Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 novembre 2022, n. 34189

Lavoro, Contratto a termine, Genericità della causale,
Nullità della clausola appositiva del termine

Rilevato che

 

con la sentenza impugnata è stata confermata la
pronuncia del Tribunale di Roma con la quale era stata dichiarata la nullità
della clausola appositiva del termine contenuta nel contratto di lavoro
stipulato tra R.C. e la “C.F.S.p.A.” il 4 settembre 2010 (dal
seguente tenore: “Ella viene assunta a seguito di temporanee esigenze di
carattere tecnico-organizzativo, così come previsto dall’art. 1, comma 1, del
Decreto Legislativo n. 368/2001. In particolare la necessità di ricorrere alla
Sua prestazione a termine deriva dall’esigenza di far fronte a richieste
operative contingenti e straordinarie dovute alla complessiva ridistribuzione
dell’attività nell’ambito del G.A. e del G.A.O., in funzione del progetto di
integrazione delle suddette Aziende”; e con indicazione del luogo di
lavoro – i.e.: Milano – e della qualifica e grado – i.e.:

Assistente di volo Responsabile di Seconda -), con
conseguente ordine di ricostituzione del rapporto di lavoro;

per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso la “A. – S.A.I. S.p.A. in amministrazione straordinaria”,
affidato a sei motivi;

R.C. ha resistito con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria;

il P.G. non ha formulato richieste.

 

Considerato che

 

con il primo motivo la ricorrente – denunciando
violazione e falsa applicazione degli artt. 111, sesto comma, Cost., 132 c.p.c.
e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. –
si duole che il giudice del gravame abbia espresso una motivazione apparente,
avendo omesso di indicare i parametri e criteri di individuazione della causale
“sottesa al contratto” nonché di motivare sugli elementi di prova
decisivi afferenti alla sussistenza della predetta causale;

con il secondo motivo – denunziando nullità della
motivazione “per relationem”, nonché violazione e falsa applicazione
degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 4, c.p.c. – lamenta che il predetto giudice si sia limitato ad
aderire acriticamente alla sentenza di primo grado, senza dare conto degli
specifici motivi di impugnazione formulati dalla società;

con il terzo motivo – denunziando violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, 2967 c.c., 115 e
116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. – si duole che
la Corte territoriale, nell’affermare – in risposta al rilievo della società
secondo cui attraverso l’indicazione dei vari elementi emergeva che la causa
dell’apposizione del termine consisteva nella necessità di coprire, fino al
progressivo completamento del processo di riorganizzazione del gruppo,
posizioni di lavoro scoperte nel settore AV, assistenti di volo responsabili di
seconda, sul territorio milanese – che «Vi è tuttavia da obiettare che in
realtà il luogo di Milano e la menzione di “assistente di volo
responsabile di seconda” sono indicate nel contratto solo quale posto di
lavoro e qualifica del dipendente, senza alcun collegamento con la
“esigenza di far fronte a richieste operative contingenti e straordinarie
dovute alla complessiva ridistribuzione dell’attività nell’ambito del G.A. e
del G.A.O., in funzione del progetto di integrazione delle suddette
aziende”», non abbia ravvisato la specificità della causale, avendo omesso
di accertare la legittimità, da un punto di vista formale ancor prima che
sostanziale, del contratto a termine;

con il quarto motivo – denunziando violazione e
falsa applicazione degli artt. 1, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 368 del 2001, 2697
c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. –
lamenta che la predetta Corte abbia imputato alla società presunte
“carenze allegatorie” nonostante la medesima avesse compiutamente
dimostrato fin dalla memoria difensiva di primo grado il reale verificarsi
dell’esigenza indicata nel contratto individuale, avendo articolato “ben
28 capitoli di prova, specifici e dettagliati, volti a dimostrare la
legittimità del contratto a termine intercorso, fornendo dati dettagliatissimi
in ordine alla specificità del contratto in scrutinio, corroborati da speculare
e conferente documentazione (peraltro mai contestata dalla controparte). Di
contro, la sentenza oggetto di gravame, non pronunciandosi minimamente in
merito alle prove specifiche e dettagliate articolate dalla Società convenuta
ha ritenuto, in palese contrasto con la prevalente giurisprudenza – interna e comunitaria
– di non ammettere alcun mezzo istruttorio”;

con il quinto motivo – denunziando omesso esame di
fatti decisivi per il giudizio in ordine alla legittimità della causale sottesa
al contratto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. – si duole,
da un lato, che il giudice del gravame abbia violato gli artt. 115 e 116
c.p.c., avendo omesso di svolgere una doverosa ed approfondita istruttoria su
circostanze dirimenti e tempestivamente allegate dalla società sin dal primo
grado di giudizio, emergendo nella parte motiva della sentenza la mancata presa
visione, ad opera del predetto giudice, dei documenti (nei quali era illustrata
una nuova e crescente attività per le compagnie “A.O.” e “A. C.
S.p.A.” e per le società, come “C.F.”, da loro controllate, il
cui personale veniva chiamato ad operare su nuove rotte aeree e su nuovi
aeromobili, nell’ottica del processo di integrazione tra le due citate
Compagnie) allegati alla memoria difensiva di primo grado; e, dall’altro, che,
ove eventualmente ritenute pacifiche le circostanze dedotte dalla società al
riguardo, abbia omesso di porre le circostanze in questione a fondamento della
decisione;

con il sesto motivo – denunziando violazione degli
artt. 1372 c.c., 1418 c.c., 1419 c.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, c.p.c. – lamenta che il predetto giudice abbia rigettato
l’eccezione di avvenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso,
trascurando di considerare che la lavoratrice aveva manifestato la volontà di
agire in giudizio soltanto dopo quasi un anno dalla scadenza dell’ultimo
contratto a termine, per di più prestando attività economica retribuita in
favore di altro datore di lavoro.

 

Ritenuto che

 

il primo motivo va disatteso, in quanto, come si
vedrà mediante l’esame del terzo, quarto e quinto motivo, la sentenza reca una
effettiva motivazione illustrativa delle ragioni di supporto alla decisione;

il secondo motivo va del pari disatteso, in quanto
il giudice del gravame (alle pagine 2 e ss. della sentenza) ha dato analiticamente
conto dei motivi di impugnazione formulati dalla società e, come parimenti si
vedrà mediante l’esame del terzo, quarto e quinto motivo, non si è limitato ad
aderire acriticamente alla pronuncia di primo grado;

il sesto motivo, da trattarsi con priorità rispetto
al terzo (e successivi), va rigettato, in quanto «In tema di contratti a tempo
determinato, l’accertamento della sussistenza di una concorde volontà delle
parti diretta allo scioglimento del vincolo contrattuale costituisce
apprezzamento di merito, sindacabile nei limiti consentiti dall’art. 360, n. 5,
c.p.c., tempo per tempo vigente» (cfr., tra le altre, Cass. 31/05/2018, n.
13958); e, nel caso, anche ove la censura volesse intendersi correttamente
proposta ai sensi del citato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., il sindacato
di questa Corte sarebbe comunque precluso per via dell’operatività della cd.
“doppia conforme”, essendo identiche, come si evince dalle
argomentazioni al riguardo utilizzate nelle sentenze di merito, le ragioni
poste – sia in primo che in secondo grado – a base del rigetto dello specifico
motivo di doglianza;

il terzo, il quarto e il quinto motivo, da trattare
congiuntamente in quanto logicamente connessi, vanno disattesi, perché il
giudice del gravame, nel motivare la propria decisione, ha puntualizzato che
«Pur prescindendo dalle valutazioni del primo giudice, secondo cui la
genericità della causale rende superflua la ammissione della prova, va
osservato che nessuna prova idonea ha offerto o chiesto di offrire l’appellante
in ordine alla effettiva sussistenza della ragione di assunzione (…). La
parte richiama il documento n. 6 allegato alla memoria di primo grado. Questo,
tuttavia, consiste solo in una informazione data ai sensi dell’art. 47 della I.
29.12.90 n. 428 alle organizzazioni sindacali della esistenza di vari eventi,
fra cui la operazione di scissione parziale di A.O. Spa in A.. Esso, quindi,
può al più provare l’integrazione fra tali società e rendere verosimile
l’esistenza di un progetto di riorganizzazione ma nulla dimostra in ordine alle
modalità del progetto medesimo e, in particolare, al collegamento fra il
progetto, da un lato, e il luogo di lavoro nonché la qualifica di assunzione a
termine della lavoratrice appellata, dall’altro. Dette carenze si estendono
alla prova orale dedotta sui capitoli di prova indicati nella memoria di primo
grado, che di seguito si riproducono per rendere evidente la circostanza:

(…)»; dopo aver riportato i capitoli articolati
dalla società nella memoria di primo grado, ai numeri da 2) a 10), coincidenti
con quelli, indicati nel ricorso per cassazione, di cui si lamenta l’omessa
ammissione, il giudice del gravame ha quindi rilevato che difettasse «ogni
menzione del posto di lavoro e della qualifica di assunzione a termine della
lavoratrice appellata (…). Pure i sei documenti prodotti, oltre a quello di
cui si è già parlato in allegato alla memoria di costituzione di primo grado,
non presentano collegamento con la causale del primo contratto»; in sostanza,
il predetto giudice ha ritenuto la prova dedotta affetta da genericità e non
significativa ai fini della dimostrazione della veridicità della causale, in
difetto della allegazione del profilo concernente il collegamento tra progetto
di riorganizzazione e luogo di lavoro (nonché qualifica di assunzione a termine
della lavoratrice); vale, pertanto, l’orientamento secondo cui «Il giudizio
sulla superfluità o genericità della prova testimoniale è insindacabile in
cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata
soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di
ordine logico» (così Cass. 10/09/2004, n. 18222);

nel presente caso, la valutazione operata non può
dirsi basata su erronei principi giuridici, in quanto il giudice di appello ha
correttamente escluso una prova ritenuta irrilevante perché priva di
decisività, con conseguente difetto di alcuna incongruenza di ordine logico;

le spese del presente giudizio, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 4.500,00 per compensi e in euro
200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 novembre 2022, n. 34189
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