Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 luglio 2020, n. 15640

Cartella esattoriale, Pagamento di contributi dovuti all’Inps
– Illegittima fruizione di sgravi, Integrale perdita del diritto al beneficio
– Situazione di contrazione del personale non riconducibile alla volontà
datoriale, Norma natura eccezionale

 

Considerato in fatto

 

1. La Corte d’appello di Lecce, in riforma della
sentenza del Tribunale di Brindisi, ha rigettato l’opposizione proposta dalla
soc S. a r.l. avverso la cartella esattoriale per il pagamento di contributi
dovuti all’Inps a seguito dell’illegittima fruizione di sgravi.

La Corte ha rilevato che il diritto agli sgravi era
condizionato alla permanenza del livello occupazionale raggiunto con le nuove
assunzioni, le quali beneficiavano dell’esenzione contributiva per tutto il
periodo agevolato; che nella specie la società aveva licenziato il nuovo
assunto per calo del fatturato con conseguente perdita dello sgravio .

2. Avverso la sentenza ricorre la S. srl con 5
motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art.
378 cpc. Resiste l’Inps.

 

Ritenuto in diritto

 

3. Va preliminarmente rilevata l’infondatezza
dell’eccezione di nullità della procura del controricorrente che ,invece,
risulta rilasciata dal legale rappresentante dell’Istituto ,e dallo stesso
sottoscritta, a favore degli avvti S., M., D. e S..

Le osservazioni della ricorrente si riferiscono,
presumibilmente, ad altra controversia.

4. Con il primo motivo la società denuncia nullità
della sentenza per mancata notifica dell’appello (art.
360 n 4 cpc).

Rileva che la S. aveva notificato la sentenza di
primo grado in data 17/5/2014, eleggendo domicilio ex art. 330 cpc presso la sede della soc in
Cisternino, con la conseguenza che l’Inps avrebbe dovuto notificare l’appello
presso il nuovo domicilio eletto ai sensi dell’art.
330 cpc.

La società era rimasta contumace in quanto non aveva
mai avuto notizia dell’appello.

Il motivo è inammissibile stante la mancanza di
specificità in quanto la ricorrente non trascrive il contenuto della relata di
notifica della sentenza del Tribunale che assume di aver effettuato all’Inps
con il nuovo domicilio ; il documento non risulta depositato tra gli atti
prodotti in cassazione in violazione dell’art. 369
cpc, né viene indicato ove tale documento sarebbe attualmente rinvenibile
ed anzi la ricorrente neppure dichiara nel ricorso in cassazione di averlo
depositato . Costituisce principio più volte affermato da questa Corte che la
censura di nullità del giudizio di merito resta soggetta alle regole di
ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, non derogate
dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo della Corte. Nemmeno
in quest’ipotesi, infatti, viene meno l’onere per la parte di rispettare il
principio di autosufficienza del ricorso, da intendere come un corollario del
requisito della specificità dei motivi d’impugnazione, ora tradotto nelle più
definite e puntuali disposizioni contenute nell’art.
366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c.,
comma 2, n. 4, sicché l’esame diretto degli atti che la Corte è chiamata a
compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la
parte abbia specificamente indicato ed allegato.

4. Con il secondo motivo denuncia nullità della
sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione in relazione all’art 360 n 4 cpc. Rileva, infatti, che la sentenza
d’appello non aveva esaminato uno dei due motivi oggetto del ricorso dell’Inps,
cioè quello relativo alla regolarità del contratto a progetto intercorso tra la
società e il S., e che ciò nonostante la Corte d’appello aveva accolto
integralmente l’appello.

5. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 n. 5 cpc, I’ omesso esame di un fatto
decisivo oggetto di discussione non avendo la sentenza esaminato l’altra
questione relativa alla natura del rapporto tra la società e il S..

6. I due motivi, congiuntamente esaminati in quanto
attinenti ad una medesima questione, sono infondati .

Da un lato, infatti, non è ravvisabile il contrasto
denunciato e la censura di parte ricorrente di contraddittorietà tra
motivazione e dispositivo non risulta pertinente alla fattispecie in cui la
censura, in realtà, dovrebbe essere ricondotta ad un’omessa pronuncia su un
motivo d’appello.

Dall’altro lato deve rilevarsi che è denunciata,
come vizio di motivazione in relazione all’art. 360
n 5 cpc, l’omessa pronuncia , da parte del giudice d’appello, su alcuni dei
motivi di gravame.

Costituisce giurisprudenza consolidata di questa
Corte il principio secondo cui l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi
d’appello , risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto
ed il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado
, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della
violazione di una norma di diritto sostanziale ex art.
360 n 3 cpc o del vizio di motivazione ex art.
360 n 5 cpc, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice di
merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta
in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non
giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la
specifica deduzione del relativo “error in procedendo” – ovverosia
della violazione dell’art 112 cpc, in relazione
all’art. 360 n 4 cpc – la quale soltanto
consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso anche
giudice del fatto processuale – di effettuare l’esame altrimenti precluso,
degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello. Va,
altresì, rilevato che è necessario, quale ulteriore requisito di ammissibilità
della censura di violazione dell’art. 112 cpc e
di conseguente nullità della decisione, che sia fornita ampia dimostrazione che
la questione era stata sottoposta all’esame della Corte d’appello attraverso
uno specifico motivo di impugnazione.

Sia il secondo che il terzo motivo devono ,
pertanto, essere rigettati.

6. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la
violazione dell’art 132 cpc (360 n 4 cpc) mancando nella sentenza impugnata la
concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto ed in
diritto.

Anche detto motivo deve essere rigettato atteso che
la decisione, pur nell’estrema concisione dell’esposizione, contiene delineata
la questione oggetto del giudizio e cioè il diritto della S. a godere o meno
dello sgravio non avendo mantenuto il livello occupazionale raggiunto con le
nuove assunzioni.

7. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia
violazione dell’art. 44 L. n.
448/2001 e dell’art. 3 L.
448/1998 nonché degli artt. 61
e seg d.lgs. n. 276/2003. Lamenta che il Tribunale di Brindisi aveva
considerato il rapporto di lavoro con S. come a progetto di cui aveva tutti i
requisiti e, dunque, la ricorrente deduce che qualora si ritenga che la Corte
abbia riformato l’intera pronuncia di primo grado, la sentenza impugnata
andrebbe riformata anche sotto tale profilo. Sul punto va richiamato quanto
esposto al punto 6 di questa motivazione dovendosi sottolineare che la
ricorrente non ha censurato in modo ammissibile l’omessa decisione su uno dei
motivi di appello.

Circa il diritto agli sgravi la censura è infondata.
Secondo la ricorrente il lavoratore L. era stato licenziato a seguito del calo
del fatturato e, dunque, per un fatto non imputabile alla società ed
imprevedibile.

Il Collegio ritiene , infatti, di condividere quanto
già deciso da questa Corte (cfr Cass. ord. n. 27277/2018
e n. 25474/2017) secondo cui “la
concessione degli sgravi contributivi ex art. 3, comma 6, della I. n. 448 del
1998, richiamato dall’art. 44,
comma 1, della I. n. 448 del 2001, presuppone che il livello di occupazione
raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel periodo
agevolato, sicché il venir meno di tale condizione determina l’integrale
perdita del diritto al beneficio, anche nei casi in cui la situazione di
contrazione del personale non possa essere ricondotta alla volontà datoriale,
avendo la norma natura eccezionale, per cui, ove diversamente interpretata, si
porrebbe in contrasto con i vincoli in materia di aiuti di Stato imposti dalla
Commissione Europea. (Principio affermato in fattispecie nella quale la
riduzione dell’organico era dovuta a licenziamento per giustificato motivo
oggettivo costituito dal calo di commesse)”.

8. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese
processuali.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data
di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n
115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare
le spese processuali liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali,
oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per
esborsi. Ai sensi dell’art. 13,
comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il
ricorso a norma del comma 1 bis,
dello stesso art. 13 se dovuto.

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