Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 aprile 2023, n. 10778

Lavoro, Avviso di addebito, Contributi INPS, Decadenza biennale, Applicazione agli enti previdenziali, Contratto di subappalto, Responsabilità solidale, Azione promossa dagli enti previdenziali nei confronti del committente, Inapplicabilità, Accoglimento 

 

Fatti di causa

 

1.– Il CONSORZIO C. – (…) (d’ora innanzi, anche Consorzio) ha proposto opposizione, dinanzi al Tribunale di Alessandria, contro l’avviso di addebito n. 368 2014 0013270355000, notificato il 30 ottobre 2014. Con tale avviso, l’INPS ha intimato il pagamento dell’importo di Euro 59.025,58, a titolo di contributi, interessi e sanzioni inerenti al periodo giugno 2006/dicembre 2007 e alla posizione del Consorzio di obbligato in solido per le somme dovute dalla consorziata Cooperativa G. ai dipendenti.

Il giudice di primo grado ha accolto l’opposizione, in quanto ha ritenuto che l’INPS fosse incorso nella decadenza biennale di cui all’art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, applicabile anche agli enti previdenziali.

2.– L’INPS ha impugnato la pronuncia del Tribunale di Alessandria e la Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 939 del 2017, pubblicata il 24 novembre 2017, ha respinto il gravame e ha condannato l’Istituto alla rifusione delle spese del grado.

2.1.– Nel confermare la decisione del giudice di primo grado, la Corte territoriale argomenta che la decadenza, di cui all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, si applica anche agli enti previdenziali e soltanto l’instaurazione di un giudizio, o un atto equipollente, sono idonei a impedirla.

2.2.– Poste tali premesse, i giudici d’appello hanno accertato che l’appalto è cessato il 31 dicembre 2009 e che il primo atto idoneo a precludere la decadenza è la notifica dell’avviso di addebito, risalente al 30 ottobre 2014, allorché la decadenza era già intervenuta.

3.– Con ricorso notificato l’8 maggio 2018 e affidato a tre motivi, l’INPS impugna in cassazione la sentenza della Corte d’appello di Torino.

4.– Il Consorzio resiste con controricorso.

5.– Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in virtù degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1. cod. proc. civ., nel testo antecedente alle innovazioni recate dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, e applicabile ratione temporis alla luce della disciplina transitoria dettata dall’art. 35, comma 6, del medesimo decreto legislativo.

6.– Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

7.– In prossimità dell’adunanza, l’INPS ha depositato memoria illustrativa.

 

Ragioni della decisione

 

1.– Il ricorso dell’INPS si articola in tre motivi.

1.1.– Con il primo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’INPS prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 35, comma 28, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248.

Al caso di specie, concernente un contratto di subappalto intercorso tra il Consorzio (appaltatore) e la cooperativa consorziata G. (subappaltatore), si applicherebbe la disciplina speciale di cui al citato art. 35, comma 28, che non contemplerebbe alcun termine di decadenza. La Corte d’appello di Torino avrebbe errato nel reputare applicabile l’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003.

1.2.– Con la seconda e con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, come modificato dapprima dall’art. 6, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 ottobre 2004, n. 251, e quindi dall’art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Con la seconda doglianza, in particolare, l’INPS assume che la decadenza biennale operi soltanto per le domande concernenti i contributi, proposte dai lavoratori nei confronti del committente, obbligato in solido.

La Corte d’appello di Torino, pertanto, avrebbe erroneamente esteso il termine biennale di decadenza anche agli enti previdenziali, assoggettati al solo termine di prescrizione e chiamati, nell’esercizio di una funzione pubblica, a esercitare un potere incompatibile con l’adombrata decadenza.

L’applicazione della decadenza agli enti previdenziali non solo non sarebbe avvalorata da una previsione espressa, ma sarebbe anche foriera di esiti irrazionali: i committenti, pur tenuti a retribuire i lavoratori dell’appaltatore anche oltre il biennio (art. 1676 cod. civ.), non sarebbero obbligati a versare i contributi sulle retribuzioni corrisposte.

Infine, anche l’art. 4 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, antesignano della normativa odierna, escluderebbe l’operatività della decadenza per gli enti previdenziali.

1.3.– Con il terzo motivo, che allega anche la violazione degli artt. 2964, 2966 e 2967 cod. civ., l’INPS critica la sentenza impugnata per avere ravvisato la decadenza, senza considerare la notificazione del verbale di accertamento ispettivo (21 luglio 2011), atto idoneo a impedirla e a determinare la tempestività dell’azione intrapresa. Anche un atto stragiudiziale, che renda edotto l’obbligato della pretesa contributiva, sarebbe sufficiente a impedire il verificarsi della decadenza che il committente ha eccepito.

2.– La prima censura è inammissibile.

2.1.– Qualora con il ricorso per cassazione sia prospettata una questione che la sentenza impugnata non affronta, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione d’inammissibilità per novità della censura, allegare d’avere dedotto la questione nei giudizi di merito e indicare lo specifico atto in cui la deduzione è stata svolta.

Solo così si consente a questa Corte di verificare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima ancora di scrutinarne il merito (fra le molte, di recente, Cass., sez. lav., 7 marzo 2023, n. 6737, punto 16).

2.2.– A tale onere la parte ricorrente non ha ottemperato.

Come si evince dalla sentenza impugnata (pagina 2), l’avviso di addebito, che cristallizza la pretesa dell’INPS, si fonda sulla responsabilità solidale di cui all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003.

La sentenza d’appello non fa menzione della peculiare responsabilità delineata dall’art. 35, comma 28, del d.l. n. 223 del 2006 e invocata con il primo mezzo.

Il ricorrente non ha allegato la rituale deduzione nei giudizi di merito d’un profilo che investe non solo la qualificazione giuridica della fattispecie, ma anche imprescindibili accertamenti di fatto.

Ne consegue l’inammissibilità della doglianza.

3.– Il secondo motivo, invece, è fondato.

4.– Sulla scorta delle allegazioni dell’ente creditore, non contestate dal Consorzio controricorrente, la sentenza impugnata ha ricondotto la fattispecie controversa all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, nella formulazione applicabile ratione temporis, antecedente alle innovazioni introdotte dal decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 4 aprile 2012, n. 35.

La previsione in esame dispone che, nell’appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro sia «obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti».

Questa Corte è costante nell’affermare che il termine di decadenza di due anni non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali nei confronti del committente. Tale azione soggiace al solo termine di prescrizione (Cass., sez. lav., 4 luglio 2019, n. 18004).

5.– Ribadito anche di recente (fra le molte, Cass., sez. lav., 13 marzo 2023, n. 7236; Cass., sez. VI-L, 30 dicembre 2022, n. 38151, e 2 dicembre 2021, n. 37985), l’indirizzo richiamato poggia su argomenti di carattere tanto letterale quanto sistematico e teleologico, tra loro inscindibilmente connessi, che la parte controricorrente non confuta in maniera efficace.

5.1.– Quanto al dato testuale, punto d’avvio della disamina di questa Corte, occorre ponderare l’assenza di disposizioni espresse sulla decadenza dell’Istituto dal potere di chiedere l’accertamento della pretesa contributiva. Potere che, in linea generale, è soggetto alla sola operatività della prescrizione.

La decadenza, che è fattispecie di stretta interpretazione, contraddistinta da presupposti tassativi, opera per i soli trattamenti retributivi e contributivi che i lavoratori sono legittimati a rivendicare e non vincola i soggetti terzi, come l’ente previdenziale.

Ai medesimi principi era ispirata anche la legge n. 1369 del 1960 (artt. 3 e 4), che questa Corte ha menzionato nel tratteggiare l’evoluzione diacronica della normativa di tutela, senza trascurare la peculiarità delle previsioni introdotte dal d.lgs. n. 276 del 2003 e senza dare àdito all’impropria commistione tra normative diverse.

5.2.– Il dato letterale è poi corroborato, sul versante sistematico, dall’autonomia del rapporto previdenziale rispetto al pur correlato rapporto di lavoro e dalla natura indisponibile dell’obbligazione contributiva.

L’inquadramento propugnato dalla sentenza d’appello trascura di trarre le necessarie implicazioni dalle specificità richiamate, che non possono non orientare l’interpretazione della lettera della legge.

L’applicazione indiscriminata del termine biennale di decadenza recide il nesso tra la retribuzione, anche quando sia effettivamente erogata in seguito alla tempestiva azione del lavoratore, e l’obbligo contributivo nei casi in cui «l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto» (sentenza n. 18004 del 2019, cit., punto 9).

5.3.– Si deve rilevare, infine, che l’indistinta operatività del termine di decadenza, ben oltre i confini tracciati dalla lettera e dalla ratio della legge, pregiudicherebbe la protezione assicurativa del lavoratore, che l’intervento riformatore ha inteso invece rafforzare.

6.– L’accoglimento del secondo motivo di ricorso assorbe l’esame del terzo.

7.– La sentenza d’appello è dunque cassata in relazione alla censura accolta.

In virtù della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa dev’essere rinviata alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.

Il giudice di rinvio esaminerà la pretesa contributiva dell’INPS alla luce dei principi di diritto enunciati al punto 4 della presente ordinanza e provvederà anche a regolare le spese dell’odierno giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo motivo e assorbito il terzo; cassa l’impugnata sentenza in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione

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