Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 novembre 2019, n. 28688

Tributi, IRPEF, Dirigente, Cessazione del rapporto di
lavoro, Somme corrisposte dal fondo previdenziale (FONDENEL) in in luogo del
trattamento di pensione integrativa, Tassazione

 

Rilevato

 

1. Con ordinanza n. 279 del 12/01/2012 questa Corte
– pronunciando in controversia relativa alla impugnazione proposta da R. R.
avverso il silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione ad una istanza di
rimborso delle ritenute operate dal fondo previdenziale denominato FONDENEL (in
precedenza PIA) sulle somme corrisposte al momento della cessazione del
rapporto di lavoro come dirigente ENEL in luogo del trattamento di pensione
integrativa – accoglieva parzialmente il ricorso dall’Ufficio avverso la
sentenza della C.T.R. del Lazio n.154/26/06 del 30.10.2006 e, applicando il
principio di diritto da essa stessa enunciato nella sentenza n.13642/2011,
cassava con rinvio la sentenza, demandando al giudice del merito di accertare
ed indicare le somme di effettivo investimento sul mercato speculativo,
soggette a tassazione al 12,50% e quelle soggette, invece, a tassazione
separata.

Pronunciando in sede di rinvio, la CTR, sulle
produzioni documentali dell’ENEL che dichiarava di non essere in grado di
fornire prove più dettagliate delle diverse voci di spesa, oltre alla
individuazione della quota parte riferibile al rendimento di polizza, con
sentenza 3249/22/2014 rigettava il ricorso in appello dell’ufficio, disponendo
la restituzione al contribuente la restituzione di quanto ulteriormente
percepito dall’Agenzia delle Entrate rispetto al 12,50% di imposta dovuta.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione
l’Agenzia delle Entrate sulla base di cinque motivi, cui resiste il
contribuente depositando controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

 

Considerato

 

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta
violazione e falsa applicazione dell’art. 63 del d.lgs. 31 dicembre
1992 n.546 e degli artt. 384, 392 e 394 c.p.c.,
in relazione all’art. 360 nn.3 e 4, c.p.c..
L’errore risiederebbe nel mancato svolgimento di apposita indagine in concreto
sulla natura delle rendite derivanti dall’investimento dei fondi PIA, e nel
considerare, invece, la rendita figurativa operata sulla riserva aziendale,
come rendita da investimento nel mercato mobiliare.

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione
dell’art.115 c.p.c. e del principio di non
contestazione di cui allo stesso art.115 c.p.c.
in relazione all’art.360, 1° comma, n.4 c.p.c.,
per aver il giudice di merito disatteso il principio di diritto ed aver
erroneamente qualificato e considerato come imputabile alla gestione sul
mercato finanziario il rendimento tra la differenza del capitale corrispósto e
dei premi riscossi, che, invece, si sostanzia in una rendita figurativa.

3. Con il terzo motivo, si deduce violazione o falsa
applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. e conseguenzialmente violazione
dell’art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 360, 1° comma, n.4 c.p.c. , avendo la CTR
dato per non contestata la certificazione a dell’ENEL a firma Barberis, ove si
indicano le diverse composizioni delle somme erogate.

4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione
dell’art. 2967 cod.civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n.3 c.p.c. . In sostanza si
contesta che, senza l’espletamento di alcuna indagine, è stato considerato come
provato l’assunto del contribuente circa la natura di rendita da capitale
investito nel mercato finanziario della quota parte di liquidazione.

5. Con il quinto motivo, in via subordinata,
rispetto ai motivi di ricorso articolati, si deduce l’omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti,
in relazione all’art.360, 1° comma, n.5 c.p.c.,
per non aver esaminato la questione della sussistenza dell’investimento nel
mercato libero.

6. Il motivi primo, secondo, quarto e quinto,
sostanzialmente connessi tra di essi, sono fondati.

6.1. La ricorrente (ora deceduta) è un “vecchio
iscritto” al fondo, in quanto la sua iscrizione è antecedente al 1993 e
perché ha, comunque, conseguito la liquidazione della prestazione entro l’anno
2000. Per questo non può trovare applicazione la normativa successiva al 1
gennaio 2001.

6.2. Invero, a decorrere dal 1 gennaio 1986 (in base
all’art. 12 CCNL, comma 4 del 16 maggio 1985, recepito dall’Enel), venne
prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula di un’assicurazione sulla vita
con la previsione contrattuale dell’erogazione di una prestazione al momento del
collocamento a riposo.

Dal 16 aprile 1986, su apposita richiesta delle
rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con
l’accordo tra l’Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende
industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento
assicurativo di cui sopra con un rapporto di previdenza pensionistica
integrativa (c.d. P.I.A., ovvero Previdenza Integrativa Aziendale). Esso
prevedeva prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico e con efficacia
retroattiva al 1 gennaio 1986, e la disposizione che prevedeva la stipula di
polizze vita di fatto non venne mai applicata.

Tale forma di previdenza venne, poi, dismessa nel
1998 e i fondi accumulati trasferiti a Fondenel, Fondo di Previdenza integrativa
esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a
capitalizzazione individuale, con diritto degli aderenti alla liquidazione
dell’intero capitale in luogo della rendita vitalizia.

6.3. Ebbene, questa Corte, con la pronuncia a sezioni
unite 22 giugno 2011, n. 13642, ha in
preposito ritenuto che, in tema di fondi previdenziali integrativi, le
prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto,
in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.
Igs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza . complementare
aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente,
sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati
fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione
separata di cui al D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 solo per quanto
riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione
patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle
somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta
del 12,50%, prevista dalla L.
26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere
dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di
cui al D.P.R. n. 917 cit., art. 16,
comma 1, lett. a) e art. 17.

Ne consegue che, il trattamento tributario dei
“vecchi” iscritti, prima del 21 aprile 1993, dipende dalla
“composizione strutturale delle prestazioni”, che sono appunto
composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti
imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole misura dal
lavoratore) e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul
mercato da parte del Fondo del capitale accantonato.

7. Sul punto la successiva giurisprudenza di questa
Corte (Cass. Civ., 26 aprile 2017 n. 10285 e Cass. Civ., 18 ottobre 2017, n. 24525; Cass. Civ., 7 marzo 2018, n. 5436; Cass.,
4941/2018) si è già attestata, con numerosi arresti, di gran lunga prevalenti
su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle
Sezioni Unite secondo la quale l’indicato criterio impositivo più favorevole
può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo
investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario (o comunque di
riferimento), del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.

Pertanto, l’applicazione del più favorevole
meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6
(con aliquota del 12,5%), si giustifica in ragione della
“equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti
di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti)
di capitalizzazione posta dall’art.
41 (ora 44), comma 1, lett. g-quater), e art. 42 (ora 45), comma 4, t.u.i.r.,
con applicazione analogica dell’art.
6 suddetto ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di
capitalizzazione.

Dunque, solo se e in quanto nei capitali corrisposti
possano identificarsi “redditi di capitali derivanti da contratti di capitalizzazione”
può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6,
senza possibilità di operare alcuna distinzione tra PIA e Fondenel.

7.1. Resta,-quindi, confermato che sono tassabili
con l’aliquota del 12,5% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, i
capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al
fondo di previdenza integrativa di che trattasi (P.I.A., poi Fondenel) prima
dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993,
limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante
dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato, con la
realizzazione di un rendimento.

7.2 La Commissione regionale, dopo aver riportato il
principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 13642 del 2011), è giunta
al rigetto del ricorso dell’Ufficio, sulla base della sola affermazione, senza
alcuna indicazione degli elementi di fatto esaminati, che “Lo specifico
riferimento al “rendimento di polizza” e la provenienza di tale affermazione
della Corte di legittimità non lascia dubbi di alcun genere circa
l’individuazione di tale forma di rendimento con quello che i capitali raccolti
dal fondo pensionistico possano avere avuto dall’investimento sul mercato
finanziario. E’ dunque chiarissima l’identificazione del ‘rendimento netto,
imputabile alla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale
accantonato con le ‘somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella
fattispecie PIA). Diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia delle entrate,
nel caso in esame va assoggettata alla ritenuta del 12,50% la parte di
capitale, erogato al contribuente, riferibile al rendimento di polizza. Il R.
R. ha perciò diritto al rimborso della somme che il sostituto d’imposta gli
trattenne sul capitale erogato a suo tempo, in eccedenza rispetto a quanto
dovuto.”

In tal modo la CTR ha ritenuto che parte
dell’importo corrisposto al contribuente aveva natura di
“rendimento”, senza però specificare le ragioni per cui ha ritenuto
raggiunta la prova che parte del capitale accantonato era stato investito nel
“mercato di riferimento”.

Se, da un lato, per quanto detto, tale requisito
andrà ricercato anche per i capitali maturati e gli accantonamenti effettuati
anteriormente alla trasformazione del fondo da P.I.A. a Fondenel, dall’altro,
però, non v’è ragione di ulteriormente circoscrivere tale requisito ai soli
(eventuali) investimenti nel mercato finanziario (strumenti finanziari, valori
immobiliari), potendo assumere rilievo in tal senso anche altri tipi di mercato
(es. mercato immobiliare).

7.3 E’, però, certamente da escludere che tale
requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto
corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio
dell’Enel, poiché tale coerenza costituisce il risultato di una mera operazione
matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli
accantonamenti nel libero mercato.

8. La CTR, quindi, non solo non ha applicato in modo
corretto le norme richiamate nei motivi di ricorso per cassazione, ma non ha
neppure tenuto conto nella sua motivazione, che per questo si palesa
insufficiente, della circostanza che, pur essendo il contribuente già iscritto
al fondo prima del 21 aprile del 1993 (circostanza in atti pacifica) e che
aveva ricevuto la liquidazione delle somme nell’anno 2000, dunque prima del 1
gennaio 2001, tuttavia doveva valutarsi se le somme corrisposte provenissero o
meno da un effettivo investimento “nel mercato di riferimento” da
parte del fondo del capitale accantonato, con la realizzazione di un
rendimento.

In particolare, deve anche rilevarsi che il
prospetto a firma Barberis in atti non rappresenta un elemento probatorio
idoneo a dimostrare che il capitale accantonato della contribuente ha
costituito una “posizione individuale” ed è stato investito nel
mercato di riferimento (immobiliare o finanziario), con l’assoggettabilità
all’aliquota più favore del 12,5%.

Al contrario, si certifica soltanto la differenza
tra il totale del capitale lordo da liquidare e la somma di dotazione iniziale,
contributi del lavoratore e contributi del datore di lavoro.

Questo è, però, il rendimento corrispondente alla
redditività conseguita sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel, quindi il
rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito.

Tale rendimento non può considerarsi frutto
dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, essendo, al
contrario, dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale.

Da tale prospetto non emerge, invece, in alcun modo
se tale rendimento, per la posizione individuale della contribuente, deriva
dall’investimento del capitale accantonato ad essa relativo, nel mercato di
riferimento.

E grava sul contribuente che impugna una istanza di
rimborso l’onere di provare quale sia la parte dell’indennità ricevuta
ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento,
onere che non può considerarsi assolto con la certificazione ENEL a firma di
Barberis, che non contiene alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione
della voce rendimento, così da chiarire se si tratta effettivamente di
incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza
di investimenti effettuati dal gestore sul mercato (Cass., 16116/2018).

9. Il terzo motivo è inammissibile, per difetto di
autosufficienza, essendosi l’amministrazione finanziaria limitata genericamente
a dedurre che la certificazione a dell’ENEL a firma Barberis, sarebbe stata
prontamente contestata dinanzi ai giudici di merito, senza null’altro
specificare.

10. Il ricorso è, conclusivamente, fondato per
quanto di ragione e merita di essere accolto. La sentenza impugnata deve essere
cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384
c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente,
dichiarando che le somme rinvenienti dal fondo PIA sono assoggettate a
tassazione separata ai sensi del D.P.R.
n. 917 del 1986, artt. 16 e 17 (in adesione a numerosi precedenti conformi:
Cass., 16116/2018; Cass., 16117/2018; Cass.
161118/2018; Cass., 16123/2018).

E’, infatti, pacifico che si controverta solo su capitali
rinvenienti dall’accantonamento in PIA (il periodo dei versamenti è dal 1986 al
gennaio 1991, quindi prima del trasferimento dei fondi da PIA in FONDENEL nel
1998) e dalla certificazione in atti non si desume in nessuna misura che il
rendimento ottenuto sulle somme accantonate nel fondo descritto di previdenza
integrativa sia stato ricavato dal loro investimento sul mercato (Cass.,
10285/2017; Cass., 4941/2018), con la conseguenza che non risulta per esso
applicabile in concreto il regime fiscale dettato dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art.
6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale
corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno
successivo al decimo).

Tali considerazioni sono confermate dalla relazione
n. 32/1999 della Corte dei conti – sezione del controllo sugli enti – proprio
sul bilancio consuntivo dell’Enel relativo all’esercizio finanziario 1997
(Cass., n. 16116/2018).

La complessità della questione trattata impone la
compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R.
115/2002 la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento
da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1
bis dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i motivi primo, secondo, quarto e quinto;
dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del
contribuente, dichiarando che le somme rivenienti da fondo PIA sono soggette a
tassazione separata ai sensi del d.P.R.
22 dicembre 1986 n.917, artt. 16 e 17.

Dichiara compensate per intero tra le parti le spese
dell’intero giudizio.

Dichiara la non sussistenza dei presupposti per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a, quello dovuto per il ricorso principale a norma
del comma 1 bis dello stesso articolo
13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 novembre 2019, n. 28688
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