Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2020, n. 7303

Azienda Ospedaliera Universitaria, Contratto dei direttori
amministrativo e sanitario, Rapporti di lavoro autonomo, Non opera la
sospensione della prescrizione, istituto tipico del lavoro subordinato

 

Rilevato che

 

1. La Corte d’appello di Bologna, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Modena, decidendo sulla domanda
proposta da P.N., direttore Amministrativo presso l’Azienda Ospedaliera
Universitaria Policlinico di Modena dal 1996 al 30/4/2004 in virtù di due
contratti di diritto privato (il primo stipulato in data 1/5/1996 e fino
all’1/5/2001, il secondo stipulato in data 18/4/2001 e fino al 30/4/2004), per
ottenere l’adeguamento del proprio trattamento economico in forza di quanto
disposto dall’art. 2, comma 5, del d.p.c.m. n. 502/1995, dichiarava prescritti
i crediti vantati fino al 24/3/2000 e respingeva la domanda avente ad oggetto
le differenze retributive dal 25/3/2000 al 6/8/2001;

2. riteneva la Corte territoriale che, trattandosi
di rapporto di lavoro autonomo, non potesse operare la sospensione della
prescrizione, istituto tipico del lavoro subordinato e che non potesse
sostenersi che la prescrizione decorreva solo dal momento della cessazione del
rapporto ovvero dalla cessazione della condotta illecita richiamando, a tal
fine, la giurisprudenza di legittimità in materia di prestazioni periodiche, né
che la decorrenza della prescrizione potesse ritenersi preclusa fino al momento
della sottoscrizione del c.c.n.I. della dirigenza atteso che la pretesa era
fondata sul d.p.c.m. n. 502/1995, che aveva previsto per il direttore
amministrativo un trattamento non inferiore a quello previsto per la dirigenza,
incidendo la contrattazione solo sulla quantificazione di tale compenso;

considerava, per il resto, condivisibile
l’interpretazione del Tribunale relativa all’art. 2, comma 5, del d.p.c.m. n.
592/1995 nel senso di equiparare il trattamento economico del direttore
amministrativo a quello del dirigente apicale dell’area amministrativa e del
direttore sanitario a quella del dirigente apicale dell’area sanitaria apicale
essendo la stessa conforme sia al dato testuale sia alla ratio della norma e
trovasse altresì conforto nella modifica apportata dal d.p.c.m. n. 319/2001;

riteneva, inoltre, che l’equiparazione, nei termini
indicati, dovesse essere effettuata tenendo conto del trattamento percepito dai
dirigenti di riferimento nell’ambito della singola azienda sanitaria;

escludeva che vi fossero differenze retributive da
riconoscere al N. considerando, sulla base degli stessi conteggi depositati
dall’Azienda Ospedaliera (non contestati dall’appellante), quanto dal predetto
percepito anche in relazione alla quota integrativa di cui al medesimo art. 2,
comma 5, del d.p.c.m. n. 502/1995;

3. per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso P.N. con sei motivi;

4. l’Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena ha
resistito con controricorso;

5. entrambe le parti hanno depositato memorie.

 

Considerato che

 

1. con il primo, il secondo e il terzo motivo il
ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., dell’art. 2, comma 5,
d.p.c.m. n. 502/1995, dell’art. 2946 cod. civ.;

lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto
maturata la prescrizione laddove, a prescindere dalla natura autonoma del
rapporto, sussisteva una situazione di instabilità e soggezione psicologica del
rapporto stesso;

sostiene, inoltre, che non si trattasse di prestazioni
periodiche come quelle relative alle retribuzioni ed altri emolumenti;

censura la sentenza impugnata per non aver
considerato che il termine a quo per la decorrenza della prescrizione dovesse
essere individuato nella cessazione della condotta asseritamente illecita
(nella specie coincidente con la cessazione del contratto di direttore
amministrativo);

critica, infine, la decisione della Corte felsinea
per non aver considerato che il diritto alle rivendicazioni economiche non
potesse essere fatto valere prima della data dell’8/6/2000 di sottoscrizione
del contratto collettivo di categoria;

2. con il quarto, il quinto e il sesto motivo il
ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 5,
del d.p.c.m. n. 502/1995, violazione del principio ubi lex voluit dixit;

assume che la sentenza impugnata avrebbe errato
nell’interpretare la disposizione indicata nel senso che il trattamento
economico del dirigente amministrativo debba essere equiparato a quello del
dirigente apicale dell’area amministrativa atteso che la stessa in modo chiaro
ed inequivocabile, nel fissare il limite minimo, fa riferimento ai dirigenti
apicali del Servizio Sanitario Nazionale, senza ulteriori specificazioni, con
ciò intendendo disporre che il suddetto trattamento economico non possa essere
inferiore a quello di “qualsivoglia dirigente apicale del S.S.N.”;

sostiene che la Corte territoriale non avrebbe
considerato che il trattamento economico annuo onnicomprensivo in misura del 70
per cento del trattamento base attribuito al direttore generale esclude la
quota variabile del 20 per cento ed è equivalente, uguale e coincidente con
quello cui si riferisce “il trattamento economico, complessivo” che non può
risultare inferiore a quello del dirigente apicale, con la conseguenza tale
importo annuo deve includere la quota integrativa variabile ed eventuale sino
al 20 per cento;

censura, infine, la sentenza impugnata rilevando
che, fermo il fatto che il compenso dei dirigenti apicali del servizio
sanitario nazionale non debba essere distinto tra amministrativi e sanitari,
sarebbe errato il confronto con il dirigente apicale amministrativo con il più
alto trattamento economico a livello aziendale;

3. sono infondati il quarto, il quinto e il sesto
motivo di ricorso (e determinano l’assorbimento dei primi tre motivi);

3.1. corretta è stata l’interpretazione della Corte
territoriale che ha correlato il trattamento economico del direttore
amministrativo e del direttore sanitario a quello del dirigente apicale della
corrispondente carriera;

3.2. già l’art. 3, comma 7, del d.lgs. n.
502/1992 aveva attribuito distintamente al direttore sanitario la direzione
dei servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e al direttore amministrativo
la direzione dei servizi amministrativi dell’unità sanitaria locale stabilendo
che il contenuto del contratto di lavoro, ivi compresi i criteri per la
determinazione degli emolumenti, fosse demandato ad un decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri;

3.3. veniva, quindi, emanato il d.p.c.m. 19 luglio
1995, n. 502, che all’art. 2 (contratto dei direttori amministrativo e
sanitario) stabiliva: “1. Il direttore generale, ai sensi dell’art. 3, comma 7, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, stipula
con i direttori amministrativo e sanitario della unità sanitaria locale o
dell’azienda ospedaliera il contratto di lavoro (autonomo, cfr. il comma 8:
“Per quanto non previsto dall’art.
3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni, e dal presente decreto, si applicano gli articoli 2222 e seguenti del codice civile”)
sulla base di uno schema tipo approvato dalla Regione in conformità ai
contenuti di cui al presente articolo e con le integrazioni di cui al
successivo comma 5.

2. Il rapporto di lavoro dei direttori
amministrativo e sanitario è costituito con contratto a termine della durata
massima di cinque anni, rinnovabile, a decorrere dalla data di sottoscrizione
dello stesso. […] 5. Ai direttori amministrativo e sanitario è attribuito il
trattamento economico annuo omnicomprensivo fissato dalla regione in misura
pari al 70 per cento del trattamento base attribuito al direttore generale. Il
predetto trattamento può essere integrato di un’ulteriore quota, fino al 20 per
cento dello stesso, sulla base dei risultati di gestione ottenuti e della realizzazione
degli obiettivi fissati annualmente dal direttore generale e misurata mediante
appositi indicatori. Il trattamento economico, complessivo non può risultare
inferiore alla somma dello stipendio iniziale lordo dell’indennità integrativa
speciale, della tredicesima mensilità e dell’indennità di direzione dei
dirigenti apicali del Servizio sanitario nazionale” […];

3.4. veniva, poi, introdotto dal d.lgs. n. 229/1999, l’art. 3 bis,
comma 8, del d.lgs. n. 502/1992, il quale, dopo
aver previsto che il rapporto di lavoro del direttore amministrativo e del
direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato,
di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile,
stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del
codice civile, stabiliva che il trattamento economico del direttore sanitario e
del direttore amministrativo era definito, in sede di revisione del d.p.c.m. n.
502/1995, “anche con riferimento ai trattamenti previsti dalla
contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza
medica e amministrativa”;

3.5. invero l’art. 2 della I. n. 419/1998
(Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e
per l’adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento
del Servizio sanitario nazionale) nel dettare i principi e criteri direttivi di
delega ai fini dell’emanazione dei decreti legislativi delegati al Governo (art. 1) aveva previsto, all’art. 2 comma 1, lett. u), che
per la revisione del regolamento, recante norme sul contratto del direttore
generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle aziende
unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, adottato con d.p.c.m. n.
592/1995, si sarebbe dovuta rapportare l’eventuale integrazione del trattamento
economico annuo alla realizzazione degli obiettivi di salute determinati dalla
programmazione sanitaria regionale “stabilendo che il trattamento
economico del direttore sanitario e del direttore amministrativo sia definito
in misura non inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva
nazionale rispettivamente per le posizioni apicali della dirigenza medica ed
amministrativa”;

3.6. l’utilizzo dell’avverbio “rispettivamente” è
chiaramente indicativo della relazione che deve sussistere tra il trattamento
economico del direttore sanitario con quello delle posizioni apicali della
dirigenza medica e del trattamento economico del direttore amministrativo con
quello del trattamento apicale della dirigenza amministrativa;

3.7. seguiva, quindi, il d.p.c.m. 31 maggio 2001, n.
319 che, modificando il decreto n. 502/1995, stabiliva che, mentre il compenso
del direttore generale era definito, a prescindere da qualsiasi richiamo alla
contrattazione collettiva, in base a specifici parametri, il compenso dei
direttori sanitari e amministrativi dovesse essere inderogabilmente agganciato
alla contrattazione collettiva in funzione di minimo garantito: così prevedeva,
all’art. 2, che, fermo restando il limite massimo del trattamento economico
annuo del direttore sanitario e del direttore amministrativo costituito dall’80
per cento del trattamento base attribuito al direttore generale, quello minimo
non poteva essere comunque inferiore al trattamento economico previsto dalla
contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza
medica e amministrativa;

più precisamente (l’art. 3 bis del d.lgs. n. 229/1999
prevedeva solo che il trattamento economico del direttore sanitario e di quello
amministrativo fosse definito … anche con riferimento ai trattamenti previsti
dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni della dirigenza
medica) stabiliva che il comma 5 dell’art. 2 d.p.c.m. n. 502/1995, nel primo
alinea è sostituito dai seguenti: “Al direttore sanitario e al direttore
amministrativo è attribuito un trattamento economico definito in misura non
inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale
rispettivamente per le posizioni apicali della dirigenza medica ed
amministrativa. La Regione definisce il trattamento economico del direttore
sanitario e del direttore amministrativo, tenendo conto sia del trattamento
economico attribuito al direttore generale e sia delle posizioni in strutture
organizzative complesse, in un’ottica di equilibrio aziendale […]. I
trattamenti economici annui sono onnicomprensivi e, salvo il limite minimo di
cui al primo periodo, non possono essere fissati in misura superiore all’80 per
cento del trattamento base attribuito al direttore generale”;

3.8. alla luce della riferita disciplina e delle
stesse testuali indicazioni di cui alla legge delega (riprese, alla lettera,
dal d.p.c.m. n. 319/2001 che utilizza il medesimo avverbio “rispettivamente”),
ritiene il collegio condivisibile che anche l’art. 2, comma 5, del d.p.c.m. n.
502/1995, debba essere interpretato rapportando il trattamento economico del
direttore sanitario a quello del dirigente apicale sanitario e il trattamento
economico del direttore amministrativo a quello del dirigente apicale
amministrativo, ciò anche dovendo tener presente che nell’esercizio delle sue
funzioni il direttore amministrativo svolge funzioni di carattere prettamente
amministrativo mentre il direttore sanitario dirige e coordina l’attività dei dirigenti
medici;

la distinzione nei termini indicati trova, del
resto, un giuridico fondamento nella stessa qualificazione sanitaria richiesta
per la nomina a direttore sanitario rispetto a quella del direttore
amministrativo (ai sensi del citato art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502/1992, il
direttore sanitario è un medico mentre il direttore amministrativo è un
laureato in discipline giuridiche o economiche);

4. quanto alle ulteriori censure va rilevato che
l’art. 2 del d.p.c.m. n. 502/1995, dopo aver delineato il trattamento economico
onnicomprensivo da riconoscere al direttore sanitario e al direttore
amministrativo (fissato dalla Regione in misura pari al 70 per cento del
trattamento base attribuito al direttore generale) e disposto che tale
trattamento può essere integrato di un’ulteriore quota, fino al 20 per cento
dello stesso, sulla base dei risultati di gestione ottenuti e della
realizzazione degli obiettivi fissati annualmente dal direttore generale e
misurata mediante appositi indicatori, ha stabilito che il “trattamento
economico, complessivo” non può essere inferiore alla somma dello stipendio
iniziale lordo dell’indennità integrativa speciale, della tredicesima mensilità
e dell’indennità di direzione dei dirigenti apicali del Servizio sanitario nazionale;

la disposizione, nella sua sequenza letterale
(prevedendo la maggiorazione del 20 per cento e di seguito facendo riferimento
al “trattamento economico, complessivo”), è chiara nell’indicare che, ai fini
del raffronto, per tale “trattamento economico, complessivo” (che non può
essere inferiore a quello della dirigenza apicale) debba considerarsi quello
comprensivo della indicata quota integrativa (diversamente si finirebbe per
riconoscere al direttore amministrativo un trattamento economico superiore a
quello dirigenza apicale amministrativa, e non semplicemente non inferiore);

5. va, infine, ritenuto che i riferimenti contenuti
nel d.p.c.m. n. 502/1995 nel testo modificato dal d.p.c.m. n. 319/2001 ad una
definizione del trattamento economico del direttore sanitario e del direttore
amministrativo da parte delle Regioni in “un’ottica di equilibrio aziendale”
rende evidente che il raffronto debba essere effettuato tenendo conto (non
degli importi massimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale ma)
delle specifiche realtà aziendali apparendo ciò coerente con la ratio sottesa
alla disposizione in questione che è quella di evitare che, in un determinato
contesto lavorativo, un direttore amministrativo percepisca un compenso
inferiore a quello dei suoi sottoposti;

in tal senso questa Corte si è espressa nella
sentenza del 10 giugno 2009, n. 13385 in cui, con riferimento a pretese fatte
valere da un direttore sanitario, è stato ritenuto corretto il raffronto con le
voci del trattamento base del dirigente medico apicale della struttura di
riferimento;

6. da tanto consegue l’infondatezza nel merito delle
pretese del N. riferite all’intero periodo oggetto di rivendicazione (rendendo
così superfluo l’esame delle censure concernenti la ritenuta prescrizione dei
crediti asseritamente vantati fino al 24/3/2000);

7. conclusivamente il ricorso deve essere rigettato;

8. la regolamentazione delle spese segue la
soccombenza;

9. ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo risultante dalla I. 24
dicembre 2012, n. 228, ricorrono le condizioni previste dalla legge per il
raddoppio del contributo unificato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento, in favore dell’Azienda controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00
per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in
misura del 15%.

Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo prescritto a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit.
art. 13, comma 1-bis, se
dovuto.

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