Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 gennaio 2020, n. 7

Soppressione enti pubblici e subentro di nuovi enti,
Prosecuzione dei soli contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato,
Incarico commissariale presso il nuovo ente, non di natura subordinata,
Decreto interministeriale 8 febbraio 2011, Individuazione delle modalità di
trasferimento dei compiti e delle attribuzioni presso il nuovo ente,
Prosecuzione del rapporto di lavoro del direttore generale, sia pure con
mutamento autoritativo dell’oggetto del contratto

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza in data 20 marzo – 16 maggio 2018
numero 1036 la Corte d’Appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale
della stessa sede; per l’effetto dichiarava cessato alla data del 31 maggio
2012 il rapporto di lavoro subordinato a termine instaurato tra S.D.C. ed INCA
(…) per lo svolgimento delle funzioni di direttore generale, in quanto
proseguito, dopo la soppressione dell’INCA disposta dal D.L. 78/2010, con l’ente subentrante, INRAN
(…). Condannava il C.R.A. – (…) – ex INRAN al pagamento in favore del D.C.
del TFS maturato dall’ 1 giugno 2010 al 31 maggio 2012 (€ 12.556,75) in
aggiunta alle somme liquidate dal giudice del primo grado allo stesso titolo
per il periodo fino al 31 maggio 2010 (euro 17.221,86).

2. La Corte territoriale premetteva che I’ articolo 7, comma venti, D.L.
78/2010, nel disporre la soppressione degli enti da esso individuati ed il
subentro di nuovi enti, aveva previsto la prosecuzione soltanto dei contratti
di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Osservava tuttavia che per l’INCA
la medesima norma aveva demandato ad un decreto interministeriale la
organizzazione del passaggio del personale all’ente subentrante.

3. In attuazione della previsione normativa gli articoli 1 e 2 del decreto
interministeriale 8 febbraio 2001 avevano dettato una disciplina speciale
per la figura del direttore generale dell’ente soppresso, assegnandogli, con
effetto modificativo del contratto di lavoro, funzioni di riorganizzazione
delle attività dell’ex INCA in vista del trasferimento, alle quali si erano
affiancate quelle ricoperte in qualità di commissario straordinario.

4. Al loro completamento, di fatto avvenuto in data
31 maggio 2012, era connessa la durata dell’incarico.

5. In ragione della prosecuzione del rapporto di
lavoro subordinato era dovuto al D.C. il trattamento di fine rapporto maturato
fino alla data del 31 maggio 2012.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza CREA già CRA, articolato in due motivi, cui ha opposto difese S.D.C.
con controricorso.

7. Le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. Preliminarmente si osserva, in punto di
legittimazione alla lite, che il CRA, nei cui confronti è stata emessa condanna
quale successore del soppresso INRAN (DL 95/2012
convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto
2012 numero 135), a far data dal 29/12/2014 è stato trasformato in CREA, in
forza della legge 190/2014.

2. Con il primo motivo CREA ha dedotto – ai sensi
dell’articolo 360 numero 3 codice procedura civile
– violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 7, comma venti, del DL 31
maggio 2010 nr. 78 convertito in legge 30
luglio 2010, n. 122 e del Decreto Interministeriale 8 febbraio 2011,
emanato ai sensi del suddetto articolo
7, comma 20, in combinato disposto con gli articoli
1218 e 1256 codice civile.

3. Ha censurato la interpretazione del quadro
normativo posta a base della sentenza impugnata, assumendo che il D.C. era
cessato dall’incarico di direttore generale dell’ INCA il 31 maggio 2010 (data
di entrata in vigore del DL 78/2010) per la
soppressione dell’ente e la decadenza dei suoi organi; il contratto di lavoro
si era dunque risolto ai sensi degli articoli 1218
e 1256 codice civile.

4.In epoca successiva il D.C. aveva svolto attività
di commissario straordinario, per quanto disposto dal decreto interministeriale
7 febbraio 2011, al fine di attuare il trasferimento delle funzioni dell’ente
soppresso al nuovo ente.

5. Tale incarico commissariale non era di natura
subordinata sicché non determinava la maturazione del trattamento di fine
rapporto; ai soli fini del trattamento economico il corrispettivo era stato
regolato in conformità al contratto precedente.

6. Il motivo è infondato.

7. L’articolo
7, comma venti, del DL 78/2010, primo periodo, nel disporre la soppressione
degli enti di cui all’allegato 2 della stessa
legge (e tra essi l’INCA) e la assunzione a carico di altri enti dei loro
compiti ed attribuzioni, ha previsto il passaggio ai nuovi enti del solo
personale in servizio «a tempo indeterminato» laddove il D.C. era stato assunto
dal soppresso INCA, con funzioni di direttore generale, con contratto a
termine.

8. L’ultimo periodo del medesimo comma venti,
aggiunto dalla legge di conversione, prevedeva tuttavia per specifici enti, tra
i quali INCA, che «tempi e concrete modalità di trasferimento dei compiti e
delle attribuzioni, nonché del personale e delle risorse strumentali e
finanziarie» fossero individuati con decreto del Ministro dello Sviluppo
Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da
adottare nei sessanta giorni successivi alla entrata in vigore della medesima legge
di conversione.

9. Il decreto
interministeriale 8 febbraio 2011, emanato in attuazione della suddetta
delega, ha disposto, con l’articolo
1.

Il direttore generale del soppresso Istituto
nazionale per le conserve alimentari cura, fino al 31 dicembre 2010,
l’effettivo trasferimento dei compiti, delle attribuzioni, del personale, delle
risorse strumentali e finanziarie del precitato Istituto, esercitando, a tal
fine, i poteri di straordinaria amministrazione già in capo al Commissario
dell’ Istituto nazionale per le conserve alimentari, di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23
marzo 2010, fermi i risparmi attesi dalla soppressione dell’ente, a
decorrere dall’1 gennaio 2011.

10. Dalla lettera della previsione risulta che il
D.C., direttore generale dell’ex-INCA, non veniva nominato Commissario
straordinario dell’INRAN, come sostenuto dalla parte qui ricorrente ma
piuttosto assumeva, quale direttore generale dell’ex – INCA, i poteri di
amministrazione straordinaria già riservati presso I’ente soppresso alla figura
commissariale al fine di curare, fino al 31.12.2010, il trasferimento ad INRAN
di compiti, beni e risorse.

11. Oltre alle predette funzioni, l’articolo 2 del medesimo decreto
interministeriale attribuiva al direttore generale del soppresso INCA due
ulteriori compiti:

– la predisposizione ed approvazione del bilancio di
chiusura dell’INCA alla data del 31 maggio 2010, unitamente alla ricognizione
del patrimonio mobiliare ed immobiliare ed ad ogni altro atto utile al
trasferimento del personale e delle risorse (comma uno);

la predisposizione del bilancio 2010 per il periodo
successivo alla entrata in vigore del DL 78/2010,
nell’interesse di INRAN (comma due).

12. Da ultimo la norma disponeva, al comma tre, che
per la attività di gestione del soppresso INCA il Direttore generale si raccordasse
con il Ministro dello Sviluppo economico nonché con l’INRAN ed il Ministero
delle politiche agricole, alimentari e forestali.

13. Dalla previsione riportata risulta la
attribuzione al D.C. successivamente alla soppressione dell’INCA delle attività
di gestione dell’ente soppresso e di predisposizione del bilancio di chiusura e
del bilancio 2010, onde assicurare il passaggio delle attività e delle funzioni
ad INRAN nonché la continuità con il bilancio dell’ente subentrante.

14. Tali attività erano attribuite al D.C. non nella
qualità di commissario straordinario di INRAN ma come «direttore generale del
soppresso Istituto nazionale per le conserve alimentari», come già evidenziato
sulla base della lettera delle disposizioni richiamate.

15.In sostanza il decreto interministeriale, in
forza della delega di legge (articolo
20, comma sette ultimo periodo, DL 78/2010), nell’individuare le modalità
di trasferimento ad INRAN dei compiti e delle attribuzioni dell’INCA ne ha
demandato la attuazione alla figura del direttore generale: ha dunque disposto
la prosecuzione del rapporto di lavoro del direttore generale sia pure con
mutamento autoritativo dell’oggetto del contratto (le funzioni individuate nel
medesimo decreto).

16. La titolarità del rapporto di lavoro è invece
passata ad INRAN, ente subentrante al soppresso INCA.

17. La sentenza impugnata è pertanto immune dalle
censure sollevate.

18. Con il secondo motivo l’ente ricorrente ha
denunciato – ai sensi dell’articolo 360 numero 3
codice procedura civile – violazione e falsa applicazione dell’articolo 7, comma 20, D.L. 78/2010
convertito con legge 122/2010 e del decreto interministeriale 8 febbraio 2011,
emanato ai sensi del suddetto articolo
7,comma 20, in combinato disposto con gli articoli
1218 e 1256 cod.civ. Violazione dell’articolo 2120 codice civile in combinato disposto
con le norme di disciplina del TFR e del TFS: DPR
numero 1032 del 29/12/1973, legge numero
335/1995, legge numero 448/1998, DPCM 20/12/1999, DPCM
2 marzo 2001.

19. Ha censurato la sentenza per avere attribuito al
D.C. una ulteriore somma (euro 12.556,75) a titolo di TFS senza chiarire le
modalità di calcolo e facendo riferimento ad un istituto, il TFS, non
applicabile al rapporto di causa.

20. Ha dedotto che – anche a voler ritenere sussistente
tra le parti di causa un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato nel
periodo in discussione – giugno 2010/maggio 2012 – non avrebbe trovato
applicazione ratione temporis I’ istituto del TFS ma il regime del TFR,
diversamente disciplinato quanto a criteri di calcolo e sotto il profilo
fiscale. Correttamente il giudice del primo grado aveva reso condanna al
pagamento dell’importo maturato a titolo di TFR dall’assunzione al 31 maggio
2010, data di cessazione del direttore generale, importo non contestato.

21. Il TFR non era invece dovuto per l’attività
commissariale, che trovava causa in un contratto di prestazione d’opera
professionale.

22. Il motivo è inammissibile.

23. Nella parte in cui si contesta il carattere
subordinato del rapporto di lavoro per il periodo successivo alla soppressione
dell’INCA esso è sovrapponibile al primo motivo.

24. Nella parte in cui l’ente ricorrente censura la
qualificazione del quantum liquidato come TFS la inammissibilità consegue al
difetto di interesse alla impugnazione.

25.Si deduce genericamente che dalla qualificazione
del trattamento come TFS deriverebbero conseguenze tanto sul suo ammontare che
quanto alla sua tassazione.

26. Non si precisa, tuttavia, il diverso ammontare
che sarebbe maturato secondo il regime del TFR; ciò in una fattispecie in cui
la condanna è stata resa sulla base dei conteggi articolati dalla stessa parte
qui ricorrente nei propri atti difensivi, che sono stati richiamati nel
controricorso.

27. Pertanto l’ente non ha dimostrato la possibilità,
per effetto della cassazione della sentenza, di una riduzione della condanna.

28. Neppure si deduce il pregiudizio derivante a
carico del datore di lavoro dalla diversità del regime fiscale del TFR.

29. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

30. Le spese di causa, liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza.

31. Trattandosi di giudizio instaurato
successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai
sensi dell’art. 1 co 17 L.
228/2012 (che ha aggiunto il comma
1 quater all’art. 13 DPR 115/2002)

– della sussistenza dei presupposti processuali
dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione
integralmente rigettata, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 3.500 per compensi
professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 gennaio 2020, n. 7
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