Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12502

Opposizione a cartelle per omissioni contributive,
Illegittimità di rapporti di lavoro part-time con i dipendenti, Contratti
nulli per difetto di forma scritta e per indeterminatezza della collocazione
temporale della prestazione, Disciplina ex L. n.
863/1984, Asserita predeterminazione dell’orario giornaliero evinta dal
contesto organizzativo della società, Non sussiste

 

Rilevato che

 

1. con sentenza in data 5 settembre 2013, la Corte
di appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado che, per quanto
in questa rileva, aveva rigettato l’opposizione a cartelle per omissioni
contributive, in riferimento a crediti INPS e INAIL, afferenti all’illegittimità
di rapporti di lavoro part-time con i dipendenti dell’attuale ricorrente, F. e
B., conclusi, rispettivamente, a partire dal 1995 e 1998;

2. per la Corte di merito, applicata, ratione
temporis, la legge n. 863 del 1984, trattandosi
di contratti part-time stipulati in epoca antecedente al decreto legislativo n. 61 del 2000, i contratti
stipulati erano nulli, per difetto di forma scritta, per indeterminatezza della
collocazione temporale della prestazione, e trovavano applicazione il regime
ordinario contributivo, anche quanto ai minimali giornalieri di retribuzione, e
la disciplina di cui all’art. 1
d.l.n. 338 del 1989, conv. in legge n.389 del
1989;

3. la Corte territoriale riteneva, inoltre,
infondato il motivo di gravame sull’omessa applicazione dell’art. 116, co. 10, legge n.388 del 2000,
ritenendo insussistente l’oggettiva incertezza sull’obbligo contributivo, in
considerazione dell’arresto delle Sezioni unite del 2004, antecedente
all’emissione delle cartelle di pagamento opposta;

4. avverso tale sentenza S. s.r.l. in liquidazione
ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, al quale hanno opposto difese, con
controricorsi, l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a.,
e l’Inail;

5. Equitalia Centro s.p.a., ora Agenzia delle
Entrate Riscossione, già SO.RI.T. Ravenna, è rimasta intimata;

6. il fallimento S. s.r.I., in persona del curatore
fallimentare, ha depositato ricorso in riassunzione e memoria;

 

Considerato che

 

7. preliminarmente deve darsi atto dell’irrituale
ricorso in riassunzione depositato dalla curatela fallimentare atteso che anche
dopo la novella all’art. 43
L.fall. per effetto dell’art.
41 del d.lgs. n. 5 del 2006, nella parte in cui stabilisce che «l’apertura
del fallimento determina l’interruzione del processo», il fallimento non
comporta l’interruzione del giudizio di legittimità, posto che in quest’ultimo,
in quanto dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni
cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (v. fra
le altre, Cass. n. 27143 del 2017 e n. Cass. n. 21153 del 2010);

8. la parte ricorrente, deducendo violazione degli artt. 1 d.l.n. 338 del 1989
conv. in legge n. 287 del 1989, e 8
d.lgs. n.61 del 2000, censura la sentenza impugnata per l’affermata
conversione del rapporto part time, per vizio di forma, in rapporto full time,
con applicazione del regime contributivo corrispondente al rapporto di lavoro a
tempo pieno, in luogo del regime ordinario parametrato alle giornate effettive
di lavoro, con applicazione del minimale giornaliero retributivo quale
parametro cui commisurare l’obbligazione contributiva nel contratto part time
nullo per difetto di forma , alla stregua dell’art. 1 legge n.389 del 1989
(primo motivo); omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, per non aver motivato sulle censure in ordine all’insussistenza,
nella specie, di obblighi di disponibilità del lavoratore o di costante
superamento dei termini della prestazione parziali convenute (secondo motivo);
violazione dell’art. 116, co.10,
legge n. 388 del 2000, per la ritenuta insussistenza di una oggettiva
incertezza sull’obbligo contributivo;

9. il ricorso è da rigettare;

10. come già affermato da questa Corte, con
orientamento al quale va data continuità, la distribuzione dell’orario della
prestazione, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno,
integra il nucleo del contratto di lavoro a tempo parziale e la ragion d’essere
della particolare garanzia costituita dalla forma scritta, preordinata ad evitare
che il datore di lavoro, avvalendosi della carente o generica pattuizione
sull’orario, possa modificarla a proprio piacimento a fini di indebita
pressione sul lavoratore, conseguendone la nullità del contratto di lavoro part
time che non rechi l’indicazione scritta della distribuzione oraria della
prestazione e l’esclusione dal beneficio contributivo previsto dall’art. 5, comma 5, del d.l. n. 726
del 1984 (v., fra le altre, Cass. n.1430 del
2012 e Cass. n.20104 del 2014);

11. alla garanzia della forma scritta non può
sopperire neanche l’asserita predeterminazione dell’orario giornaliero evinta
dal contesto organizzativo della società, come assume la società ricorrente,
non potendo darsi, all’evidenza, conoscibilità e consapevolezza, nel
lavoratore, di un peculiare contesto organizzativo, al momento della
conclusione del contratto di lavoro a tempo parziale;

12. in tema di disciplina applicabile al contratto a
tempo parziale, e di successione delle norme regolatrici del tipo contrattuale,
si sono già espresse le Sezioni unite della Corte, con la sentenza n. 12269 del 2004, affermando che le
nuove norme contenute nel decreto legislativo n. 61
del 2000 non si applicano ai rapporti a tempo parziale conclusi prima
dell’entrata in vigore del decreto, non avendo esse efficacia retroattiva;

13. nella specie, come statuito dalla Corte di
merito, nessun contratto risulta concluso dopo il 5 aprile 2000, derivandone
l’inapplicabilità del citato decreto legislativo n.
61 del 2000;

14. il secondo motivo è inammissibile per non essere
spendibile, ratione temporis, l’omessa motivazione, ai sensi del novellato
paradigma del vizio di motivazione così come interpretato da Cass. Sez. U, n. 8053 del 2014;

15. anche il terzo motivo è da rigettare;

16. la condotta del datore di lavoro si inscrive
nell’evasione contributiva essendo consolidato il principio di diritto secondo
cui, giusta il disposto dell’art.
116, comma 8, legge n. 388 del 2000, tale ipotesi ricorre allorché il
datore di lavoro ometta di denunciare all’INPS rapporti di lavoro in essere e
relative retribuzioni corrisposte, dovendo ravvisarsi la più lieve ipotesi
dell’omissione solo qualora l’ammontare dei contributi di cui sia stato omesso
o ritardato il pagamento sia rilevabile dalle denunce e/o registrazioni
obbligatorie (cfr., fra le altre, Cass. n. 5281
del 2017; Cass. n. 17119 del 2015);

17. nessuna censura merita, pertanto, la sentenza
impugnata che ha ritenuto integrata un’evasione contributiva ed escluso
incertezze (valorizzabili ai fini della determinazione della sanzione)
sull’esistenza dell’obbligazione contributiva, alla stregua del richiamo alle
Sezioni unite della Corte intervenute, sulla questione, sin dal 2004, ma ancor
più per il rilievo assorbente che condizione imprescindibile per la riduzione
delle sanzioni civili, alla stregua del comma 10 dell’art. 116 della citata legge n. 388,
in caso di ritardato o omesso pagamento del contributi «derivanti da oggettive
incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti
giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo
successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa», è
l’integrale pagamento dei contributi e dei premi entro il termine fissato dagli
Enti impositori, condizione che, nella specie, non risulta, adempiuta dalla
parte ricorrente (v., in tal senso, fra le altre, Cass.
n. 13070 del 2016);

18. le spese, liquidate come in dispositivo in
favore delle parti che hanno svolto attività difensiva, seguono la soccombenza;
nulla spese in favore di Equitalia s.p.a. che non ha svolto attività difensiva;

19. ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del
2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, comma 1-bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese, liquidate per esborsi in euro 200,00, per compensi
professionali in euro 1.500,00 in favore dell’INAIL e in euro 7.000,00 in
favore dell’INPS, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di
legge. Ai sensi dell’art.13, comma
1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il
versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo
di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12502
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