Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 novembre 2022, n. 33341

Licenziamento, Cessazione dell’appalto, Mancata
utilizzazione dei criteri di scelta ex legge n. 223
del 1991, Violazione dell’obbligo di repechage

 

Rilevato che

 

1. A.D.F. convenne in giudizio la C.G.I. s.p.a.
esponendo di aver lavorato quale addetto alla mensa prima alle dipendenze di O.
s.p.a., dal 1996 al 2006, e poi alle dipendenze della convenuta che in data
10.3.2015, quando era cessato l’appalto con A. s.p.a., lo aveva licenziato.
Dedusse l’illegittimità del licenziamento stante la manifesta insussistenza del
fatto, la mancata utilizzazione dei criteri di scelta ex legge n. 223 del 1991 e la violazione dell’obbligo
di repechage tenuto conto delle nuove assunzioni intervenute e del ricorso al
lavoro supplementare.

2. Il Tribunale, all’esito della fase sommaria,
accertava l’illegittimità del licenziamento per avere la società applicato i
criteri di scelta nell’ambito del personale in servizio sull’appalto cessato e
non anche con riguardo all’intero complesso aziendale. Inoltre, accertava
l’avvenuta violazione dell’obbligo di repechage.

3. All’esito dell’opposizione, invece, la domanda
del D.F. venne rigettata, essendo stata accertata la legittimità del recesso.

4. La Corte di appello di Salerno, investita del
reclamo da parte di A.D.F., invece, ritenne illegittimo il licenziamento in
quanto – pur provato il giustificato motivo oggettivo posto a fondamento del
recesso e infondata la censura avente ad oggetto l’utilizzazione dei criteri di
scelta per individuare il personale da licenziare – non era stata offerta la
prova della impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni anche
in ambito extraregionale. Pertanto, in riforma dell’ordinanza del Tribunale,
ferma la risoluzione del rapporto di lavoro la società venne condannata al
pagamento di un’indennità risarcitoria che fu quantificata in 20 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita oltre agli interessi legali
ed alla rivalutazione monetaria fino all’integrale soddisfo.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso A.D.F. affidato a due motivi. La C.G. s.p.a. ha resistito con
controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso principale con il quale
erano state semplicemente reiterate le obiezioni mosse nei gradi di merito e
comunque la sua infondatezza. Inoltre, la società ha proposto ricorso
incidentale affidato ad un unico motivo. Il D.F. ha depositato memoria
illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

 

Considerato che

 

6. Con il primo motivo del ricorso principale è
denunciata la violazione ed errata o falsa applicazione dell’art. 3 e dell’art. 5 della legge n. 604 del 1966;
degli artt. 1175, 1375,
2118 e 2697 c.c.;
dell’art. 5 della legge n. 223
del 1991; degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e
dell’art. 416 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.. Inoltre, si
lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti
in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.,
da intendersi anche come esame apparente e/o perplesso e/o incomprensibile.

6.1. Sostiene il ricorrente che erroneamente la
Corte di merito aveva ritenuto corretta l’applicazione dei criteri di scelta
dei lavoratori da licenziare da parte della società e sottolinea che,
diversamente da quanto in concreto avvenuto, la società avrebbe dovuto porre in
comparazione la posizione del D.F. con l’intera platea dei lavoratori in
servizio presso la C.G. s.p.a. la quale gestisce numerose mense e migliaia di
lavoratori sul piano nazionale.

7. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la
violazione e errata o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 della legge n. 604 del
1966; degli artt. 1175, 1375, 2118, 2697 c.c. e dell’art. 18 commi 5 e 7 della legge
n. 300 del 1970 e ss.mm . oltre che l’omesso esame di un fatto decisivo
oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art.
360 n. 5 c.p.c. da intendersi anche come esame apparente e/o perplesso e/o
incomprensibile e deduce che a fronte dell’accertata violazione dell’obbligo di
repechage si sarebbe dovuta disporre la reintegrazione del lavoratore.

8. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la
società C.G. denuncia la violazione dell’obbligo di repechage e l’errata
applicazione dell’art. 1375 c.c. e sostiene
che, diversamente da quanto affermato dal giudice di appello, tutte le
affermazioni del lavoratore sul repechage (assunzione di un’unità ad Avellino e
svolgimento di lavoro straordinario supplementare), pur nella loro genericità
erano state comunque contestate. Erroneamente, perciò, la Corte di merito aveva
ritenuto che il datore di lavoro fosse venuto meno all’onere probatorio che su
di lui incombeva trascurando così di considerare che il lavoratore non aveva
individuato alcuna posizione concreta cui poteva essere adibito. Sostiene che
diversamente sarebbe imposto un onere probatorio impossibile che, invece,
doveva essere contenuto appunto nei limiti delle allegazioni del lavoratore
ricorrente.

9. Per ragioni di priorità logica va esaminato per
primo il ricorso incidentale che investe la statuizione con la quale la Corte
di merito ha confermato la illegittimità del licenziamento sotto il profilo del
mancato adempimento dell’onere di provare l’impossibilità di ricollocare il
lavoratore in una diversa posizione.

9.1. Occorre premettere al riguardo che secondo
l’oramai consolidato orientamento di questa Corte in materia di licenziamento
per giustificato motivo oggettivo, spetta al datore di lavoro l’allegazione e
la prova dell’impossibilità di “repechage” del dipendente licenziato,
in quanto requisito di legittimità del recesso datoriale, senza che sul
lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili, essendo contraria
agli ordinari principi processuali una divaricazione tra i suddetti
oneri.” (cfr. tra le tante Cass. nn. 5592
e 12101 del 2016). Il lavoratore ha l’onere di
dimostrare il fatto costitutivo dell’esistenza del rapporto di lavoro a tempo
indeterminato così risolto, nonché di allegare l’illegittimo rifiuto del datore
di continuare a farlo lavorare in assenza di un giustificato motivo, mentre
incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e di prova
dell’esistenza del giustificato motivo oggettivo, che include anche
l’impossibilità del cd. “repechage”, ossia dell’inesistenza di altri
posti di lavoro in cui utilmente ricollocare il lavoratore (cfr. Cass. n. 24882 del 2017). In sostanza sul datore
di lavoro incombe la dimostrazione del fatto negativo costituito
dall’impossibile ricollocamento del lavoratore che può essere data con la prova
di uno specifico fatto positivo contrario o mediante presunzioni dalle quali
possa desumersi quel fatto negativo (cfr. Cass. n.
23789 del 2019).

9.2. La Corte territoriale ha fatto corretta
applicazione di tali principi avendo verificato che gli elementi di valutazione
dai quali la società avrebbe voluto far derivare l’impossibilità di adibire
altrimenti il lavoratore (flessione del numero di dipendenti, assenza di
posizioni idonee per il reimpiego, estinzione di numerosi appalti, cospicuo
ridimensionamento delle attività e del personale) pur complessivamente
considerate non consentivano di escludere che, in presenza di numerosi appalti
ancora in piedi anche in ambito extra regionale, vi fossero posizioni utili
alle quali assegnare il lavoratore invece che licenziarlo. Si tratta di
apprezzamento del materiale probatorio eseguito in adesione ai principi sopra
richiamati e perciò non censurabile davanti a questa Corte se non sotto il
profilo del vizio di motivazione nella specie neppure denunciato.

10. Venendo all’esame del primo motivo del ricorso
principale, questo è inammissibile. Il ricorrente, infatti, non ha interesse a
censurare un capo della sentenza che, pur a lui sfavorevole, non ha comunque
inciso sull’esito della controversia che comunque ha visto accertare
l’illegittimità del recesso intimatogli per giustificato motivo oggettivo
seppure sotto il diverso, e parimenti contestato, profilo del mancato
assolvimento dell’obbligo di repechage.

11. Deve invece essere accolto il secondo motivo del
ricorso principale.

11.1. Con la censura ci si duole della tutela
applicata e si deduce che a fronte dell’accertata violazione dell’obbligo di
repechage si sarebbe dovuta disporre la reintegrazione del lavoratore.

11.2. Rileva infatti il Collegio che nelle more
della definizione del giudizio è intervenuta la sentenza
n. 125 del 19 maggio 2022 con la quale la Corte costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo
periodo, della legge n. 300 del 1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della
legge n. 92 del 2012, limitatamente alla parola «manifesta».

11.3. Va al riguardo rammentato che, anche nel
giudizio di cassazione, qualora sopravvenga dopo la deliberazione della
decisione della Corte di Cassazione e prima della pubblicazione della stessa,
la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge e tale
dichiarazione risulti potenzialmente condizionante rispetto al contenuto ed al
tipo di decisione che la Corte stessa era chiamata a rendere, sussiste il
dovere della Corte di Cassazione di tenere conto della suddetta dichiarazione,
posto che anche il giudizio di cassazione pende sino a quando la sentenza non
sia stata pubblicata e considerato che le norme dichiarate incostituzionali non
possono avere applicazione dopo la pubblicazione della sentenza della Corte
Cost. (Cass. n. 5884 del 1999; Cass. n. 16081 del 2004).

11.4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che nel
caso in esame il capo della sentenza impugnata che ha negato la tutela
reintegratoria al D.F. sulla base di un parametro normativo oramai espunto
dall’ordinamento, debba essere cassato per consentire al giudice del rinvio di
riconoscere la tutela dovuta secondo il modificato quadro normativo (Cass. 07/07/2022 n. 21470 e n. 21468).

12. Alla luce delle esposte considerazioni,
pertanto, rigettato il ricorso incidentale ed il primo motivo del ricorso
principale, in accoglimento del secondo motivo del ricorso proposto da A.D.F.,
la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Salerno che
verificherà quale sia la tutela in concreto applicabile alla fattispecie sulla
base della nuova dizione letterale dell’art. 18 comma 7 della legge n.
300 del 1970 e ss.mm.. Alla Corte del rinvio è demandata la regolazione
delle spese del presente giudizio di legittimità. Sussistono i presupposti
processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso a norma dell’art.13
comma 1 bis del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Riconvocatasi nella medesima composizione in data 28
settembre 2022, così decide:

Rigetta il ricorso incidentale ed il primo motivo
del ricorso principale;

Accoglie il secondo motivo del ricorso principale;

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, che
provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R.,
se dovuto.

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