicurare “pubblicità” alle sedute di esame, perché tale
pubblicità, se consente di verificare eventuali comportamenti indebiti dei
candidati, certamente consente anche di assicurare controllo sui comportamenti
più o meno scorretti degli esaminatori, e tanto basta.

6. Il ricorso va dunque disatteso e le spese del
giudizio di legittimità restano regolate secondo soccombenza.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00
per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15
% ed accessori di legge.

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