Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 gennaio 2023, n. 1307

Lavoro, Contratto a termine, Nullità del termine apposto, Divieti e limiti alle assunzioni a tempo indeterminato presso i Consorzi di bonifica, Rigetto

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’appello di Caltanissetta ha accolto in parte l’appello del Consorzio di Bonifica 6 Enna e, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto le domande proposte da F.S. anche relativamente al contratto a termine concluso nel 2015 (v. infra § 2).

2. La Corte territoriale ha dato atto che: F.S. ha agito con un primo giudizio (R.G. 1001/2015) davanti al Tribunale di Enna per far accertare la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro intercorsi dal 2011 al 2014, con domanda di conversione a tempo indeterminato e/o di risarcimento del danno; questa domanda è stata parzialmente accolta dal tribunale che ha dichiarato la nullità del termine apposto ai contratti e condannato il Consorzio al risarcimento del “danno comunitario”, ai sensi dell’art. 32, della legge 183 del 2010; la decisione di primo grado è stata riformata dalla Corte d’appello (sentenza n. 503/2019) con l’integrale rigetto delle domande del lavoratore (il ricorso in cassazione avverso la sentenza d’appello è stato respinto con ordinanza n. 33094/21); con un secondo ricorso (R.G. 1119/2015), proposto unitamente ad altri colleghi di lavoro, il S. ha chiesto di dichiarare la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro intercorsi dal 2011 al 2015, con domanda di conversione a tempo indeterminato e/o di risarcimento del danno; questa domanda è stata accolta dal tribunale (sentenza n. 87/2019) per alcuni ricorrenti e limitatamente alla declaratoria di nullità del termine apposto ai contratti, con condanna del Consorzio al risarcimento del “danno comunitario”, ai sensi dell’art. 32, della legge 183 del 2010; nei confronti del S. è stata dichiarata l’inammissibilità delle domande, per essere state le stesse già proposte nell’altro giudizio (R.G. 1001/2015); la sentenza n. 87/2019 è stata impugnata dal Consorzio, ma non nei confronti del S., e la Corte d’Appello di Caltanissetta (sentenza 222/2020) ha riformato la sentenza del tribunale e rigettato la domanda proposta dai colleghi dell’odierno ricorrente; con proprio atto di appello, mai riunito all’appello dei colleghi, il S. ha a sua volta impugnato la pronuncia di inammissibilità resa dal Tribunale con sentenza n. 87/2019 e la Corte d’Appello, con la sentenza qui impugnata (n. 548/2020), ha ritenuto che la domanda fosse effettivamente inammissibile quanto ai contratti conclusi dal 2011 al 2014, perché già proposta nell’altro processo (R.G. 1001/15) e che fosse ammissibile la sola domanda riguardante il contratto a termine del 2015.

3. Rispetto a quest’ultimo contratto, la Corte territoriale ha premesso come la stipula dei rapporti a termine al di fuori delle ipotesi previste non ne consentisse la conversione per effetto dei divieti e limiti alle assunzioni a tempo indeterminato presso i Consorzi di bonifica stabiliti dalla L.R. 45/1995.

4. Ha aggiunto che l’abusivo ricorso al contratto a tempo determinato da parte del Consorzi di Bonifica potesse essere perseguito secondo la regola generale della responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) ed in applicazione dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite con le sentenze 5072 e 11374 del 2016.

5. Ha ritenuto che nel caso di specie non potesse trovare accoglimento nemmeno la domanda risarcitoria per responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. poiché non proposta nel ricorso introduttivo della lite.

6. Avverso tale sentenza F.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Consorzio di Bonifica 6 Enna ha resistito con controricorso. Il procedimento, inizialmente fissato in adunanza camerale presso la Sottosezione Sesta, con ordinanza interlocutoria n. 21091 del 2022 è stato trasmesso alla Quarta Sezione per la trattazione in pubblica udienza.

7. Il Sostituto Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis, del decreto legge n. 137 del 2020, conv. dalla legge n. 176 del 2020, chiedendo l’accoglimento del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.

 

Ragioni della decisione

 

8. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., degli artt. 2126, 2907, 1218 cod. civ., dell’art. 32, L.R. n. 45 del 1995, degli artt. 3 e 4, L.R. n. 76 del 1995 e dell’art. 32, L. n. 183 del 2010.

9. Il ricorrente, premesso che la Corte d’appello ha affermato l’ammissibilità della domanda (relativamente al contratto del 2015) e l’illegittima apposizione del termine al contratto, censura la sentenza d’appello per avere respinto la domanda risarcitoria da responsabilità contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., sul rilievo che tale domanda non fosse stata proposta nel ricorso introduttivo del giudizio, con conseguente inapplicabilità dei principi affermati dalle S.U. con la sentenza n. 5072 del 2016 e con la successiva sentenza Cass. S.U. n. 11374 del 2016.

10. Sostiene di avere espressamente ed autonomamente rivendicato, anche per il caso in cui fosse stata affermata l’impossibilità di conversione dei contratti, il diritto alternativo al risarcimento del danno comunitario, anche nella sua componente dissuasiva e sanzionatoria conseguente alla violazione delle norme contrattuali, comunitarie e interne sul lavoro a tempo determinato, come desumibile dal contenuto del ricorso introduttivo della lite, trascritto nelle parti rilevanti ai fini del decidere.

11. Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 cod. civ., degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ. nonché dell’art. 32, L. n. 183 del 2010.

12. Si censura la sentenza d’appello per avere respinto la domanda risarcitoria a causa della mancata invocazione nel ricorso introduttivo della lite della norma codicistica in materia di responsabilità contrattuale del debitore, di cui all’art. 1218 cod. civ., assumendosi la portata inequivoca del petitum e della causa petendi della domanda formulata nel ricorso introduttivo; si assume che, comunque, la Corte di merito avrebbe dovuto procedere alla corretta qualificazione giuridica della domanda azionata.

13. I motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per connessione, non possono trovare accoglimento.

14. La Corte d’appello ha confermato la statuizione del tribunale, di inammissibilità della domanda relativa ai contratti conclusi dal 2011 al 2014, perché già proposta nel separato procedimento (R.G. 1001/15), ed ha giudicato ammissibile la sola domanda relativa alla nullità del termine apposto al contratto del 2015. Ha ritenuto che fosse preclusa la conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per effetto dei divieti stabiliti dalla L.R. 45/1995 e che non potesse trovare accoglimento neanche la domanda risarcitoria per responsabilità contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., poiché non proposta nel ricorso introduttivo della lite.

15. Ove anche fosse configurabile il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno cd. comunitario, deve tuttavia rilevarsi come la stessa non potrebbe trovare accoglimento poiché nella fattispecie oggetto di causa, proprio in quanto avente ad oggetto la nullità del termine di un unico contratto, difettano i presupposti in diritto del danno c.d. comunitario, che richiede una abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato.

16. Questa Corte ha statuito che quando il motivo o la domanda non esaminati dal giudice propongono infondate questioni di diritto, lo iato esistente tra la pronuncia di rigetto e il mancato esame per cui l’annullamento è stato domandato deve essere colmato dalla Corte di Cassazione attraverso l’impiego del potere di correzione della motivazione (art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.), integrando la decisione di rigetto pronunciata dal giudice mediante l’enunciazione delle ragioni che la giustificano in diritto, senza necessità di rimettere al giudice di rinvio il compito di dichiarare infondato in diritto il motivo o la domanda non esaminati (v. Cass. n. 3388 del 2005; Cass. n. 8561 del 2006; Cass. n. 28663 del 2013; Cass. n. 2731 del 2017).

17. Nella fattispecie oggetto di causa, non possono invocarsi i principi affermati dalla Corte di Giustizia con l’ordinanza del 12 dicembre 2013 in causa C- 50/13, perché la clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70 CE è applicabile nella sola ipotesi di reiterazione abusiva (Corte di Giustizia 23.4.2009 in cause riunite da C-378/07 a C380/07, punto 90).

18. Questa Corte ha già affermato (v. fra le tante Cass. nn. 4632, 5315, 5319, 5456, 28253 del 2017) che nell’ipotesi di ritenuta illegittimità di un unico contratto non può neppure trovare applicazione il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5076 del 2016, perché l’agevolazione probatoria è stata ritenuta necessaria al solo fine di adeguare la norma interna alla direttiva eurounitaria, nella parte in cui impone l’adozione di misure idonee a sanzionare la illegittima reiterazione del contratto. Ove, invece, venga in rilievo l’illegittimità di un unico rapporto, non vi è ragione alcuna che possa portare a disattendere la regola, immanente nel nostro ordinamento e richiamata anche dalle Sezioni Unite, in forza della quale il danno deve essere allegato e provato dal soggetto che assume di averlo subito (v. Cass. n. 3558 del 2021, in motivazione).

19. Si è, ulteriormente ribadito che “Nel lavoro pubblico contrattualizzato, il ricorso alla disciplina di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, al fine di agevolare l’onere probatorio del danno conseguente all’illegittima reiterazione di rapporti a termine, si giustifica con la necessità di garantire efficacia dissuasiva alla clausola 5 dell’Accordo quadro, allegato alla direttiva 1999/70/CE, che concerne la prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di contratti a termine e, pertanto, non può trovare applicazione nelle ipotesi in cui l’illegittimità concerna l’apposizione del termine ad un unico contratto di lavoro” (Cass. n. 19454 del 2018).

20. I contratti a termine conclusi tra il 2011 e il 2014, precedenti rispetto a quello oggetto di causa del 2015, non possono essere esaminati in questa sede neanche come dato storico della sequenza dei rapporti, suscettibile di accertamento incidentale da parte del giudice per verificare l’esistenza di una reiterazione (in tal senso v. Cass. n. 22861 del 2022 in materia di somministrazione a tempo determinato), in quanto la statuizione del tribunale (sentenza 87/19), di inammissibilità delle domande proposte in questo giudizio dal S. per gli anni 2011/2014, non è stata oggetto di impugnativa in appello (v. motivi di appello riportati nella sentenza n. 548/2020, alle pagine 4 e 5). La stessa sentenza n. 548/2020, a pag. 8, dà atto che “le domande proposte nei due giudizi dall’odierno appellante sono state […] ritenute infondate con riferimento ai contratti 2011-2014, rispetto ai quali la ulteriore domanda proposta con il secondo giudizio deve ritenersi effettivamente inammissibile, con statuizione definitiva (ndr. adottata con sentenza del tribunale n. 87/2019) per mancanza di gravame”.

21. Lo stesso ricorso per cassazione in esame, a pag. 5, censura la citata sentenza d’appello n. 548/2020 solo in riferimento al contratto del 2015, rilevando che “la Corte d’appello, pur affermando l’ammissibilità della domanda e l’illegittima apposizione del termine al contratto del 2015, ha tuttavia erroneamente rigettato la domanda risarcitoria”.

22. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.

23. La regolazione delle spese del giudizio segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo e raddoppio del contributo unificato, se dovuto, ricorrendone i presupposti processuali, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (v. Cass., S.U. n. 23535 del 2019).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 3.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 gennaio 2023, n. 1307
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