Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 febbraio 2020, n. 2590

Rapporto di lavoro intercorso tra le parti, Ricostruzione,
Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, Tfr

Rilevato che

 

La Corte di appello di Salerno, con sentenza nr. 398
del 2018, in parziale accoglimento dell’appello proposto da K. S. nei confronti
di A. C. ed I. L., ha condannato i secondi al pagamento, in favore della prima,
delle spese processuali del primo grado di giudizio, liquidate in euro
1.378,00, oltre al rimborso delle spese generali ed accessori, con
attribuzione; ha confermato, per il resto, la pronuncia del Tribunale di
Salerno (nr. 507 del 2017);

in estrema sintesi e per quanto qui solo rileva, la
Corte territoriale ha condiviso l’accertamento del Tribunale in merito alla
ricostruzione del rapporto di lavoro intercorso tra le parti in causa; a tale
riguardo, ha osservato come i testimoni escussi avessero «offerto elementi
demolitori della tesi attorea»; dall’istruttoria espletata, era emersa,
infatti, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato « dall’1 agosto
2004 al 28 gennaio 2011, con interruzione nell’anno 2007» avente ad oggetto
prestazioni lavorative che si svolgevano « in un arco temporale non superiore a
3 giorni settimanali […]»;

la Corte di merito ha, quindi, ritenuto che alla
lavoratrice spettasse unicamente il TRF in misura pari alla somma quantificata
dal giudice di primo grado;

ha proposto ricorso per cassazione K. S., articolato
in cinque motivi;

hanno resistito con controricorso e ricorso
incidentale, affidato ad un unico motivo, A. C. ed I. L.;

è stata depositata la proposta del relatore, ai
sensi dell’art. 380- bis cod.proc.civ.,
ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio;

 

Rilevato che

 

quanto al ricorso principale:

con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta
violazione e falsa applicazione degli artt. 115
e 116 cod. proc.civ. nonché dell’art. 2697
cod.civ. per avere la Corte di appello escluso lo svolgimento di una attività
lavorativa nell’anno 2007, così omettendo di valutare le risultanze di cui la
parte aveva dedotto la decisività, senza motivare sul punto;

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. –

– è dedotta violazione e falsa applicazione dei
contratti collettivi e dell’art. 36 Cost.
nonché dell’art. 2697 cod.civ., per non aver la Corte territoriale riconosciuto
e conteggiato il dovuto per il lavoro del sabato;

con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – – è dedotta violazione
e falsa applicazione dei contratti collettivi e dell’art.
36 Cost nonché dell’art. 2697 cod.civ., per
non aver la Corte territoriale riconosciuto crediti per differenze di
retribuzione ordinaria, tredicesima, lavoro straordinario e ferie non godute,
nonostante il giudice di primo grado avesse riconosciuto una retribuzione
annuale di € 6.500,00 per calcolare il TFR;

con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ. – è dedotta nullità
della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 115, comma 1, cod.proc.civ., per non aver la
Corte territoriale ritenuto provato il lavoro estivo presso la Villa di
Capaccio dei coniugi C. e L.; in particolare, per non considerato che le
circostanze dedotte nel ricorso introduttivo non fossero state contestate dalla
controparte nella memoria di costituzione del 13.6.2014;

con il quinto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione
e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. nonché dell’art. 2697 cod.civ. per non aver valutato che i
coniugi C.- L. avessero espressamente confermato periodo e orari di lavoro in
Salerno, suffragati dalla deposizione di tutti i testi;

il Collegio giudica il ricorso principale
inammissibile; i motivi, al di là della formale rubricazione, attengono al
piano della ricostruzione della fattispecie concreta ed esulano dal vizio
riconducibile allo schema dell’art. 360 nr. 3
c.p.c.; tutti i ragionamenti in essi ( id est: nei motivi) sviluppati involgono,
infatti, questiones facti e sfuggono, pertanto, al controllo di legittimità;

è solo il caso di aggiungere, con particolare
riferimento alle censure che denunciano la violazione del principio di non
contestazione, come le stesse difettino anche di specificità, non riportando in
modo adeguato, a norma dell’art. 366 cod.proc.civ., il luogo ed il tempo della
operata contestazione ( cfr. Cass. nr. 3680 del 2019 ove si afferma anche che
il giudizio di sussistenza o meno di contestazione dei fatti rilevanti investe
elementi valutativi che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito
del giudizio di fatto al medesimo riservato);

in merito al ricorso incidentale:

con un unico motivo è dedotta – ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. – violazione e falsa
applicazione degli artt. 91 e 92 cod.proc.civ., per avere la Corte territoriale
condannato i resistenti ( id est: i coniugi C. e L.) alle spese del doppio
grado di giudizio pur avendo sostanzialmente rigettato le domande della
lavoratrice;

è inammissibile anche il ricorso incidentale; vi è
stata soccombenza, sia pure parziale, tanto in primo che in secondo grado;

la statuizione in merito alle spese è sindacabile in
sede di legittimità nei soli casi in cui, contrariamente al divieto stabilito
dall’art. 91 cod.proc.civ., le spese stesse
venissero poste esclusivamente a carico della parte totalmente vittoriosa
(Cass. nr. 20584 del 2007) mentre la facoltà di compensazione di cui all’art. 92 cod.proc.civ. rientra nel potere
discrezionale del giudice di merito ( ex plurimis, Cass. nr. 11329 del 2019 )
il quale non è tenuto a dare ragione, con un’espressa motivazione, del mancato
uso di tale sua facoltà; ne deriva che la pronuncia di condanna alle spese,

anche se adottata senza prendere in esame
l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione,
neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione ( Cass. nr. 11329 in
ultimo cit);

in definitiva, in base alle svolte argomentazioni
vanno dichiarati inammissibili entrambi i ricorsi;

le spese del giudizio di legittimità sono compensate
in virtù della reciproca soccombenza delle parti;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti
processuali di cui all’art. 13,
comma 1, quater, d.P.R. nr. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del
2012, in relazione ad entrambi i ricorsi.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili il ricorso principale e
quello incidentale.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale e di quelli incidentali,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

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