Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 aprile 2023, n. 10129

Tributi, Attività professionale di medico convenzionato, IRAP, Rimborso, Requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale, Cosiddetta “medicina di gruppo”, Autonoma organizzazione professionale del medico convenzionato, Insussistenza, Accoglimento

 

Fatti di causa

 

1. R.G., esercente l’attività di medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso delle somme versate per il tributo dell’Irap in relazione agli anni dal 2006 al 2009. Sosteneva il contribuente di avere diritto al rimborso perché l’Irap non doveva gravare su di lui, in quanto la sua attività professionale era svolta nell’assenza di una autonoma organizzazione.

2. L’Amministrazione finanziaria non rispondeva alla richiesta formulata da R.G., ed il medico impugnava il silenzio rifiuto innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Teramo, che accoglieva le tesi del ricorrente ed annullava i dinieghi di rimborso contestati.

3. Avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio spiegava appello, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, l’Agenzia delle Entrate. La CTR accoglieva il ricorso, ritenendo che l’attività professionale del contribuente fosse svolta mediante autonoma organizzazione, e pertanto affermava la correttezza dei dinieghi di rimborso opposti dall’Amministrazione finanziaria.

4. La decisione assunta dalla CTR era impugnata per cassazione dal contribuente. La Suprema Corte, con pronuncia 5.7.2017, n. 16593, accoglieva il ricorso e rinviava alla CTR perché verificasse se fosse stata provata la ricorrenza dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale svolta dal contribuente.

5. R.G. riassumeva il giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, e si costituiva e resisteva l’Amministrazione finanziaria. La CTR riaffermava la sussistenza dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale del contribuente, e confermava perciò la legittimità del diniego di rimborso opposto dall’Agenzia delle Entrate alle sue istanze.

6. Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione assunta dalla CTR nel giudizio di rinvio, il contribuente, che si affida a tre motivi di ricorso. L’Ente impositore ha ricevuto notifica del ricorso a mezzo PEC il 12.9.2019, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità. Il ricorrente ha pure depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il contribuente contesta la nullità della decisione adottata dal giudice dell’appello, in conseguenza della violazione dell’art. 384, comma 2, c.p.c., non avendo la CTR osservato i principi di diritto indicati dalla Suprema Corte nel disporre la cassazione con rinvio del processo.

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente censura la decisione adottata dalla CTR, per aver omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, non analizzando la concreta ricorrenza dei presupposti per ritenere che il medico convenzionato R.G. svolgesse la propria attività professionale avvalendosi di un’autonoma organizzazione.

3. Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente critica la violazione del d.lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, per avere la CTR proposto valutazioni, in materia di affermazione dell’esistenza di un’autonoma organizzazione dell’attività professionale del ricorrente, avulse dalle concrete emergenze di causa, ed in contrasto con i principi sanciti in materia dalla Suprema Corte.

4. Il ricorrente mediante i suoi tre motivi di ricorso, in relazione ai profili della nullità della sentenza per mancato rispetto dei principi indicati dalla Suprema Corte nel disporre il giudizio di rinvio, del vizio di motivazione e della violazione di legge, contesta l’erroneità della impugnata pronuncia adottata dalla CTR per aver ritenuto, senza fondamento, che risulti provata l’autonoma organizzazione dell’attività professionale del contribuente.

I motivi di ricorso risultano tra loro connessi, ed appare opportuno esaminarli congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.

4.1. Appare opportuno ricordare che R.G. è un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, il quale svolge l’attività professionale in ambulatorio condiviso con due colleghi, c.d. medicina di gruppo. Le attività di segreteria sono svolte da personale addetto di una società esterna. Non risulta neppure affermato che il contribuente disponga di attrezzature eccedenti il minimo indispensabile per lo svolgimento della sua attività professionale.

4.2. Nel disporre il giudizio di rinvio con la ricordata ord. 5.7.2017, n. 16593, la Cassazione ha osservato che “il ricorrente esattamente censura – per violazione di norme di diritto sostanziali (d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, 3) – la sentenza d’appello laddove stima l’attività della contribuente fornita del requisito dell’autonoma organizzazione pur essendo correlata col SSN ed espletata con minime attrezzature, modeste spese globali e ridotto ausilio di personale. La decisione del giudice regionale si discosta dai principi regolativi ora definitivamente certificati da Cass., sez. U., sentenza n. 9451 del 10/05/2016 laddove si afferma che, in tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dal d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.

Invece la sentenza d’appello sostiene che “è evidente l’esistenza, nella specie, di una componente organizzativa funzionale allo studio che eccede (già solo per la presenza di una segretaria) lo standard minimo richiesto dalla legge e che è idonea a potenziare l’attività delle struttura (…) e dunque a creare valore aggiunto, rispetto al quale irrilevante che l’attività di supporto sia stata fornita da un terzo anziché da personale dipendente, sulla base di un contratto di fornitura o di altra natura”. Il che costituisce affermazione giuridica in evidente contrasto col principio di diritto enunciato dalle sezioni unite e dalla successiva giurisprudenza applicativa (conf. Cass. 10/08/2016, n. 16928, per altro professionista indicato nell’odierno ricorso come collegato in cd. medicina di gruppo) Dalla lettura combinata della sentenza d’appello e delle difese della parte ricorrente emerge che nella specie il thema decidendum riguarda – oltre alla semplice presenza di un solo ambulatorio (forse in comune con tali dottori G. e N.) – la presenza di una segretaria, che talvolta la CTR indica come sola in regime di outsourcing e talaltra in aggiunta ad “altro personale” in outsourcing. Il che, senza adeguato esame della fattispecie concreta da parte del giudice di merito, esclude che i parametri indicati dalle sezioni unite possano dirsi superati di per se stessi. Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma 1, c.p.c. con ordinanza (in forma semplificata) di accoglimento del ricorso e cassazione della sentenza d’appello con rinvio per nuovo e più compiuto esame…”.

4.3. Questa Corte regolatrice, pertanto, premesso che l’autonoma organizzazione dell’attività professionale non ricorre quando il contribuente utilizzi per lavorare beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive, ha demandato alla CTR la verifica in concreto dell’integrazione dei parametri indicati dalle Sezioni Unite perché possa affermarsi la ricorrenza di un’autonoma organizzazione dell’attività professionale del contribuente.

4.4. Nella impugnata decisione in esame, la CTR scrive che “avvalersi di una società esterna (costituita dagli stessi medici che fanno parte dello studio e che ne sono amministratori), che mette a disposizione personale e mezzi in quantità superiore all’unità, integra l’autonoma organizzazione… ad avviso di questa Commissione, è proprio l’esistenza di una società di cui i tre medici dello studio sono soci ed amministratori ad integrare l’esistenza di un’autonoma organizzazione… tutte le ulteriori doglianze e questioni, in questo ordine argomentativo, possono ritenersi assorbite” (sent. CTR, p. 3). La valutazione espressa dalla CTR si fonda pertanto esclusivamente sul rilievo che l’avvalersi di una società esterna, costituita dagli stessi tre medici che fanno parte dello studio, ed avvalersi di collaboratori in quantità superiore all’unità, integra il requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale, ed importa in conseguenza l’assoggettamento del contribuente al pagamento dell’Irap.

4.5. La esposta conclusione non appare condivisibile. Premesso che lo svolgimento dell’attività professionale nello stesso ambulatorio con altri medici convenzionati importa un opportuno risparmio di risorse e non integra, di per sé, l’esistenza di un’autonoma organizzazione professionale, la stessa non risulta integrata nemmeno dalla utilizzazione della collaborazione di un numero di segretarie, una o due che siano, la CTR non lo chiarisce, che sono comunque di numero inferiore rispetto ai medici che se ne sono avvalsi, che il giudice dell’appello afferma essere tre.

4.6. Proprio in ordine ai requisiti necessari perché possa ritenersi integrata l’autonoma organizzazione professionale del medico convenzionato, questa Corte di legittimità ha già chiarito che “in tema di IRAP il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni meramente esecutive. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sussistente il presupposto impositivo per la sola circostanza che il contribuente si era avvalso, nell’espletamento della propria attività professionale di medico convenzionato, di una segreteria)”, Cass., sez. VI-V, 19.04.2018, n. 9786, non essendosi mancato di specificare, come “ciò che rileva, agli effetti impositivi Irap, ‘ è la sussistenza di una organizzazione imprenditoriale ‘, restando indifferente il mezzo giuridico col quale quest’ultima è attuata (dipendenti ovvero società di servizi ovvero associazione professionale) e che rende possibile lo svolgimento (complesso) della attività (complessa) dei professionisti”, Cass., sez. V, 27.2.2015, n. 4060 (evidenza aggiunta).

La ricorrenza dei presupposti indicati da questa Corte regolatrice per ritenere configurabile l’esistenza di un’autonoma organizzazione professionale non risulta pertanto accertata in questo giudizio, sebbene fosse stato espressamente richiesto alla CTR di verificarne la sussistenza.

4.7. Deve allora concludersi che la ricorrenza dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale del medico convenzionato R.G. è rimasta indimostrata, come del resto già ritenuto da questa Corte con riferimento ai colleghi di studio Dott.ri N.G. (cfr. Cass., sez. VI-V, 10.08.2016, n. 16928) e G.P. (cfr. Cass., sez. VI-V, 3.07.2017, n. 16367), in riferimento ai medesimi anni d’imposta. Ne discende che il ricorso del contribuente deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può decidersi nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., accogliendosi l’originario ricorso proposto dal contribuente avverso il diniego di rimborso.

5. Le spese di lite, stante il consolidarsi dell’orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità successivamente alla proposizione del ricorso, possono essere dichiarate compensate tra le parti con riferimento ai gradi di merito del processo, mentre seguono l’ordinario criterio della soccombenza per quanto attiene alle spese del giudizio di legittimità, e sono liquidate in considerazione della natura delle questioni trattate e del valore della causa.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso introdotto da R.G., cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso introdotto dal contribuente e dispone procedersi al rimborso richiesto.

Dichiara integralmente compensate le spese di lite dei gradi di merito tra le parti, e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di cassazione in favore del ricorrente, che liquida in complessivi Euro 3.100,00, oltre spese generali nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori di legge.

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